Insufficienza ventilatoria

DiBhakti K. Patel, MD, University of Chicago
Revisionato/Rivisto mag 2022 | Modificata set 2022
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

L'insufficienza ventilatoria consiste in un aumento della PaCO2 (ipercapnia) che si verifica quando il lavoro respiratorio non può essere più sostenuto dalla forza o dall'energia del sistema. Le cause più diffuse sono gravi esacerbazioni acute di asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva, overdose di farmaci che sopprimono il centro del respiro e patologie che causano debolezza dei muscoli respiratori (p. es., sindrome di Guillain-Barré, miastenia grave, botulismo). I segni clinici comprendono la dispnea, la tachipnea e la confusione mentale. Si può verificare anche il decesso. La diagnosi viene fatta con l'emogasanalisi e l'osservazione del paziente; la RX torace e la valutazione clinica possono aiutare a stabilire la causa. Il trattamento varia a seconda della patologia ma spesso comprende la ventilazione meccanica.

(Vedi anche Panoramica sulla ventilazione meccanica.)

Le 2 cause più diffuse di insufficienza ventilatoria sono

  • Gravi esacerbazioni acute di asma (ossia, stato asmatico)

  • Esacerbazione di una broncopneumopatia cronica ostruttiva

L'insufficienza respiratoria dovuta alla broncopneumopatia cronica ostruttiva viene definita come insufficienza respiratoria acuta su cronica.

Fisiopatologia dell'insufficienza ventilatoria

L'ipercapnia si verifica quando la ventilazione alveolare si riduce o non riesce ad aumentare in modo adeguato in risposta all'aumentata produzione di diossido di carbonio. Un abbassamento della ventilazione alveolare risulta da una riduzione della ventilazione al minuto o di un aumento della ventilazione dello spazio morto senza appropriata compensazione da un aumento della ventilazione minuto.

Può verificarsi l'insufficienza di ventilazione quando vi è un eccessivo carico sul sistema respiratorio (p. es., i carichi resistivi o i carichi elastici dei polmoni e della parete toracica) contro la capacità neuromuscolare di compiere uno sforzo inspiratorio efficace. Quando aumenta il carico di ventilazione al minuto (p. es., come avviene nella sepsi), un apparato respiratorio compromesso potrebbe non essere in grado di soddisfare questa crescente domanda (per le cause, vedi figura L'equilibrio tra carico e competenza neuromuscolare).

Lo spazio morto fisiologico è la parte dell'albero respiratorio che non partecipa allo scambio gassoso. Comprende

  • Spazio anatomico morto (orofaringe, trachea e vie aeree)

  • Spazio morto alveolare (ossia, alveoli ventilati ma non perfusi)

Lo spazio morto fisiologico può anche derivare da shunt o da bassa ventilazione/perfusione (V/Q), se i pazienti non possono incrementare la loro ventilazione al minuto in modo appropriato. Lo spazio morto fisiologico è normalmente dal 30 al 40% circa del volume corrente ma aumenta al 50% nei pazienti sottoposti a intubazione e fino a > 70% nell'embolia polmonare massiva, nell'enfisema di grado grave e nello stato asmatico. Così, per ogni determinata ventilazione al minuto, all'aumentare dello spazio morto peggiora l'eliminazione della diossido di carbonio.

L'aumentata produzione di diossido di carbonio, come avviene con febbre, sepsi, traumi, ustioni, ipertiroidismo e ipertermia maligna, non è una causa principale di insufficienza ventilatoria, perché i pazienti devono aumentare la loro ventilazione per compensare. L'insufficienza respiratoria associata a questi problemi si verifica solo quando la capacità di compensare viene compromessa.

