Linfomi non-Hodgkin

DiPeter Martin, MD, Weill Cornell Medicine;
John P. Leonard, MD, Weill Cornell Medicine
Revisionato/Rivisto mag 2022
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

I linfomi non-Hodgkin sono un gruppo di patologie neoplastiche determinate da una proliferazione monoclonale di cellule linfoidi nei vari siti linforeticolari, inclusi i linfonodi, il midollo osseo, la milza, il fegato e il tratto gastrointestinale. Tra i sintomi più comuni all'esordio vi è di solito la presenza di linfoadenopatie periferiche. Tuttavia, in alcuni pazienti i linfomi non-Hodgkin si presentano senza adenopatie, ma con linfociti trasformati in circolo. È probabile che la malattia sia disseminata al momento dell'esordio e la diagnosi si basa di solito sulla biopsia del linfonodo o del midollo osseo o su entrambe. Le strategie di gestione possono comprendere osservazione e attesa, chemioterapia, farmaci mirati (p. es., inibitori della chinasi) e immunoterapie (p. es., anticorpi monoclonali, cellule T del recettore dell'antigene chimerico); occasionalmente, viene aggiunta la radioterapia. Con poche eccezioni, il trapianto di cellule staminali è di solito riservato ai pazienti con linfomi aggressivi a seguito di una remissione incompleta o di una recidiva.

(Vedi anche Panoramica sul linfoma.)

Il linfoma non-Hodgkin è più comune del linfoma di Hodgkin. Costituisce il 6o cancro più diffuso negli Stati Uniti e rappresenta il 4% di tutti i nuovi cancri registrati negli Stati Uniti ogni anno e il 3% di tutte le morti per cancro. Oltre 80 000 nuovi casi vengono diagnosticati a tutte le età e ci sono circa 20 000 morti. Il linfoma non-Hodgkin non è tanto una malattia quanto piuttosto una categoria di neoplasie linfocitarie maligne con diversi sotto-gruppi, variamente divisi fra tipi aggressivi e indolenti. L'incidenza aumenta con l'età (età mediana, 67 anni).

Eziologia dei linfomi non-Hodgkin

L'eziologia del linfoma non-Hodgkin è sconosciuta, nonostante, come per le leucemie, esistano evidenze sostanziali che suggeriscono un'eziologia virale (p. es., virus umano della leucemia-linfoma a cellule T, virus di Epstein-Barr, virus dell'epatite B, virus dell'epatite C, HIV, herpes virus umano 8) in alcuni casi. L'infezione da Helicobacter pylori aumenta anche il rischio di linfoma.

I pazienti a maggior rischio di linfoma non-Hodgkin comprendono quelli con

  • Immunodeficienza primaria

  • Immunodeficienza secondaria (p. es., quando indotta da farmaci immunosoppressori, come quelli usati nei disturbi reumatologici e nel post-trapianto di organi solidi)

  • Esposizione a determinati prodotti chimici (p. es., alcuni erbicidi e insetticidi)

  • Infiammazione cronica e iperplasia linfonodale reattiva

Il linfoma non-Hodgkin è anche la seconda neoplasia più frequente in pazienti infetti da HIV, e alcuni pazienti con AIDS hanno all'esordio un linfoma. Infatti, i pazienti con linfoma non-Hodgkin devono generalmente essere sottoposti a screening per i virus dell'HIV e dell'epatite.

I fattori genetici sembrano svolgere un ruolo. Recenti evidenze mostrano che alcuni polimorfismi a singolo nucleotide aumentano il rischio di linfoma. Inoltre, i pazienti con un parente di primo grado con linfoma Hodgkin o non-Hodgkin hanno un aumentato rischio di linfoma non-Hodgkin.

Fisiopatologia dei linfomi non-Hodgkin

La maggior parte (80-85%) dei linfomi non-Hodgkin deriva da linfociti B; i restanti derivano da linfociti T o da cellule natural killer. Lo stadio della differenziazione dei linfociti a cui si verifica l'evento oncogenico determina la presentazione e l'esito della malattia.

