Angina

(Angina pectoris)

DiRanya N. Sweis, MD, MS, Northwestern University Feinberg School of Medicine;
Arif Jivan, MD, PhD, Northwestern University Feinberg School of Medicine
Revisionato/Rivisto feb 2024
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I fatti in Breve

L’angina è un dolore transitorio al torace o sensazione di pressione che si manifesta quando il muscolo cardiaco non riceve una sufficiente quantità di ossigeno.

  • Un paziente con angina lamenta di solito fastidio o una pressione sotto lo sterno.

  • L’angina insorge tipicamente in risposta a uno sforzo e si attenua a riposo.

  • La diagnosi di angina si basa sulla sintomatologia, sull’elettrocardiogramma e sugli esami di diagnostica per immagini.

  • Il trattamento può comprendere la somministrazione di nitrati, beta-bloccanti, bloccanti dei canali del calcio e intervento coronarico percutaneo o intervento di innesto di bypass aortocoronarico.

Negli Stati Uniti quasi 10 milioni di soggetti sono affetti da angina, un sintomo di coronaropatia significativa e ogni anno vengono diagnosticati circa 500.000 nuovi casi. Nelle donne, l’angina tende a svilupparsi in età più avanzata rispetto agli uomini.

Cause dell’angina

Il muscolo cardiaco necessita di un costante apporto di sangue ricco di ossigeno. A garantire questa necessaria quota ematica sono le arterie coronarie, che si ramificano dall’aorta alla sua uscita dal cuore. Generalmente, l’angina insorge quando il carico di lavoro del cuore (e il fabbisogno di ossigeno) supera la capacità delle arterie coronarie di garantire una quantità adeguata di sangue al cuore. Il flusso di sangue arterioso può essere circoscritto in presenza di stenosi arteriosa (vedere anche Panoramica sulla coronaropatia). La stenosi origina generalmente dall’accumulo di depositi lipidici nelle arterie (aterosclerosi), ma può essere causato anche da spasmo coronarico. Un flusso sanguigno inadeguato verso qualsiasi tessuto prende il nome di ischemia.

Quando l’angina deriva da aterosclerosi, si verifica di solito inizialmente durante uno sforzo fisico o uno stress emotivo, che aumentano il carico di lavoro del cuore e la richiesta di ossigeno. Se l’arteria è molto ristretta (spesso oltre il 70%), l’angina può insorgere anche a riposo, quando il carico di lavoro del cuore è minimo.

Un quadro di grave anemia aumenta la probabilità di angina. In caso di anemia, il numero di globuli rossi (che contengono l’emoglobina, la molecola che trasporta l’ossigeno) o la quantità di emoglobina presente nelle cellule è inferiore alla norma. Di conseguenza, l’apporto di ossigeno al muscolo cardiaco è ridotto.

Cause insolite di angina

L’angina microvascolare (chiamata in passato sindrome X) è una forma di angina che non è causata da uno spasmo o da un’evidente ostruzione delle arterie coronarie di grande calibro. La responsabilità può essere imputata, per lo meno in alcuni soggetti, al restringimento temporaneo di coronarie di piccolo calibro. Le ragioni di tale restringimento temporaneo sono sconosciute, ma è possibile che sia causato da un’alterazione dell’equilibrio chimico cardiaco oppure da un alterato funzionamento delle piccole arterie (arteriole).

Altre cause insolite di angina comprendono:

Tali condizioni aumentano il carico di lavoro cardiaco e, di conseguenza, la quantità di ossigeno necessaria al cuore. Quando la richiesta di ossigeno supera l’apporto, si sviluppa angina. Le anomalie della valvola aortica riducono il flusso sanguigno attraverso le arterie coronarie, perché le aperture di tali arterie sono situate subito dopo tale valvola.

Classificazione dell’angina

Per angina stabile si intende un dolore o fastidio al torace che insorge, generalmente, durante lo svolgimento di un’attività o in condizioni di stress. Episodi di dolore o fastidio sono provocati da una mole simile o costante di attività o stress.

L’angina vasospastica (talvolta chiamata angina variante) è causata dallo spasmo di una delle grandi coronarie sulla superficie cardiaca. Viene chiamata variante perché è caratterizzata da un dolore normalmente presente a riposo, non durante lo sforzo, e da specifiche variazioni osservate all’elettrocardiogramma (ECG) durante un episodio di angina.