L'ipercapnia abbassa il pH arterioso (acidosi respiratoria). L'acidosi grave (pH < 7,2) contribuisce alla vasocostrizione arteriolare polmonare, alla vasodilatazione sistemica, alla riduzione della contrattilità miocardica, all'iperkaliemia, all'ipotensione e all'irritabilità cardiaca, con il rischio di aritmie potenzialmente fatali. L'ipercapnia acuta causa inoltre vasodilatazione cerebrale e aumento della pressione endocranica, un problema di notevole importanza nei pazienti con lesioni cerebrali acute. Con il tempo, i sistemi tampone tissutali e il compenso renale possono ampiamente correggere l'acidosi. Tuttavia, gli aumenti improvvisi della PaCO2 (pressione parziale di diossido carbonio) si possono verificare più rapidamente delle modificazioni compensatorie (PaCO2 aumenta di 3-6 mmHg/min in un paziente in apnea totale).

L'equilibrio tra il carico (resistivo, elastico e ventilazione al minuto) e la capacità neuromuscolare (impulso, trasmissione, e forza muscolare) determina la capacità di sostenere la ventilazione alveolare

PEEP = pressione positiva di fine espirazione.

Sintomatologia dell'insufficienza ventilatoria

Il sintomo predominante dell'insufficienza ventilatoria è la dispnea.

Quando l'insufficienza ventilatoria è dovuta all'aumento del carico, i segni comprendono l'uso vigoroso dei muscoli respiratori accessori, tachipnea, tachicardia, sudorazione, ansia, diminuzione del volume corrente, respiro irregolare o affannoso e movimento addominale paradosso. Quando è dovuta a una compromissione del drive respiratorio, i segni comprendono ipopnea e/o saranno evidenti basse frequenze respiratorie.

L'insufficienza ventilatoria provoca ipercapnia, causa di manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale vanno dalle sottili alterazioni della personalità fino alla confusione, all'ottundimento o al coma. L'ipercapnia cronica viene tollerata meglio rispetto a quella acuta, e presenta minori sintomi.

Diagnosi dell'insufficienza ventilatoria

  • Emogasanalisi arteriosa

  • RX torace

  • Test per determinare l'eziologia

L'insufficienza respiratoria deve essere sospettata nei pazienti con distress respiratorio, affaticamento ventilatorio visibile o cianosi, o alterazioni del sensorio e in quelli con patologie che causano debolezza muscolare. Anche la tachipnea è un problema; frequenze respiratorie > 28-30/min non possono essere sostenute per molto tempo, in particolare negli anziani o nei pazienti indeboliti.

Se si sospetta insufficienza ventilatoria, l'emogasanalisi, la pulsossimetria continua, e una RX torace devono essere eseguite. L'acidosi respiratoria rilevata dall'emogasanalisi (p. es., pH < 7,35 e PCO2 > 50) conferma la diagnosi. I pazienti affetti da insufficienza ventilatoria cronica spesso hanno una PCO2 abbastanza elevata (p. es., 60-90 mmHg) in condizioni basali, generalmente con un pH solo lievemente acido. In questi pazienti, il grado dell'acidosi deve servire come marker principale dell'ipoventilazione acuta piuttosto che la PCO2.

Poiché l'emogasanalisi può risultare normale o mostrare insufficiente compenso respiratorio nei pazienti con acidosi metabolica e insufficienza ventilatoria incipiente, alcuni test di funzionalità polmonare eseguiti al letto del paziente possono contribuire a predire un'insufficienza ventilatoria, soprattutto nei pazienti con debolezza neuromuscolare che possono soccombere a uno scompenso ventilatorio senza presentare distress respiratorio. Una capacità vitale < 10-15 mL/kg e un'inabilità a generare una pressione inspiratoria negativa di 15 cm-H2O suggeriscono un'imminente insufficienza respiratoria.

Una volta diagnosticata l'insufficienza respiratoria, bisogna identificarne la causa. In alcuni casi una patologia nota in atto (p. es., coma, aggravamenti acuti di asma, broncopneumopatia cronica ostruttiva, ipotiroidismo grave, miastenia grave, botulismo) rappresenta una causa evidente. In altri casi, l'anamnesi è indicativa; un'improvvisa comparsa di tachipnea e ipotensione dopo l'intervento chirurgico suggerisce un'embolia polmonare, e segni neurologici focali suggeriscono una causa legata al sistema nervoso centrale o neuromuscolare. La competenza neuromuscolare può essere valutata attraverso la misurazione della forza muscolare inspiratoria (pressione inspiratoria negativa ed espiratoria positiva), la trasmissione neuromuscolare (test di conduzione nervosa ed elettromiografia) e la ricerca delle cause di riduzione dello stimolo respiratorio (esami tossicologici, imaging cerebrale e prove di funzionalità tiroidea).

