Panoramica sulla coronaropatia

DiRanya N. Sweis, MD, MS, Northwestern University Feinberg School of Medicine;
Arif Jivan, MD, PhD, Northwestern University Feinberg School of Medicine
Revisionato/Rivisto feb 2024
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

La coronaropatia consiste nella compromissione del flusso ematico attraverso le arterie coronarie, di solito a causa di ateromi. Le manifestazioni cliniche comprendono l'ischemia silente, l'angina pectoris, le sindromi coronariche acute (angina instabile, infarto del miocardio) e la morte cardiaca improvvisa. La diagnosi viene posta sulla base dei sintomi, dell'ECG, dei test provocativi e, talvolta, della coronarografia. La prevenzione consiste nel modificare i fattori di rischio reversibili (p. es., ipercolesterolemia, ipertensione, sedentarietà, diabete e fumo). Il trattamento comprende farmaci e procedure allo scopo di ridurre l'ischemia e ripristinare o migliorare la circolazione coronaria.

La malattia coronarica è la principale causa di morte in entrambi i sessi, rappresentando circa un terzo di tutti i decessi, e un gran numero di questi si verifica in aree a basse risorse (1). La mortalità per malattia coronarica è circa 5 volte superiore negli uomini che nelle donne, ma la differenza di mortalità diminuisce con l'età (2).

Riferimenti generali

  1. 1. Ralapanawa U, Sivakanesan R. Epidemiology and the Magnitude of Coronary Artery Disease and Acute Coronary Syndrome: A Narrative Review. J Epidemiol Glob Health 2021;11(2):169-177. doi:10.2991/jegh.k.201217.001

  2. 2. Bots SH, Peters SAE, Woodward M. Sex differences in coronary heart disease and stroke mortality: a global assessment of the effect of ageing between 1980 and 2010. BMJ Glob Health 2017;2(2):e000298. Pubblicato il 27/03/2017. doi:10.1136/bmjgh-2017-000298

Eziologia della coronaropatia

Solitamente, la coronaropatia è dovuta a

  • Aterosclerosi delle coronarie: deposito subintimale di ateromi nelle arterie coronarie di grosso e medio calibro

Meno spesso, la coronaropatia è dovuta a

La disfunzione endoteliale vascolare può promuovere l'aterosclerosi e contribuire allo spasmo coronarico. La disfunzione endoteliale è anche riconosciuta come causa di angina, in assenza di una stenosi coronarica epicardica o spasmo (vedi Angina microvascolare).

Fra le cause rare vi sono l'embolia, la dissezione o l'aneurisma delle coronarie (p. es., nella malattia di Kawasaki) e la vasculite (p. es., nell'arterite di Takayasu).

Fisiopatologia della coronaropatia

Aterosclerosi coronarica

L'aterosclerosi coronarica è spesso irregolarmente distribuita nei diversi vasi ma tipicamente si verifica nei punti di turbolenza (p. es., biforcazioni vasali). Man mano che la placca ateromasica cresce, il lume arterioso si restringe progressivamente, con conseguente ischemia (che spesso causa l'angina pectoris). Il grado di stenosi necessaria per causare ischemia varia col fabbisogno miocardico di ossigeno.

A volte una placca ateromatosa si rompe o si frammenta. I motivi non sono chiari, ma probabilmente fanno capo alla morfologia, al contenuto di calcio e al rammollimento della placca stessa a causa di un processo infiammatorio. La rottura espone collagene e altro materiale trombogeno, che attiva le piastrine e la cascata della coagulazione (vedi figura Vie della coagulazione del sangue), il che comporta la trombosi acuta, che interrompe il flusso ematico coronarico e causa un certo grado di ischemia miocardica. Le conseguenze dell'ischemia acuta, collettivamente denominate sindromi coronariche acute, dipendono dalla posizione e dal grado di ostruzione e variano da angina instabile, infarto miocardico senza elevazione del segmento-ST (NSTEMI), infarto miocardico con elevazione del segmento ST (STEMI), che può risultare in un infarto transmurale e altre complicanze tra cui aritmie ventricolari maligne, disturbi della conduzione, insufficienza cardiaca e morte improvvisa.