L’angina instabile si riferisce a un’angina in cui la tipologia dei sintomi varia. Dato che le caratteristiche dell’angina in un determinato soggetto rimangono, di solito, costanti, si ritiene serio qualsiasi cambiamento, come l’acuirsi del dolore, una maggiore frequenza delle crisi o degli attacchi per sforzi modesti o a riposo. Tale alterazione rispecchia generalmente un improvviso restringimento di un’arteria coronaria per la rottura di un ateroma o la formazione di un coagulo. Il rischio di attacco cardiaco è elevato. L’angina instabile è considerata una sindrome coronarica acuta.

L’angina notturna, un tipo di angina instabile, si verifica di notte, durante il sonno.

L’angina da decubito, un tipo di angina instabile, è quella che si verifica quando un soggetto è disteso (non necessariamente solo di notte), senza alcuna causa apparente. L’angina da decubito si verifica a causa della forza di gravità, che ridistribuisce i liquidi all’interno dell’organismo. Tale ridistribuzione aumenta il carico di lavoro del cuore.

Sintomi dell’angina

In genere, i sintomi di angina riportati dal paziente sono oppressione o dolore dietro lo sterno. Il paziente spesso interpreta la sensazione come un fastidio o pesantezza anziché dolore. Il fastidio può anche manifestarsi a livello delle spalle, sulla faccia interna delle braccia, lungo la schiena e a livello di gola, mandibola o denti.

Nei soggetti anziani, i sintomi di angina possono essere diversi e, pertanto, causano facilmente errori diagnostici. Per esempio, è meno probabile che il dolore si manifesti dietro lo sterno. Può comparire al dorso, alle spalle ed essere scambiato erroneamente per artrite. A livello dello stomaco, specie dopo i pasti, possono comparire fastidio, meteorismo e gas (perché per favorire la digestione è necessaria un’ulteriore quantità di sangue). Il paziente può confondere questa percezione per cattiva digestione o ulcera gastrica. L’eruttazione addirittura pare alleviare i sintomi. Inoltre, gli anziani che presentano stato confusionale o demenza possono avere difficoltà a comunicare la presenza del dolore.

I sintomi di angina possono essere molto diversi nei soggetti di sesso femminile. Nelle donne è più probabile l’insorgenza di una sensazione di bruciore o dolorabilità alla schiena, alle spalle, agli arti superiori o alla mascella.

Sapevate che...

  • Nelle donne il fastidio percepito in presenza di angina è diverso da quello percepito dall’uomo e nei soggetti di sesso femminile è più probabile l’insorgenza di una sensazione di bruciore o dolorabilità alla schiena, alle spalle, agli arti superiori o alla mascella.

In genere, il fattore scatenante dell’angina è lo sforzo; il disturbo dura alcuni minuti e scompare a riposo. Alcuni soggetti sviluppano angina in maniera prevedibile, non appena superano una determinata soglia dello sforzo. In altri soggetti, gli episodi si verificano in modo imprevisto. Spesso i sintomi dell’angina peggiorano quando si effettua uno sforzo dopo un pasto. Generalmente peggiorano con il clima freddo. L’esposizione al vento o il passaggio da una stanza calda a una fredda possono scatenare un quadro di angina. Questa può anche essere causata o peggiorata da uno stress emotivo. Talvolta, l’origine è una forte emozione provata durante il riposo o un incubo.

Ischemia silente

Non tutti i soggetti con insufficiente apporto di sangue al muscolo cardiaco (ischemia) soffrono di angina. L’ischemia che non causa angina viene chiamata ischemia silente. I medici ancora non sanno il motivo per cui l’ischemia sia talvolta silente e alcuni ne mettono in dubbio la significatività. Tuttavia, la maggior parte degli specialisti considera l’ischemia silente altrettanto seria dell’ischemia che causa angina.

Diagnosi dell’angina

  • Elettrocardiogramma

I medici diagnosticano l’angina basandosi principalmente sulla descrizione dei sintomi. L’esame obiettivo e l’elettrocardiogramma (ECG) non riescono a rilevare grandi anomalie, se presenti, tra un attacco di angina e l’altro, e talvolta addirittura durante le crisi stesse, persino nei soggetti affetti da coronaropatia diffusa. Durante un attacco di angina la frequenza cardiaca può aumentare lievemente, la pressione arteriosa può innalzarsi e, mediante uno stetoscopio, i medici possono auscultare una variazione del battito cardiaco. L’ECG può rilevare le eventuali variazioni dell’attività elettrica del cuore.