La maggior parte dei linfomi è nodale con un coinvolgimento variabile del midollo osseo e del sangue periferico. Un quadro simil-leucemico con linfocitosi periferica e coinvolgimento del midollo può presentarsi in una percentuale che arriva fino al 50% dei bambini e in circa il 20% degli adulti affetti da alcune forme di linfoma non-Hodgkin.

L'ipogammaglobulinemia causata da una progressiva diminuzione della produzione di immunoglobuline è presente nel 15% dei pazienti al momento della diagnosi. L'ipogammaglobulinemia aumenta il rischio di gravi infezioni batteriche e i pazienti possono richiedere immunoglobuline EV per sostituire le immunoglobuline carenti.

Consigli ed errori da evitare

  • Vi è una notevole sovrapposizione tra il linfoma non-Hodgkin e la leucemia; entrambi possono avere linfocitosi periferica e coinvolgimento del midollo osseo.

Classificazione dei linfomi non-Hodgkin

La classificazione patologica del linfoma non-Hodgkin continua a evolvere, riflettendo le nuove acquisizioni nell'ambito delle cellule di origine della malattia e delle basi biologiche di queste patologie eterogenee. La classificazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità del 2016 è preziosa (2016 WHO classification) in quanto incorpora immunofenotipo, genotipo e citogenetica, ma vi sono molti altri sistemi (p. es., classificazione di Lyon).

I linfomi non-Hodgkin vengono di solito classificati anche in asintomatici o aggressivi:

  • Indolenti: lentamente progressiva e reattiva alla terapia, ma non tipicamente curabile con approcci standard

  • Aggressivi: progrediscono rapidamente, ma sono sensibili alla chemioterapia e spesso guaribili

Nei bambini, il linfoma non-Hodgkin è quasi sempre aggressivo. I linfomi follicolari e gli altri linfomi asintomatici sono rari. Il trattamento di questi linfomi aggressivi (linfoma di Burkitt, linfoma a grandi cellule B diffuso e linfoma linfoblastico) deve considerare diverse problematiche, tra cui l'interessamento del tratto gastrointestinale (particolarmente dell'ileo terminale); l'interessamento meningeale (che richiede una profilassi o un trattamento del liquido cerebrospinale); e altri siti di coinvolgimento protetti (santuari) (p. es., testicoli, cervello). In aggiunta, in questi linfomi potenzialmente guaribili, devono essere soppesati gli effetti sfavorevoli del trattamento rispetto ai risultati attesi, tra cui rischi tardivi di secondo tumore, sequele cardiorespiratorie, preservazione della fertilità e conseguenze nello sviluppo.

Sintomatologia dei linfomi non-Hodgkin

La maggior parte dei pazienti presenta

  • Linfoadenopatie periferiche asintomatiche

I linfonodi aumentati di volume possono essere elastici e separati e successivamente si uniscono in masse. I linfonodi interessati di solito non sono dolorosi, a differenza dei linfonodi dolenti che spesso si hanno con le infezioni virali. Il coinvolgimento linfonodale è localizzato in alcuni pazienti, ma la maggior parte dei pazienti presenta diverse aree interessate. L'esame obiettivo iniziale deve cercare attentamente i linfonodi nelle regioni cervicale, ascellare, inguinale e femorale.

In alcuni pazienti, i linfonodi mediastinici e retroperitoneali ingrossati premono sulle strutture vicine, causando sintomi. I più importanti di questi sono

  • Compressione della vena cava superiore: dispnea e edema facciale (sindrome della vena cava superiore)

  • Compressione dell'albero biliare esterno: ittero

  • Compressione degli ureteri: idronefrosi

  • Ostruzione intestinale: vomito e stitichezza

  • Interferenze con il linfodrenaggio: liquido pleurico o peritoneale chiloso o linfedema degli arti inferiori

La pelle è coinvolta in alcuni linfomi non-Hodgkin. Il linfoma non-Hodgkin delle cellule B può colpire il cuoio capelluto (linfoma non-Hodgkin follicolare) o le gambe (linfoma non-Hodgkin a cellule grandi), causando in genere noduli eritematosi leggermente sollevati. Nel linfoma non-Hodgkin cutaneo delle cellule T, le lesioni cutanee possono essere un eritema diffuso, non palpabile o papule discrete, placche o tumori.