Spasmo coronarico

Lo spasmo coronarico è un aumento di tono vascolare transitorio e focale, che restringe il lume e riduce il flusso ematico in maniera notevole; da ciò può derivare un'ischemia sintomatica (angina vasospastica). Il marcato restringimento può innescare la formazione di trombi, provocando un infarto o un'aritmia che può mettere a rischio la vita del paziente. Lo spasmo si può verificare in arterie con o senza ateromi.

  • Nelle arterie senza ateroma, il tono basale dell'arteria coronaria è probabilmente aumentato e la risposta agli stimoli vasocostrittori è probabilmente esagerata. Il meccanismo esatto è poco chiaro, ma può comprendere alterazioni della produzione di ossido nitrico delle cellule endoteliali o uno squilibrio fra fattori endoteliali vasocostrittori e vasodilatatori.

  • Nelle arterie con ateromi, l'ateroma causa una disfunzione endoteliale, che possibilmente si conclude con un'ipercontrattilità locale. Fra i meccanismi proposti vi sono una perdita di sensibilità ai vasodilatatori intrinseci (p. es., acetilcolina) e un'aumentata produzione di vasocostrittori (p. es., angiotensina II, endotelina, leucotrieni, serotonina, trombossano) nell'area dell'ateroma. Lo spasmo ricorrente può danneggiare l'intima, portando allo sviluppo di ateromi.

L'uso di sostanze vasocostrittrici (p. es., cocaina, nicotina) e lo stress emotivo possono innescare lo spasmo coronarico.

Dissezione dell'arteria coronarica

La dissezione dell'arteria coronaria è una lesione rara e non traumatica dell'intima che determina la creazione di un falso lume. Il sangue scorrendo attraverso il falso lume lo espande, riducendo così il flusso di sangue attraverso il vero lume e causando a volte ischemia o infarto coronarico. La dissezione può verificarsi in arterie coronarie aterosclerotiche o non aterosclerotiche. La dissezione non aterosclerotica è più probabile nelle donne in gravidanza o dopo il parto e/o nei pazienti con displasia fibromuscolare o altri disturbi del tessuto connettivo.

Fattori di rischio per la coronaropatia

I fattori di rischio per coronaropatia sono gli stessi dei fattori di rischio per aterosclerosi:

  • Età avanzata

  • Sesso maschile

  • Anamnesi familiare positiva per malattia coronarica precoce (decesso per malattia coronarica in un parente di primo grado prima dell'età di 55 anni nei maschi o di 65 anni nelle femmine)

  • Alti livelli ematici di lipoproteine a bassa densità (LDL) (vedi dislipidemia)

  • Alti livelli ematici di lipoproteina a

  • Bassi livelli ematici di lipoproteine ad alta densità (HDL)

  • Diabete mellito (in particolare il tipo 2)

  • Fumo (compresa l'esposizione passiva)

  • Obesità

  • Inattività fisica

  • Alti livelli di apoproteina B (apoB)

  • Alti livelli sanguigni di proteina C-reattiva

Il fumo può essere uno dei fattori predittivi più importanti di infarto del miocardio acuto nelle donne (1). I fattori genetici hanno un ruolo e molte malattie sistemiche (p. es., ipertensione, ipotiroidismo) e disturbi metabolici (p. es., iperomocisteinemia) contribuiscono al rischio. Un elevato livello di apoB può identificare un rischio aumentato quando il colesterolo totale o LDL sono normali (2, 3).

Elevati livelli ematici di proteina C-reattiva indicano instabilità e infiammazione della placca e possono rappresentare un fattore predittivo di rischio di eventi ischemici più significativo rispetto agli elevati livelli di LDL (4). Elevati livelli ematici di trigliceridi e di insulina (che riflettono una condizione di resistenza all'insulina) possono essere dei fattori di rischio, ma questi dati sono meno chiari. Il rischio di coronaropatia è anche aumentato da diete ricche di grassi e calorie e a scarso contenuto di sostanze fitochimiche (che si trovano nella frutta e nella verdura), fibre e vitamine C, D ed E; dalle diete relativamente povere di acidi grassi omega-3 (n-3) acidi grassi polinsaturi (polyunsaturated fatty acids, PUFA, almeno in alcuni soggetti); e da una cattiva gestione dello stress.