Di norma, quando i sintomi sono tipici la diagnosi è più semplice, grazie alle informazioni sul tipo di dolore, sulla sua sede, sulla relazione con lo sforzo, i pasti, le condizioni atmosferiche e altri fattori. Sono inoltre utili per porre la diagnosi i fattori di rischio per la coronaropatia, se presenti.

I medici potrebbero eseguire altre procedure per valutare l’apporto di sangue al muscolo cardiaco e stabilire l’eventuale presenza ed entità di coronaropatia.

Test da sforzo

Il test da sforzo (anche denominato tolleranza alla prova sotto sforzo) si basa sul principio secondo cui se le arterie coronarie sono solo parzialmente ostruite, il cuore può ricevere un’irrorazione sanguigna adeguata in condizioni di riposo ma non sotto sforzo. Nel test da sforzo, il cuore viene messo in attività intensa mediate esercizio fisico (per esempio, camminare sul tapis roulant o pedalare sulla cyclette). A chi non è in grado di affrontare la prova possono essere somministrati farmaci stimolanti che aumentano la frequenza cardiaca. Durante l’esame, il paziente viene monitorato con ECG per verificare l’eventuale presenza di alterazioni che suggeriscano ischemia.

Dopo il test da sforzo, spesso si eseguono esami più specifici, come l’ecocardiogramma e la scintigrafia, per verificare la presenza di parti del cuore che non ricevono sufficiente ossigeno. Questa procedura può essere d’aiuto ai medici per stabilire se siano necessarie un’angiografia coronarica o un innesto di bypass di arteria coronaria (CABG).

Ecocardiografia

L’ecocardiogramma usa le onde ecografiche per riprodurre immagini del cuore (ecocardiogrammi). Tale procedura mostra le dimensioni del cuore, il movimento del muscolo cardiaco, il flusso sanguigno attraverso le valvole cardiache e la funzione valvolare. L’ecocardiogramma viene eseguito sia a riposo sia sotto sforzo. In caso di ischemia, la contrattilità del ventricolo sinistro risulta alterata.

Angiografia coronarica

Nell’angiografia coronarica vengono registrate radiografie delle arterie dopo l’iniezione di un mezzo di contrasto radiopaco. L’angiografia coronarica, la tecnica più accurata per la diagnosi di coronaropatia, può essere eseguita in caso di diagnosi incerta. L’angiografia coronarica è utilizzata comunemente per verificare l’idoneità al CABG o all’intervento coronarico percutaneo (ICP). L’angiografia può altresì evidenziare lo spasmo di un’arteria.

In alcuni soggetti con sintomi tipici di angina e risultati alterati nei test da sforzo, l’angiografia coronarica non conferma la presenza di coronaropatia. Alcuni di questi soggetti soffrono di angina microvascolare ma, nella maggior parte dei casi, l’origine dei sintomi non coinvolge il cuore.

Monitoraggio ECG continuo

Il monitoraggio con ECG continuo mediante un monitor Holter consente di accertare alterazioni indicative d’ischemia sintomatica o silente o angina variante (che di solito si presenta a riposo).

Diagnostica per immagini del cuore

La tomografia computerizzata (TC) a fascio di elettroni è in grado di rilevare la quantità di depositi di calcio nelle arterie coronarie. La quantità di calcio presente (punteggio del calcio) è approssimativamente proporzionale alla probabilità che il soggetto sviluppi angina o attacco cardiaco. Tuttavia, poiché i depositi di calcio possono essere presenti anche in soggetti con grado di stenosi arteriosa non elevato, il punteggio non è un fattore predittivo della necessità di ICP o CABG. Il medico può valutare l’uso di TC a fascio di elettroni come strumento di screening nei soggetti a rischio intermedio di coronaropatia, nei soggetti con sintomi di malattia coronarica il cui test da sforzo è risultato inconcludente e in alcuni soggetti con sintomi di coronaropatia atipici. La TC a fascio di elettroni non è raccomandata per lo screening di tutti i pazienti, a prescindere dai sintomi, in parte perché li espone a una certa quantità di radiazioni.