I sintomi sistemici (p. es., fatica, febbri, sudorazioni notturne, perdita di peso) possono essere le prime manifestazioni in alcuni pazienti, più frequentemente nei linfomi aggressivi. Questi pazienti potrebbero non aver notato linfoadenopatia o non avere una malattia esterna, palpabile; questi pazienti richiedono imaging TC o PET (positron emission tomography) per scoprire la/le lesione/i.

Anemia è inizialmente presente in alcuni pazienti e infine si sviluppa in molti. Essa può essere causata da sanguinamento dovuto al linfoma gastrointestinale, con o senza bassi livelli di piastrine; emolisi a causa di ipersplenismo o anemia emolitica Coombs-positiva; infiltrazione del midollo osseo da linfoma; o soppressione del midollo osseo a causa della chemioterapia o della radioterapia.

Manifestazioni di alcuni linfomi specifici

Il linfoma-leucemia dell'adulto a cellule T, che è associato all'HTLV-1 (human T-lymphotropic virus 1), ha un decorso clinico fulminante con infiltrati cutanei, linfoadenopatie, epatosplenomegalia e leucemia. Le cellule leucemiche sono cellule T maligne, molte delle quali con nuclei convoluti. Si ha spesso ipercalcemia, legata a fattori umorali piuttosto che a un'invasione diretta dell'osso.

Il linfoma anaplastico a grandi cellule può causare lesioni cutanee, adenopatiche e viscerali rapidamente progressive. È possibile confondere questa entità nosologica con il linfoma di Hodgkin o con un carcinoma metastatico indifferenziato.

Diagnosi dei linfomi non-Hodgkin

  • Biopsia linfonodale

  • Spesso aspirato e biopsia unilaterali del midollo osseo

  • FDG-PET/TC di torace, addome e pelvi per la stadiazione

  • RM del cervello e/o midollo spinale se sono presenti sintomi neurologici

Come per il linfoma di Hodgkin, il linfoma non-Hodgkin viene di solito sospettato nei pazienti con

  • Linfoadenopatia indolore

  • Adenopatia rilevata su RX torace o TC eseguita per altri motivi

Linfoadenopatie non dolenti possono anche essere causate da mononucleosi infettiva, toxoplasmosi, cytomegalovirus, infezione HIV o leucemia.

I reperti evidenziati dalla RX torace possono essere simili a quelli da carcinoma polmonare, sarcoidosi oppure tubercolosi.

Meno comunemente, alcuni pazienti si presentano per una linfocitosi periferica presente in un emocromo con formula eseguito per sintomi aspecifici. In tali casi, la diagnosi differenziale deve considerare leucemia, infezione da virus di Epstein-Barr e sindrome di Duncan (sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X).

I test necessari per effettuare la diagnosi sono seguiti da test per completare la stadiazione e valutare eziologia e prognosi (1).

Test diagnostici

Bioptizazzione della linfoadenomegalia. Se un linfonodo è palpabile, inizialmente non è richiesta alcuna acquisizione di immagini, anche se potrebbero essere necessarie la TC o l'ecografia per pianificare correttamente i test successivi.

Se la lesione è palpabile con facilità, la biopsia aperta è preferita. Se la lesione si trova nel polmone o nell'addome, un'agobiopsia centrale (ago da 18 a 20 gauge) eseguita utilizzando la guida TC o l'ecografia spesso può ottenere un campione adeguato per la diagnosi. Un'agobiopsia con ago sottile (percutanea o broncoscopica) spesso non produrrà tessuti adeguati, soprattutto per la diagnosi iniziale; la core biopsy (biopsia con ago aspirato) è preferibile se ritenuta sicura.

Le biopsie devono essere esaminate da un patologo con esperienza nella diagnosi del linfoma in modo che il linfoma possa essere correttamente classificato. Se questa revisione non è disponibile localmente, i vetrini devono essere inviati a un laboratorio di riferimento con esperienza ematopatologica. La corretta classificazione del linfoma non-Hodgkin è fondamentale per la pianificazione del trattamento. I linfomi non-Hodgkin sono potenzialmente curabili, ma senza una diagnosi precisa, la terapia ottimale può non essere scelta.