Riferimenti relativi ai fattori di rischio

  1. 1. Prescott E, Hippe M, Schnohr P, Hein HO, Vestbo J. Smoking and risk of myocardial infarction in women and men: longitudinal population study. BMJ 1998;316(7137):1043-1047. doi:10.1136/bmj.316.7137.1043

  2. 2. Sniderman AD, Thanassoulis G, Glavinovic T, et al. Apolipoprotein B Particles and Cardiovascular Disease: A Narrative Review. JAMA Cardiol 2019 Dec 1;4(12):1287-1295. doi: 10.1001/jamacardio.2019.3780

  3. 3. Wilkins JT, Li RC, Sniderman A, Chan C, Lloyd-Jones DM. Discordance Between Apolipoprotein B and LDL-Cholesterol in Young Adults Predicts Coronary Artery Calcification: The CARDIA Study. J Am Coll Cardiol 2016;67(2):193-201. doi:10.1016/j.jacc.2015.10.055

  4. 4. Ridker PM, Lei L, Louie MJ, et al. Inflammation and Cholesterol as Predictors of Cardiovascular Events Among 13 970 Contemporary High-Risk Patients With Statin Intolerance. Circulation 2024;149(1):28-35. doi:10.1161/CIRCULATIONAHA.123.066213

Anatomia delle arterie coronarie

Le arterie coronarie destra e sinistra originano dai seni coronarici destro e sinistro della radice dell'aorta appena sopra l'orifizio della valvola aortica (vedi figura Arterie del cuore). Le arterie coronarie si dividono in arterie di grande e medio calibro che decorrono lungo la superficie del cuore (arterie coronarie epicardiche) e che successivamente emettono nel miocardio arteriole più piccole.

L'arteria coronaria principale sinistra inizia come tronco comune e rapidamente si divide nell'arteria discendente anteriore sinistra, nell'arteria circonflessa, e talvolta in un'arteria intermedia (ramus intermedius). L'arteria discendente anteriore sinistra generalmente decorre nel solco interventricolare anteriore e, in alcuni soggetti, prosegue oltre l'apice. Questa arteria nutre il setto anteriore (compreso il sistema conduzione prossimale) e la parete libera anteriore del ventricolo sinistro. L'arteria circonflessa, che è in genere più piccola della discendente anteriore, vascolarizza la parete laterale del ventricolo sinistro.

L'arteria coronaria dominante si riferisce a quella che dà origine all'arteria discendente posteriore. La maggior parte delle persone ha una dominanza destra: la coronaria destra passa lungo il solco atrioventricolare sulla parte destra del cuore; essa nutre il nodo del seno (nel 55% dei soggetti), il ventricolo destro e generalmente il nodo atrioventricolare e la parete miocardica inferiore. Circa il 10-15% della popolazione ha una dominanza sinistra: l'arteria circonflessa è più grossa e prosegue lungo il versante posteriore del solco atrioventricolare per vascolarizzare la parete posteriore e il nodo atrioventricolare.

Arterie del cuore

Trattamento della coronaropatia

  • Terapia medica che comprende antiaggreganti, ipolipemizzanti (p. es., statine) e beta-bloccanti

  • Interventi coronarici percutanei

  • In caso di trombosi acuta, talvolta farmaci fibrinolitici

  • Intervento di bypass aorto-coronarico

Il trattamento mira in genere a ridurre il carico di lavoro cardiaco diminuendo la domanda di ossigeno e migliorando il flusso arterioso coronarico, e, nel lungo termine, arrestare e invertire il processo aterosclerotico. Il flusso sanguigno coronarico può essere migliorato da un intervento coronarico percutaneo o bypass aorto-coronarico. Una trombosi coronarica acuta può talvolta essere risolta da farmaci fibrinolitici.

Terapia medica

(Vedi anche Farmaci per le sindromi coronariche acute.)