Trattamento dell'insufficienza ventilatoria

  • Trattamento della causa

  • Spesso ventilazione a pressione positiva

Il trattamento dell'insufficienza ventilatoria mira a correggere lo squilibrio tra la forza del sistema respiratorio e il suo carico e varia in base all'eziologia. I fattori scatenanti evidenti (p. es., broncospasmo, tappi di muco, corpi estranei) devono essere corretti, se possibile.

Stato asmatico

I pazienti con stato asmatico devono essere trattati in un'unità di terapia intensiva da personale esperto nel trattamento delle vie aeree. (Vedi anche Trattamento delle riacutizzazioni dell'asma.)

La ventilazione non invasiva a pressione positiva può ridurre immediatamente il lavoro respiratorio e prevenire l'intubazione endotracheale fino all'efficacia della terapia farmacologia. L'introduzione della maschera deve essere fatta con attenzione per migliorare il confort, magari iniziando soltanto con una titolazione di ventilazione a pressione positiva espiratoria perché una delle principali funzioni della ventilazione a pressione positiva inspiratoria è quella di aumentare il volume corrente, e, in questi pazienti, il volume polmonare di fine espirazione si avvicina alla capacità polmonare totale (vedi anche Meccanica respiratoria). Dopo una spiegazione sulla sua efficacia, i pazienti trattengono la maschera contro il loro viso mentre si applicano quantità modeste di pressione (ventilazione continua a pressione positiva da 3 a 5 cm-H2O). Una volta accettata, la maschera viene fissata in sede mentre le pressioni vengono aumentate finché non si ha un miglioramento del paziente e la riduzione del lavoro respiratorio, valutato sulla base della frequenza respiratoria e dell'uso dei muscoli accessori. I pazienti devono essere selezionati attentamente, e le impostazioni terapeutiche devono essere titolate ad hoc per il paziente.

La ventilazione meccanica convenzionale per mezzo di intubazione endotracheale è indicata per prevenire l'insufficienza respiratoria, suggerita clinicamente da segni come ottundimento, eloquio monosillabico e dalla posizione accasciata e dal respiro superficiale. I valori dell'emogasanalisi che mostrano il peggioramento dell'ipercapnia rappresentano un'indicazione, ma la conferma emogasanalitica non sempre è necessaria e non deve sostituire il parere del medico. Si preferisce l'intubazione orale a quella nasale in quanto può essere usato un tubo endotracheale più largo, che riduce la resistenza delle vie aeree e permette un'aspirazione più facile.

L'ipotensione e lo pneumotorace si possono verificare occasionalmente dopo l'intubazione per stato asmatico e riacutizzazioni di broncopneumopatia cronica ostruttiva (vedi anche Complicanze della ventilazione meccanica e garanzie). Queste complicanze e la loro corrispondente mortalità si sono ridotte in modo significativo grazie a una strategia ventilatoria che enfatizza la riduzione dell'iperinflazione dinamica per ottenere l'eucapnia. Nello stato asmatico, una ventilazione sufficiente a ottenere un pH normale generalmente causa una grave iperinflazione. Per evitare l'iperinflazione, le impostazioni iniziali comprendono un volume corrente di 5-7 mL/kg e una frequenza respiratoria di 10-18/min. I flussi inspiratori possono avere bisogno di essere abbastanza elevati (p. es., da 70 a 120 L/min) con un modello di onda quadra per facilitare il tempo massimo in espirazione. Una pericolosa iperinflazione dinamica è improbabile finché la pressione di plateau misurata è < 30-35 cm-H2O e una pressione intrinseca positiva di fine espirazione è < 15 cm-H2O (sebbene queste pressioni possano essere difficili da misurare a causa dell'attività dei muscoli respiratori, inspiratori ed espiratori). La pressione di plateau > 35 cm-H2O viene trattata riducendo il volume corrente (supponendo che la valutazione clinica non indichi che le alte pressioni siano il risultato di una ridotta compliance della parete toracica o dell'addome) o la frequenza respiratoria.

