La sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X è un disturbo da immunodeficienza che deriva da un’anomalia dei linfociti T e delle cellule natural killer, e si traduce in una risposta anomala all’infezione da virus di Epstein-Barr.
Le persone con sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X sviluppano una grave forma, a volte fatale, di mononucleosi infettiva dopo essere stati infettati dal virus di Epstein-Barr.
La diagnosi della malattia avviene mediante test genetici e, talvolta, mediante altri esami.
Il trapianto di cellule staminali è necessario per la sopravvivenza e può curare la malattia.
(Vedere anche Panoramica sui disturbi da immunodeficienza)
I linfociti T sono globuli bianchi che identificano e attaccano le cellule e le sostanze estranee. Le cellule natural killer sono un tipo di linfociti T che riconosce e uccide le cellule anomale (come alcune cellule infette e cancerose). La carenza o la disfunzione dei linfociti T aumenta il rischio di infezioni gravi.
La sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X è un disturbo da immunodeficienza primaria. Si tratta di una malattia ereditata come patologia recessiva legata al cromosoma X. Con “legata al cromosoma X” si intende che il disturbo è dovuto a una mutazione in uno o più geni che si trovano sul cromosoma X (sessuale). Le malattie recessive legate al cromosoma X si manifestano solo nei maschi.
Sono di due tipi, che derivano da mutazioni genetiche diverse ma causano sintomi simili.
Nel primo tipo, vengono prodotti troppi globuli bianchi (che aiutano l’organismo a combattere le infezioni) in risposta all’infezione da virus di Epstein-Barr (EBV). L’EBV provoca diverse malattie, tra cui la mononucleosi infettiva. Inoltre, le cellule natural killer non funzionano.
Il secondo tipo può causare una malattia rara ma seria denominata linfoistiocitosi emofagocitica, che è all’origine dell’immunodeficienza nei lattanti e nei bambini piccoli. Nella linfoistiocitosi emofagocitica, nel sistema immunitario vengono attivate troppe cellule ematiche. Ne consegue un’infiammazione diffusa. Talvolta tale iperattivazione è innescata da organismi infettivi come l’EBV.
Sintomi della sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X
Di solito, le persone affette da sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X non presentano sintomi fino a quando non si manifesta l’infezione da virus di Epstein-Barr (EBV). Quindi, si sviluppa una forma seria e talvolta volte fatale della mononucleosi infettiva. Le disfunzioni epatiche si traducono in insufficienza epatica. Le persone che sopravvivono sviluppano altre malattie, come linfoma, anemia aplastica (un altro disturbo da immunodeficienza) e ingrossamento della milza.
Il 75% circa dei soggetti va incontro al decesso intorno ai 10 anni di età, che si verifica per tutti intorno ai 40 anni di età a meno che non vengano sottoposti a trapianto di cellule staminali.
Diagnosi della sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X
Esami del sangue
Test genetici
Talvolta biopsia del midollo osseo
La sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X viene sospettata nei ragazzi che presentano un’infezione grave da EBV, altri problemi caratteristici o membri della famiglia con sintomi simili.
La diagnosi viene confermata mediante test genetici. Tuttavia, per i test genetici possono essere necessarie settimane, per cui si potrebbe ricorrere a esami del sangue specialistici, come la citometria a flusso (analisi delle proteine presenti sulla superficie dei globuli bianchi), per verificare la presenza di anomalie nelle cellule del sistema immunitario.
Gli esami di laboratorio e di diagnostica per immagini sono effettuati con cadenza annuale per verificare la presenza di linfomi e anemia. Talvolta, viene effettuata una biopsia del midollo osseo per questi motivi.
Si raccomandano i test genetici per i familiari.
Lo screening genetico prenatale è raccomandato per quei soggetti nella cui famiglia è stata identificata una mutazione che causa la sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X.
Trattamento della sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X
Un trapianto di cellule staminali
L’80% circa delle persone che ricevono un trapianto di cellule staminali sopravvive. Tuttavia, senza trapianto, tre quarti dei soggetti muoiono prima dei 10 anni e tutti muoiono entro i 40 anni. Il trapianto può curare la sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X, se viene effettuato prima che l’infezione da EBV o altre malattie diventino troppo gravi.
Rituximab (un farmaco che modifica l’attività del sistema immunitario) può contribuire a prevenire un’infezione grave da EBV prima del trapianto.
Ulteriori informazioni
La seguente risorsa in lingua inglese può essere utile. Si prega di notare che IL MANUALE non è responsabile del contenuto di questa risorsa.
Immune Deficiency Foundation: Other Primary Cellular Immunodeficiencies: informazioni generali sulle immunodeficienze cellulari primarie, comprese informazioni su diagnosi e trattamento