La gestione medica dei pazienti con coronaropatia dipende dai sintomi, dalla funzione cardiaca e dalla presenza di altre patologie. La terapia raccomandata comprende

  • Antiaggreganti per prevenire la formazione di trombi

  • Statine per abbassare i livelli di colesterolo LDL

  • Beta-bloccanti per ridurre i sintomi dell'angina

Gli antiaggreganti piastrinici e le statine migliorano i risultati a breve e a lungo termine, probabilmente migliorando la stabilità della placca ateromatosa e la funzione endoteliale.

I beta-bloccanti riducono i sintomi dell'angina riducendo la frequenza e la contrattilità cardiache e riducendo la richiesta miocardica di ossigeno. I beta-bloccanti riducono anche la mortalità post-infarto, soprattutto in presenza di disfunzione ventricolare sinistra post-infarto del miocardio.

Anche i calcio-antagonisti sono utili. Essi sono spesso combinati con beta-bloccanti nella gestione dell'angina e dell'ipertensione, ma non è stato dimostrato che riducano la mortalità.

I nitrati dilatano le arterie coronarie e diminuiscono il ritorno venoso in modo modesto, riducendo il lavoro cardiaco e alleviando l'angina rapidamente. Formulazioni di nitrati ad azione prolungata aiutano a ridurre gli eventi anginosi, ma non diminuiscono la mortalità.

Gli ACE-inibitori e gli inibitori dei recettori dell'angiotensina II sono più efficaci nel ridurre la mortalità post-infarto del miocardio nei pazienti con coronaropatia con disfunzione ventricolare sinistra (1, 2).

Poche evidenze sono note per guidare la terapia per i pazienti con disfunzione endoteliale. Il trattamento è generalmente simile a quello per l'aterosclerosi dei grandi vasi, e alcune prove suggeriscono che i beta-bloccanti possano migliorare la funzione endoteliale (3).

Interventi coronarici percutanei

(Vedi anche Angioplastica coronarica percutanea.)

L'angioplastica percutanea è indicata per pazienti con sindrome coronarica acuta o con cardiopatia ischemica stabile con angina nonostante terapia medica ottimale.

Gli stent a eluizione di farmaci, che rilasciano un farmaco antiproliferativo (p. es., l'everolimus, lo zotarolimus) per un periodo di diverse settimane, hanno ridotto il tasso di restenosi a < 10% minore che con gli stent a metallo nudo (4). La maggior parte degli interventi coronarici percutanei è eseguita con stent, e la maggior parte degli stent utilizzati negli Stati Uniti è a rilascio di farmaci.

I pazienti che non hanno avuto un infarto o complicanze significativi possono tornare al lavoro e alle normali attività di solito entro pochi giorni dal posizionamento dello stent. Tuttavia, la riabilitazione cardiaca è raccomandata per tutti i pazienti.

La trombosi intra-stent si verifica a causa della trombogenicità intrinseca di stent metallici. La maggior parte dei casi si verifica entro le prime 24-48 h. Tuttavia, la trombosi tardiva dello stent, che si verifica dopo 30 giorni e anche 1 anno (raramente), si può verificare sia con gli stent a metallo nudo, sia con gli stent a eluizione di farmaci, soprattutto dopo l'interruzione della terapia antiaggregante. La progressiva endotelializzazione degli stent a metallo nudo si verifica entro i primi mesi e riduce il rischio di trombosi. Tuttavia, i farmaci antiproliferativi rilasciati dagli stent a eluizione di farmaci inibiscono questo processo e prolungano il rischio di trombosi. Pertanto, i pazienti che si sottopongono a posizionamento di stent, sono trattati con diversi antiaggreganti. L'attuale regime standard per i pazienti con stent a metallo nudo o a eluizione di farmaco comprende quanto segue (5):

  • Anticoagulazione intraprocedurale con eparina o un agente simile (p. es., bivalirudina, in particolare per quelli ad alto rischio di sanguinamento)

  • Aspirina prescritta indefinitamente

  • Clopidogrel, prasugrel o ticagrelor per almeno 3 mesi e fino a 12 mesi

I migliori risultati si ottengono quando i nuovi agenti antiaggreganti piastrinici (p. es., ticagrelor o clopidogrel) sono iniziati prima della procedura.

Gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa non sono utilizzati di routine in pazienti stabili (ossia, senza comorbilità, in assenza di sindrome coronarica acuta) sottoposti a posizionamento di stent elettivo. Essi possono essere utili in alcuni pazienti con sindrome coronarica acuta, ma il loro impiego non deve essere considerato di routine. Non è chiaro se sia utile somministrare inibitori della glicoproteina IIb/IIIa prima dell'arrivo in sala di emodinamica, ma la maggior parte delle organizzazioni nazionali non raccomanda il loro uso in questa situazione (5).

Una terapia con una statina viene avviata dopo l'inserimento dello stent, se non la si assume già perché l'intervento coronarico percutaneo da solo non cura o impedisce la progressione della coronaropatia. La terapia con statine ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza libera da eventi a lungo termine (6). I pazienti che sono in terapia con una statina prima della procedura hanno un minor rischio di infarto miocardico periprocedurale.

Complessivamente, i rischi di sottoporsi a un intervento coronarico percutaneo sono paragonabili a quelli del bypass aorto-coronarico. Il tasso complessivo di mortalità è < 1%, ma varia in base a fattori di rischio individuali e tende ad essere simile a quello del bypass aorto-coronarico; il tasso di infarto del miocardio con onda Q è < 1%. In < 1% dei pazienti, una dissezione intimale causa un'ostruzione che richiede un intervento di bypass aorto-coronarico. Il rischio di ictus legato agli interventi coronarici percutanei è inferiore a quello degli interventi di bypass aorto-coronarico. Una meta-analisi di 19 studi randomizzati ha riportato un rischio più elevato di ictus nei pazienti sottoposti a intervento di bypass aorto-coronarico (1,2%) rispetto all'intervento coronarico percutaneo (0,34%) a 30 giorni (7). Il rischio di sanguinamento è dell'1-2%.

Intervento di bypass aorto-coronarico

(Vedi anche Bypass aorto-coronarico.)

L'intervento di bypass aorto-coronarico utilizza arterie (p. es., mammaria interna, radiale) quando possibile e, se necessario, sezioni di vene autologhe (p. es., safena) per bypassare i segmenti malati delle arterie coronariche. A 1 anno, circa l'85% dei graft venosi è pervio, e a 5 anni di distanza, un terzo o più sono completamente bloccati. Tuttavia, a 10 anni di distanza, fino al 97% dei graft dell'arteria mammaria interna è pervio (8). Le arterie possono anche ipertrofizzarsi per far fronte all'incremento del flusso. L'intervento di bypass aorto-coronarico è superiore all'intervento coronarico percutaneo nei pazienti con diabete e nei pazienti con malattia multivasale suscettibili di impianto.

L'intervento di bypass aorto-coronarico è effettuato tipicamente in circolazione extracorporea con il cuore in arresto; una macchina bypass pompa e ossigena il sangue. I rischi della procedura comprendono l'ictus e l'infarto del miocardio. Per i pazienti con cuori non dilatati, con anamnesi negativa per infarto del miocardio, buona funzione ventricolare e nessun fattore di rischio aggiuntivo, il rischio peri-operatorio è < 5% per l'infarto del miocardio, dall'1 al 2% per l'ictus e la mortalità è 1%; il rischio aumenta con l'età, una funzione degradata del ventricolo sinistro, e con la presenza di comorbilità. Il tasso di mortalità intraoperatoria per un secondo bypass è da 3 a 5 volte superiore rispetto al primo.