La TC multidetettore, o angiografia con TC (angio-TAC), utilizza uno scanner TC ad alta velocità con numerosi piccoli rilevatori in grado di identificare accuratamente le stenosi coronariche. La tecnica non è invasiva ed è molto accurata nell’escludere una stenosi dell’arteria coronaria come fonte dei sintomi del paziente (specialmente nei soggetti che non sono in grado di sottoporsi al test da sforzo o nei quali il test da sforzo ha dato esiti inconcludenti). Può inoltre trovare impiego per stabilire se lo stent o l’innesto di bypass siano ostruiti, per visualizzare l’anatomia venosa cardiaca e coronarica e per valutare se gli ateromi contengano depositi di calcio. Tuttavia, la tecnica non può essere usata nelle donne in gravidanza o in soggetti che non siano in grado di trattenere il fiato per 15-20 secondi per 3 o 4 volte nel corso della procedura. Inoltre, poiché il test non è efficace se il cuore batte rapidamente, nei soggetti con una frequenza cardiaca superiore a 65 battiti al minuto si somministrano farmaci per ridurla. I soggetti che non siano in grado di tollerare questo tipo di farmaci o una bassa frequenza cardiaca non possono sottoporsi al test. I pazienti sono inoltre esposti a significative quantità di radiazioni.

La risonanza magnetica per immagini (RMI) cardiaca è utile nella valutazione del cuore e dei grandi vasi che si dipartono dal cuore (aorta e arterie polmonari). Questa tecnica evita qualsiasi esposizione alle radiazioni. Nei soggetti con coronaropatia la RMI può trovare impiego per valutare il grado di stenosi delle arterie, misurare il flusso sanguigno nelle arterie coronarie e verificare il grado di irrorazione sanguigna. La RMI può inoltre essere usata per valutare eventuali alterazioni della parete cardiaca sotto sforzo (potenzialmente indicative di scarsa irrorazione sanguigna in quell’area) e l’eventuale possibilità di recupero di lesioni di regioni del muscolo cardiaco a seguito di attacco cardiaco (valutazione dell’autosufficienza).

Trattamento dell’angina

  • Cambiamenti dello stile di vita

  • Farmaci

  • Talvolta trattamento per aprire i vasi sanguigni ostruiti (terapia rivascolarizzante)

Il trattamento inizia con il tentativo di frenare la progressione della coronaropatia o di farla regredire, agendo sui fattori di rischio. Tali fattori, come ipertensione e alti livelli di colesterolo, vengono trattati tempestivamente. Smettere di fumare è fondamentale. Si raccomanda di seguire una dieta varia a basso contenuto di grassi, con basso tenore di carboidrati semplici. L’attività fisica è consigliata per la maggior parte delle persone. Se necessario, si consiglia anche di perdere peso.

Il trattamento dell’angina dipende in parte dalla stabilità e dalla gravità dei sintomi. Se questi sono stabili e da lievi a moderati, la terapia più efficace spesso può essere la modificazione dei fattori di rischio e l’impiego di determinati farmaci. Se la modificazione dei fattori di rischio e la terapia farmacologica non determinano una riduzione evidente dei sintomi, può rendersi necessaria una procedura volta a ripristinare il flusso sanguigno verso le aree cardiache interessate (procedura di rivascolarizzazione). Quando i sintomi subiscono un rapido peggioramento, in genere è necessario un ricovero immediato, laddove il paziente sarà valutato per l’eventuale presenza di una sindrome coronarica acuta.

Terapia farmacologica per l’angina

Esistono vari tipi di farmaci per i soggetti affetti da angina. Si utilizzano farmaci diversi per:

  • Risolvere un attacco di angina (nitrati)

  • Prevenire l’angina (beta-bloccanti, calcio-antagonisti, a volte altri farmaci, come la ranolazina o l’ivabradina)

  • Prevenire e risolvere l’ostruzione coronarica (inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina [ACE], bloccanti del recettore dell’angiotensina II, statine e farmaci antiaggreganti)

Nitrati

I nitrati sono un tipo di farmaco che dilata (allarga) i vasi sanguigni aumentando il flusso di sangue attraverso il vaso.