I criteri istologici su una biopsia comprendono l'alterazione della normale architettura linfonodale e l'invasione della capsula e del grasso circostante da parte di cellule neoplastiche caratteristiche. Gli studi immunofenotipici per determinare le cellule di origine sono di notevole importanza nell'identificare specifici sottotipi e nel definire prognosi e gestione; questi studi possono essere anche eseguiti sulle cellule periferiche se sono presenti, ma in genere queste macchie vengono applicate al tessuto formalina-fissante e incluse in paraffina. La dimostrazione dell'espressione dell'antigene leucocitario comune CD45 con immunoperossidasi fa escludere la diagnosi di metastasi, che spesso rientra nella diagnosi differenziale di neoplasie "indifferenziate". Il test per l'antigene leucocitario comune, come la maggioranza degli studi dei marker di superficie, e il riarrangiamento genico (per documentare una clonalità B o T) possono essere effettuati su tessuto fissato. La citogenetica e la citometria a flusso necessitano di tessuto fresco.

Test di stadiazione

Una volta effettuata la diagnosi di linfoma, vengono eseguiti i test di stadiazione.

Si consiglia una scansione combinata fluorodeossiglucosio (FDG)-PET/TC del torace, dell'addome e del bacino. La PET/CT fornisce una localizzazione accurata delle lesioni, delle loro dimensioni (dalla TC) e del metabolismo del tumore (da FDG-PET). Se la combinazione FDG-PET/CT non è disponibile, viene eseguita una TC con contrasto del torace, dell'addome e della pelvi.

L'aspirato e la biopsia midollari unilaterali vengono spesso eseguiti nei pazienti con linfoma non-Hodgkin. La valutazione del midollo osseo nel linfoma non-Hodgkin a basso grado (indolente) o nel linfoma non-Hodgkin a cellule T può essere limitata ai soli casi in cui gli esiti cambieranno la gestione della terapia o in cui sia necessario valutare le citopenie.

Test per le complicanze e la prognosi

Gli esami del sangue comprendono tipicamente l'emocromo con formula, i test epatici e della funzione renale (compresi creatinina sierica, bilirubina, calcio, aspartato aminotransferasi (AST), albumina, fosfatasi alcalina e lattato deidrogenasi), acido urico, beta-2 microglobulina e livelli di vitamina D. Vengono anche eseguite elettroforesi proteica sierica con livelli di immunoglobuline IgG, IgA e IgM.

Altri test sono fatti a seconda dei risultati (p. es., la RM cerebrale e/o del midollo spinale per sintomi neurologici). Se i livelli di acido urico sono elevati, si controlla la glucose-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) perché il deficit di G6PD preclude il trattamento con rasburicase, che viene spesso somministrato per prevenire la sindrome da lisi tumorale ma può causare un'anemia emolitica nei pazienti con deficit di G6PD.

Test per determinare l'eziologia

I pazienti con linfoma non-Hodgkin devono essere inizialmente sottoposti a screening per i virus dell'HIV e dell'epatite B e C. I pazienti con diagnosi di leucemia/linfoma a cellule T dell'adulto sono anche controllati per l'HTLV-1 (HTLV-1).

Stadiazione

Una volta effettuata la diagnosi, viene determinato lo stadio per la scelta della terapia. La classificazione di Lugano comunemente utilizzata (vedi tabella Classificazione di Lugano per i linfomi di Hodgkin e i linfomi non-Hodgkin) comprende

  • Sintomi

  • Reperti dell'esame obiettivo

  • Risultati dei test di imaging, compresa la TC di torace, addome e pelvi, e imaging funzionale con FDG-PET

  • Biopsia del midollo osseo (in casi selezionati)

Nonostante esistano forme di linfoma non-Hodgkin di stadio I, la malattia è generalmente disseminata quando viene riconosciuta per la prima volta.

Tabella

Riferimento relativo alla diagnosi

  1. 1. Cheson BD, Fisher RI, Barrington SF, et al: Recommendations for initial evaluation, staging, and response assessment of Hodgkin and non-Hodgkin lymphoma: The Lugano classification. J Clin Oncol 32(27):3059-3068, 2014.