Sebbene sia possibile ridurre la pressione di picco delle vie aeree riducendo la velocità di picco del flusso o modificando la forma d'onda del flusso verso un profilo discendente (ossia, in modo che la velocità di flusso sia elevata all'inizio del respiro e diminuisca nel tempo), tali cambiamenti non devono essere effettuati. Anche se velocità di flusso elevate richiedono una pressione elevata per superare l'alta resistenza delle vie aeree dello stato asmatico, questa pressione viene dissipata attraverso le grosse vie aeree, contenenti cartilagine. Velocità di flusso inferiori (p. es., < 60 L/min) riducono il tempo disponibile per l'espirazione, aumentando quindi il volume di fine espirazione (e la risultante pressione positiva di fine espirazione intrinseca) permettendo un volume inspiratorio maggiore durante il respiro successivo. Occasionalmente, nei pazienti con elevata pressione positiva di fine espirazione intrinseca può essere necessario aumentare la pressione positiva di fine espirazione sul ventilatore per facilitare l'attivazione e ridurre il lavoro inspiratorio della respirazione.

L'uso di volumi correnti bassi spesso determina ipercapnia, che viene accettata per il maggior beneficio ottenuto con la riduzione dell'iperinflazione. Un pH arterioso > 7,15 è in genere ben tollerato fisiologicamente ma spesso richiede dosi elevate di sedativi e di oppiacei. I bloccanti neuromuscolari devono essere evitati dopo il periodo peri-intubazione, perché l'uso di queste sostanze in associazione ai corticosteroidi può determinare una miopatia grave e occasionalmente irreversibile, in particolare dopo 24 h dall'uso combinato. L'agitazione del paziente deve essere trattata con la sedazione, piuttosto che con la paralisi, ma idealmente la ventilazione può essere adeguata alle esigenze dei pazienti, in modo da ridurre la necessità di sedazione.

La maggior parte dei pazienti con stato asmatico migliora fino a liberarsi della ventilazione meccanica entro 2-5 giorni, anche se una minoranza di essi presenta un'ostruzione grave e prolungata al flusso aereo. Vedi Sospensione della ventilazione meccanica per una discussione sull'approccio generale.

Insufficienza respiratoria acuta su cronica

Nei soggetti con insufficienza respiratoria acuta su cronica causata da broncopneumopatia cronica ostruttiva, il costo della respirazione in termini di ossigeno a volte corrisponde a quello dei pazienti che non presentano una pneumopatia sottostante. Questo carico respiratorio aumentato si verifica in una competenza neuromuscolare appena adeguata, e quindi il paziente diventa facilmente troppo stanco per mantenere un'adeguata ventilazione. Questi pazienti possono andare facilmente incontro all'insufficienza respiratoria per lesioni apparentemente insignificanti e il recupero richiede una sistematica identificazione e correzione di questi fattori scatenanti (vedi anche Trattamento delle esacerbazioni acute della broncopneumopatia cronica ostruttiva). Per ripristinare l'equilibrio tra competenza neuromuscolare e carico, i medici riducono l'ostruzione al flusso aereo e l'iperinflazione dinamica tramite l'uso di broncodilatatori e corticosteroidi e trattano l'infezione con antibiotici. Bassi livelli sierici di potassio, fosforo e magnesio possono esacerbare la debolezza muscolare, rendendo difficile il recupero e vanno identificati e corretti.