La nitroglicerina è un nitrato ad azione molto breve. L’assunzione di nitroglicerina allevia di solito un episodio di angina nell’arco di 1 minuto e mezzo fino a 3 minuti; gli effetti durano 30 minuti. La nitroglicerina viene generalmente somministrata sotto forma di compresse da porre sotto la lingua (somministrazione sublinguale) oppure di spray inalato attraverso la bocca. In alternativa, la compressa può essere posta vicino alle gengive. I soggetti affetti da angina cronica stabile devono avere sempre con sé nitroglicerina in compresse o spray. Può risultare utile assumere la nitroglicerina poco prima di raggiungere la soglia dello sforzo che normalmente induce l’angina.

I nitrati a lunga durata d’azione (come l’isosorbide) vengono assunti per via orale da 1 a 4 volte al giorno. Risultano efficaci anche i cerotti e, meno spesso, una pomata, mediante i quali il farmaco viene assorbito attraverso la cute nell’arco di molte ore. L’assunzione continua di nitroderivati a lunga durata d’azione può ridurne o abolirne l’efficacia. La maggior parte degli esperti consiglia di interrompere l’assunzione dei nitrati a lunga durata d’azione per un periodo di 8-12 ore al giorno, di solito durante la notte, a meno che l’angina non si manifesti proprio in quelle ore. Tale approccio aiuta a mantenere l’efficacia a lungo termine del farmaco. A differenza dei beta-bloccanti, i nitrati non riducono il rischio di attacco cardiaco e morte improvvisa, ma riducono molto i sintomi dei soggetti con coronaropatia.

Beta-bloccanti

I beta-bloccanti (per esempio il metoprololo) interferiscono con gli effetti degli ormoni epinefrina (adrenalina) e norepinefrina (noradrenalina) sul cuore e su altri organi. Questi ormoni stimolano il cuore a battere più velocemente e con più forza e provocano la costrizione della maggior parte delle arteriole (determinando un aumento della pressione arteriosa). Pertanto i beta-bloccanti riducono la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa a riposo. Durante l’attività fisica, essi limitano l’aumento della frequenza cardiaca e della pressione, riducendo la richiesta d’ossigeno e la probabilità di angina. Anche i beta-bloccanti riducono il rischio di attacco cardiaco e di morte improvvisa, migliorando la prognosi a lungo termine dei soggetti con coronaropatia.

Calcio-antagonisti

I calcio-antagonisti impediscono il restringimento (costrizione) dei vasi e possono contrastare lo spasmo coronarico. Oltre al trattamento dell’angina stabile, questi farmaci sono anche efficaci per trattare l’angina vasospastica. Tutti i calcio-antagonisti riducono la pressione arteriosa. Alcuni di essi, come il verapamil e il diltiazem, possono anche ridurre la frequenza cardiaca. La riduzione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca diminuisce la richiesta di ossigeno e, pertanto, la probabilità di angina. Questo effetto collaterale può rivelarsi utile per molti soggetti, specialmente quelli che non possono assumere beta-bloccanti o non rispondono con efficacia ai nitrati.

Inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina e bloccanti del recettore dell’angiotensina II

Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE; per esempio lisinopril) e i bloccanti del recettore dell’angiotensina II (ARB; per esempio losartan) vengono spesso somministrati ai soggetti con evidenze di coronaropatia, compresa l’angina. Tali farmaci non sono in grado di trattare l’angina di per sé, ma possono ridurre la pressione arteriosa (e pertanto il lavoro necessario al cuore per pompare il sangue) e anche il rischio di attacco cardiaco e di morte a causa di coronaropatia.

Statine

Le statine (per esempio atorvastatina, rosuvastatina) sono farmaci che riducono i livelli ematici di colesterolo LDL, il tipo di colesterolo che può causare coronaropatia. Questi farmaci riducono la probabilità di un attacco cardiaco, ictus e decesso.

Agenti antipiastrinici

Gli agenti antipiastrinici, come aspirina, ticlopidina e clopidogrel, prasugrel o ticagrelor, modificano le piastrine in modo che non formino più aggregati e non aderiscano alle pareti vascolari. Le piastrine, che circolano nel sangue, promuovono la formazione di coaguli (trombosi) in caso di danno vascolare. Tuttavia, quando le piastrine si aggregano sugli ateromi all’interno delle pareti arteriose, il coagulo che ne risulta può restringere o ostruire il vaso e determinare un attacco cardiaco.