Prognosi dei linfomi non-Hodgkin

La prognosi varia a seconda del tipo e dello stadio del linfoma e dei singoli fattori del paziente. In generale, i pazienti con linfoma periferico a cellule T o a cellule natural killer T tipicamente hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli con linfoma non-Hodgkin a cellule B. In ciascuna variante di linfoma non-Hodgkin, la prognosi è collegata alle differenze nella biologia delle cellule tumorali.

Il sistema di punteggio prognostico più comunemente usato è l'International Prognostic Index (IPI) for diffuse large B-cell lymphoma). Tuttavia, il punteggio IPI (International Prognostic Index) viene utilizzato solo per il linfoma diffuso a grandi cellule B. Esistono anche sistemi di punteggio per il linfoma follicolare (follicular lymphoma [FLIPI]) e per il linfoma a cellule mantellari. I calcolatori online sono disponibili per stimare la prognosi anche in altri tipi di linfoma non-Hodgkin.

Il punteggio IPI (International Prognostic Index) considera 5 fattori di rischio:

  • Età > 60 anni

  • Cattivo status della performance (può essere determinato con il protocollo messo a punto dall'Eastern Cooperative Oncology Group tool)

  • Livelli elevati di lattato deidrogenasi

  • > 1 sito extranodale

  • Malattia di stadio III o IV

La prognosi peggiora con l'aumentare dei fattori di rischio. I pazienti dei gruppi a rischio maggiore (quelli con 4 o 5 fattori di rischio) hanno un 50% di sopravvivenza a 5 anni. I pazienti che non presentano alcun fattore di rischio hanno un tasso di guarigione molto elevato. Il punteggio IPI (International Prognostic Index) originale utilizza i 5 fattori come variabili discrete (p. es., di età superiore a 60 o inferiore a 60 anni). Una modifica, il Diffuse Large B-cell Lymphoma Prognosis (IPI24), che calcola la possibilità di essere liberi dalla malattia a 24 mesi dalla diagnosi, comprende i fattori sopra indicati come variabili continue e comprende anche il conteggio dei linfociti assoluti.

Trattamento dei linfomi non-Hodgkin

  • Guardare e attendere (per linfomi indolenti, in gran parte asintomatici)

  • Chemioterapia

  • Radioterapia (più frequente nei pazienti con malattia in stadio limitato e talvolta in quelli con malattia in stadio avanzato)

  • Immunoterapia (p. es., anticorpi monoclonali rivolti verso CD20, CD19, o CD79, o cellule T del recettore dell'antigene chimerico [cellule CAR T)

  • Farmaci mirati (p. es., inibitori di tirosin-chinasi di Bruton, inibitori di PI3K [fosfoinositide 3-chinasi] e inibitori del cereblone)

  • Talvolta trapianto di cellule staminali emopoietiche (autologo o allogenico)

Il trattamento varia notevolmente in base agli istotipi, che sono troppi per essere analizzati in maniera dettagliata. Generalizzazioni possono essere fatte tra malattia limitata versus malattia avanzata e forme aggressive versus quelle asintomatiche. Il linfoma di Burkitt e i linfomi cutanei a cellule T sono trattati separatamente. Per i pazienti con linfomi indolenti e senza segni o sintomi significativi di linfoma, può essere utilizzato un approccio "guardare e attendere" (sospendere il trattamento durante il rigoroso monitoraggio).

Malattia limitata (stadi I-II)

Per il linfoma non-Hodgkin indolente di stadio I (non comune perché la maggior parte dei pazienti ha uno stadio da II o IV quando diagnosticato), la radioterapia a fasci esterni può essere l'unico trattamento iniziale. La radioterapia regionale può offrire un controllo a lungo termine e possibilmente curare circa il 40% dei pazienti in stadio I. Il linfoma non-Hodgkin indolente allo stadio II è comunemente trattato come malattia in stadio avanzato.

I linfomi non-Hodgkin aggressivi di basso grado possono essere trattati con una combinazione di chemioterapia più radioterapia o con la sola chemioterapia (più anticorpi monoclonali anti-CD20 per i linfomi a cellule B).

I pazienti con linfoma di Burkitt allo stadio I sono trattati con una polichemioterapia intensiva con profilassi meningea.