La ventilazione non invasiva a pressione positiva rappresenta il trattamento iniziale preferito per molti pazienti con insufficienza respiratoria acuta su cronica, in quanto riduce i tassi di polmonite associata alla ventilazione meccanica, la durata del ricovero e la mortalità rispetto all'intubazione endotracheale. Forse il 75% dei pazienti trattati con la ventilazione non invasiva a pressione positiva non ha bisogno dell'intubazione endotracheale. I vantaggi comprendono la facilità di applicazione e rimozione; una volta avvenuta la stabilizzazione iniziale, la ventilazione non invasiva a pressione positiva può essere interrotta temporaneamente per consentire l'alimentazione orale in pazienti selezionati. I cicli di respirazione non assistita vengono fatti facilmente e la ventilazione non invasiva a pressione positiva può essere riapplicata a seconda della necessità.

I settaggi devono essere modulati sul lavoro respiratorio come valutato dalla cartella del paziente, dalla frequenza respiratoria, dal volume corrente e dall'uso dei muscoli accessori. In molti pazienti, la pressione espiratoria positiva delle vie aeree da sola può essere sufficiente, il che è utile perché una delle principali funzioni della pressione positiva inspiratoria delle vie aeree è l'aumento del volume corrente e, in questi pazienti, il volume polmonare di fine espirazione si avvicina alla capacità polmonare totale (vedi anche Meccanica respiratoria). Il peggioramento (e la necessità dell'intubazione endotracheale) viene valutato al meglio clinicamente; l'emogasanalisi può essere fuorviante. Anche se il peggioramento dell'ipercapnia generalmente indica il fallimento del trattamento, i pazienti differiscono marcatamente nella tolleranza dell'ipercapnia. Alcuni pazienti con PaCO2 > 100 mmHg sono vigili e tollerano bene la ventilazione non invasiva a pressione positiva, mentre altri richiedono l'intubazione a valori molto più bassi.

La ventilazione meccanica convenzionale nell'insufficienza respiratoria acuta su cronica mira a minimizzare l'iperinflazione dinamica e contrastare gli effetti avversi della pressione positiva di fine espirazione intrinseca mettendo allo stesso tempo a riposo i muscoli respiratori affaticati. Le impostazioni iniziali raccomandate sono una ventilazione assistita controllata (A/C) con un volume corrente di 5-7 mL/kg e una frequenza respiratoria di 20-24/min, sebbene alcuni pazienti richiedano frequenze iniziali più basse per limitare la pressione positiva di fine espirazione intrinseca. Questa pressione positiva di fine espirazione intrinseca rappresenta un carico soglia inspiratorio che deve essere superato dal paziente per stimolare il ventilatore, incrementando ulteriormente il lavoro respiratorio e prevenendo il riposo completo durante l'uso del ventilatore. Per controbilanciare l'effetto della pressione positiva di fine espirazione intrinseca, bisogna applicare una pressione positiva di fine espirazione esterna 85% della pressione positiva di fine espirazione intrinseca (tipicamente settata tra 5 e 10 cm-H2O). Questa modalità riduce il lavoro respiratorio senza aumentare l'iperinflazione dinamica. Elevati flussi inspiratori devono essere utilizzati per massimizzare il tempo di espirazione. Tali impostazioni minimizzano il rischio di alcalosi che può seguire a una ventilazione iniziale troppo vigorosa. Immediatamente dopo l'intubazione si può verificare anche un'ipotensione (vedi anche Complicanze della ventilazione meccanica e garanzie).

La maggior parte dei pazienti necessita di un supporto ventilatorio completo per 24-48 h prima di considerare i cicli di respirazione spontanea. Non è stato determinato se questa durata del trattamento è necessaria per riposare i muscoli respiratori o consentire all'iperinflazione di diminuire, aumentando così la forza dei muscoli respiratori. Il paziente spesso dorme profondamente durante questo periodo e, diversamente dall'asma, di solito richiede una sedazione lieve. Spesso non si ottiene un adeguato riposo a meno che non si presti una sufficiente attenzione allo sforzo che sta facendo il paziente. Questo sforzo si può manifestare con l'impiego dei muscoli accessori, pressioni delle vie aeree inappropriatamente basse all'inizio o durante tutta l'inspirazione, o frequenti fallimenti nella stimolazione del ventilatore, che indicano una pressione positiva di fine espirazione intrinseca elevata, una debolezza muscolare, o entrambi.

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