L’aspirina modifica le piastrine in modo irreversibile, riducendo il rischio di decesso per coronaropatia. I medici raccomandano alla maggior parte dei pazienti coronaropatici l’assunzione quotidiana di aspirina per ridurre il rischio di un attacco cardiaco. Anche prasugrel, ticlopidina, clopidogrel e ticagrelor modificano ulteriormente le piastrine. Uno di questi agenti può essere utilizzato in aggiunta all’aspirina per un certo periodo dopo un attacco cardiaco o un intervento di ICP, per ridurre le probabilità di un futuro attacco cardiaco. Ai pazienti con angina viene di solito prescritto un agente antipiastrinico, salvo in caso di controindicazioni. Per esempio, non sono somministrati in soggetti che presentano un disturbo emorragico.

Ulteriori informazioni sui farmaci specifici per le coronaropatie sono reperibili nella tabella Farmaci utilizzati per il trattamento della coronaropatia.

Procedure di rivascolarizzazione per l’angina

I soggetti che continuano a presentare angina nonostante l’uso di farmaci preventivi, a volte possono ottenere benefici da procedure che aprono o sostituiscono (bypassano) le arterie coronarie. Tali procedure sono dette di rivascolarizzazione e sono

  • Procedure di intervento coronarico percutaneo (ICP) (dette anche angioplastica)

  • Innesto di bypass di arteria coronaria (CABG)

Queste tecniche invasive sono efficaci, ma sono solo misure meccaniche volte alla correzione del disturbo immediato, senza arrestare la progressione della patologia di base. Il paziente deve comunque modificare i fattori di rischio.

Intervento coronarico percutaneo

Spesso si preferisce l’ICP al CABG perché è meno invasivo, anche se non è adeguato in ogni situazione. L’ICP si preferisce solitamente solo quando sono interessate una o due arterie e l’area ostruita non è molto estesa. Tuttavia, le nuove tecniche e la maggiore esperienza consentono ai medici di usare l’ICP per un numero sempre maggiore di pazienti.

Innesto di bypass di arteria coronaria

Il CABG è altamente efficace in soggetti affetti da angina e coronaropatia. Può migliorare la tolleranza allo sforzo, alleviare i sintomi e ridurre il numero o la dose dei farmaci necessari. La probabilità di ottenere vantaggi dal CABG è maggiore nei soggetti affetti da angina grave resistente alla terapia farmacologica, con funzione cardiaca normale, nessun attacco cardiaco pregresso e nessun’altra patologia che possa rendere rischioso l’intervento (come la broncopneumopatia cronica ostruttiva). In tali soggetti, il CABG eseguito non in urgenza comporta un rischio di decesso pari o inferiore all’1% e un rischio di danno cardiaco (provocato, per esempio, da un attacco cardiaco) minore del 5%. Circa l’85% dei soggetti con rivascolarizzazione completa trae un beneficio notevole o, addirittura, sorprendente dall’intervento.

Prognosi dell’angina

I principali fattori che possono peggiorare l’esito (la prognosi) dei soggetti affetti da angina comprendono l’età avanzata, la coronaropatia estesa, il diabete mellito, altri fattori di rischio di coronaropatia (in particolare il fumo), il dolore acuto e, soprattutto, la ridotta capacità di pompaggio del cuore (insufficienza cardiaca). Per esempio, l’estensione della coronaropatia o la gravità dell’ostruzione arteriosa condizionano negativamente la prognosi. La prognosi è sorprendentemente favorevole per i soggetti con angina stabile e normale contrattilità cardiaca. La prognosi tende ad essere in qualche modo migliore per l’angina microvascolare, sebbene il dolore possa essere persistente. La ridotta capacità di pompaggio peggiora notevolmente la prognosi di tutti i soggetti con angina.

Il tasso annuale di mortalità dei soggetti con angina, non associata ad altri fattori di rischio, è di circa l’1,4%. La percentuale aumenta nei soggetti con fattori di rischio come ipertensione arteriosa, alterazioni elettrocardiografiche o pregresso attacco cardiaco, in particolare nei diabetici.