Malattia avanzata (stadio II-IV)

Lo stadio II del linfoma non-Hodgkin è spesso trattato come una patologia in stadio avanzato. La maggior parte dei pazienti con tutti i tipi di linfoma non-Hodgkin con malattia da stadio II a IV è candidata per la chemioimmunoterapia. In questi casi, la radioterapia può essere utilizzata per limitare il numero di cicli di chemioimmunoterapia o fornire un trattamento localizzato per i siti residui di malattia di volume residuo.

Per i linfomi asintomatici, il trattamento varia considerevolmente. Poiché questi linfomi sono altamente curabili, ma non curabili in modo affidabile, il trattamento può non essere raccomandato inizialmente per i pazienti asintomatici, anche se alcuni pazienti ricevono immunoterapia anti-CD20 utilizzando il rituximab da solo. Questa strategia può ritardare la necessità di chemioterapia mielosoppressiva, ma non è stato dimostrato che l'immunoterapia precoce abbia un impatto sulla sopravvivenza globale. I pazienti con sintomi o malattie voluminose (bulky disease) che mettono a rischio gli organi vitali sono trattati con chemioimmunoterapia. In casi selezionati (p. es., chemio-refrattaria con limitato coinvolgimento del midollo osseo), l'anticorpo anti-CD20 radiomarcato può essere utilizzato per indirizzare le radiazioni verso le cellule tumorali con potenzialmente meno effetti sugli organi normali vicini.

Nei pazienti con linfomi aggressivi a cellule B (p. es., diffuso a grandi cellule), il trattamento standard è l'associazione di rituximab con ciclofosfamide, idrossidaunorubicina (doxorubicina), vincristina, e prednisone (R-CHOP). Una risposta completa con regressione della malattia è attesa nell'80% dei casi, con un tasso di cura totale di circa il 60%. Questi risultati variano in modo significativo a seconda del punteggio IPI (International prognostic Index). I pazienti che sono liberi da malattia a ≥ 24 mesi dalla diagnosi hanno un'aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale della stessa età e dello stesso sesso. Questo fattore chiave può guidare strategie di follow up in questa popolazione di pazienti. I pazienti con un punteggio IPI (International Prognostic Index) più basso possono trarre beneficio dall'aggiunta del farmaco-coniugato (farmaco-anticorpo) polatuzumab vedotin, un coniugato farmaco-anticorpo diretto a CD79b parte nel protocollo R-CHOP.

L'approccio al linfoma periferico non-Hodgkin a cellule T e al linfoma primario del sistema nervoso centrale è differente. In questi pazienti, il trapianto autologo di cellule staminali può essere offerto ai responder iniziali prima che si verifichi la recidiva, con l'intenzione di migliorare le probabilità di guarigione. Nel trapianto autologo di cellule staminali, le cellule staminali si ottengono dal paziente mediante leucoferesi del sangue periferico e vengono trasfuse nuovamente nel paziente dopo una chemioterapia ad alte dosi. Allo stesso modo, in alcuni pazienti più giovani con linfoma a cellule mantellari che hanno risposto alla terapia iniziale, può essere eseguito il trapianto autologo di cellule staminali per prolungare la remissione.

Ricaduta da linfoma

I pazienti con linfoma non-Hodgkin aggressivo non in remissione alla fine della terapia o che recidivano sono trattati con regimi di terapia di seconda linea seguiti da trapianto autologo di cellule staminali se sono relativamente giovani e in buona salute. In alcuni pazienti ad altissimo rischio di recidiva, così come in quelli per i quali il trapianto autologo non è fattibile o ha già fallito, le cellule staminali di un fratello o di un donatore non consanguineo (trapianti allogenici) possono essere efficaci. In generale, più è anziano il paziente, meno è probabile che venga offerto un trapianto allogenico perché i pazienti anziani hanno più alti tassi di complicanze di trapianto.

I pazienti con linfoma a grandi cellule B diffuso che presentano linfoma persistente, malgrado almeno 2 precedenti protocolli di terapia, possono essere candidati per la terapia con cellule T del recettore per l'antigene chimerico. Le cellule CAR T sono cellule T (più comunemente cellule T autologhe) che sono state geneticamente modificate per riconoscere un antigene tumorale (p. es., CD19). Dopo l'infusione, vanno incontro all'attivazione e all'espansione. Circa un terzo dei pazienti ottiene una risposta duratura a questa terapia.

I pazienti non idonei per le terapie sopra descritte, o per quelli in cui hanno fallito, possono ricevere un trattamento con varie terapie, soprattutto per la palliazione. Queste terapie variano ampiamente e cambiano costantemente man mano che vengono sviluppati nuovi trattamenti.

Nei linfomi asintomatici, i pazienti possono essere gestiti con una grande varietà di strategie a seconda

  • Fattori correlati al linfoma (p. es., istopatologia, stadio, caratteristiche molecolari e immunologiche)

  • Fattori correlati al paziente (p. es., età, comorbilità)

  • Tipo e risposta alla terapia precedente.

Molti degli stessi farmaci utilizzati per il trattamento di prima linea possono essere somministrati ai pazienti in ricaduta. In alcuni casi, lo stesso trattamento può essere ripetuto se in precedenza si è dimostrato efficace e ben tollerato. La chemioterapia ad alto dosaggio con trapianto autologo di cellule staminali è usata occasionalmente in pazienti con biologia per linfoma ad alto rischio (compresa una scarsa risposta alla chemioterapia), e anche se la guarigione rimane improbabile, la remissione può essere superiore a quella con la sola terapia palliativa secondaria. Il trapianto allogenico a ridotta intensità è un'opzione potenzialmente risolutiva in alcuni pazienti con linfoma asintomatico.

Il tasso di mortalità dei pazienti che ricevono trapianto mieloablativo si è drasticamente ridotto all'1-2% per la maggior parte delle procedure autologhe e al 15-20% per la maggior parte delle procedure allogeniche (a seconda dell'età).

Complicanze del trattamento

Una complicazione immediata della maggior parte delle terapie è l'infezione che si verifica durante i periodi di neutropenia. Sebbene l'uso di fattori di crescita che stimolano la produzione di globuli bianchi sia stato di aiuto, l'infezione continua a rappresentare un problema.

Gli effetti gastrointestinali collaterali della chemioterapia possono essere ampiamente alleviati o prevenuti dai programmi antiemetici e intestinali.

I pazienti che ricevono antracicline sono a rischio di cardiomiopatia e/o aritmie.

Dopo il trattamento di successo, i pazienti devono essere indirizzati a una clinica di sopravvivenza del cancro per un piano di assistenza che può essere attuato dal team di assistenza primaria del paziente. Questo piano è adattato alle comorbilità del paziente e ai rischi specifici del trattamento che hanno ricevuto.

Farmaci e radioterapia hanno complicanze tardive. Nei primi 10 anni dopo il trattamento, c'è il rischio di mielodisplasia o leucemia acuta a causa del danno al midollo osseo causato da alcuni agenti chemioterapici. Dopo 10 anni, il rischio di tumori secondari aumenta soprattutto nei pazienti che hanno ricevuto radiazioni al torace.

Punti chiave

  • I linfomi non-Hodgkin sono un gruppo di tumori correlati che coinvolgono i linfociti; essi variano notevolmente nel loro tasso di crescita e di risposta al trattamento.

  • La malattia è in genere disseminata al momento della diagnosi.

  • I test molecolari e genetici sono fondamentali per la diagnosi e la gestione.

  • Le malattie asintomatiche limitate possono essere trattate con la radioterapia.

  • Trattare la malattia più avanzata (indolente o aggressiva) con l'immunoterapia, la chemioterapia, il trapianto di cellule staminali ematopoietiche o una combinazione a seconda del tipo e dello stadio di linfoma non-Hodgkin.

Per ulteriori informazioni

A seguire vi sono risorse in lingua inglese che possono essere utili per i medici e di aiuto e informazione per i pazienti. Si noti che il Manuale non è responsabile per il contenuto di questa risorsa.

  1. Leukemia & Lymphoma Society: Resources for Healthcare Professionals: fornisce risorse educative per gli operatori sanitari, nonché informazioni per l'indirizzamento dei pazienti

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