Dopo la circolazione extracorporea, circa 25-30% dei pazienti sviluppa disfunzione cognitiva o cambiamenti comportamentali, probabilmente causati da microemboli che originano nella macchina per la circolazione extracorporea (9). I cambiamenti cognitivi o comportamentali sono più frequenti nei pazienti anziani, questo suggerisce che questi cambiamenti sono probabilmente secondari a una diminuita "riserva neuronale", che rende il paziente anziano più suscettibile a insulti minori che incorrono durante il bypass cardiopolmonare. Tali alterazioni variano da lievi a gravi e possono persistere per settimane o anni. Per minimizzare questo rischio, alcuni centri utilizzano una tecnica a "cuore battente" (bypass coronarico off-pump, che non usa circolazione extracorporea), in cui un dispositivo stabilizza meccanicamente la parte del cuore su cui si sta eseguendo l'intervento. Tuttavia, studi a lungo termine non sono riusciti a dimostrare i benefici duraturi di questo approccio rispetto al convenzionale bypass coronarico on-pump (con circolazione extracorporea durante l'intervento).

La coronaropatia può progredire nonostante l'intervento di bypass. Nel postoperatorio, il rischio di occlusione prossimale del vaso bypassato è aumentato. I bypass in vena si ostruiscono precocemente se si formano trombi e più tardi (molti anni) se l'aterosclerosi causa una lenta degenerazione dell'intima e della media. L'aspirina prolunga la pervietà dei graft venosi. La continuazione del fumo ha un effetto profondamente negativo sulla pervietà del bypass. Dopo l'intervento di bypass aorto-coronarico, la terapia con statina deve essere iniziata o proseguita alla dose massima tollerata.

Riferimenti relativi al trattamento

  1. 1. Indications for ACE inhibitors in the early treatment of acute myocardial infarction: systematic overview of individual data from 100,000 patients in randomized trials. ACE Inhibitor Myocardial Infarction Collaborative Group. Circulation 1998;97(22):2202-2212. doi:10.1161/01.cir.97.22.2202

  2. 2. Düsing R. Mega clinical trials which have shaped the RAS intervention clinical practice. Ther Adv Cardiovasc Dis 2016;10(3):133-150. doi:10.1177/1753944716644131

  3. 3. Peller M, Ozierański K, Balsam P, Grabowski M, Filipiak KJ, Opolski G. Influence of beta-blockers on endothelial function: A meta-analysis of randomized controlled trials. Cardiol J 2015;22(6):708-716. doi:10.5603/CJ.a2015.0042

  4. 4. Bønaa KH, Mannsverk J, Wiseth R, et al. Drug-Eluting or Bare-Metal Stents for Coronary Artery Disease. N Engl J Med 2016;375(13):1242-1252. doi:10.1056/NEJMoa1607991

  5. 5. Writing Committee Members, Lawton JS, Tamis-Holland JE, et al. 2021 ACC/AHA/SCAI Guideline for Coronary Artery Revascularization: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Joint Committee on Clinical Practice Guidelines [published correction appears in J Am Coll Cardiol 2022 Apr 19;79(15):1547]. J Am Coll Cardiol 2022;79(2):e21-e129. doi:10.1016/j.jacc.2021.09.006

  6. 6. Grundy SM, Stone NJ, Bailey AL, et al: 2018 AHA/ACC/AACVPR/AAPA/ABC/ACPM/ADA/AGS/APhA/ASPC/NLA/PCNA Guideline on the Management of Blood Cholesterol: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines [published correction appears in Circulation 2019 Jun 18;139(25):e1182-e1186] [published correction appears in Circulation 2023 Aug 15;148(7):e5]. Circulation 139(25):e1082–e1143, 2019. doi:10.1161/CIR.0000000000000625

  7. 7. Palmerini T, Biondi-Zoccai G, Reggiani LB, et al: Risk of stroke with coronary artery bypass graft surgery compared with percutaneous coronary intervention. J Am Coll Cardiol 60(9):798–805, 2012. doi:10.1016/j.jacc.2011.10.912

  8. 8. Hillis LD, Smith PK, Anderson JL, et al: 2011 ACCF/AHA Guideline for Coronary Artery Bypass Graft Surgery: a report of the American College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines [published correction appears in Circulation 2011 Dec 20;124(25):e957]. Circulation 124(23):e652–e735, 2011. doi:10.1161/CIR.0b013e31823c074e

  9. 9. Kulik A, Ruel M, Jneid H, et al: Secondary prevention after coronary artery bypass graft surgery: a scientific statement from the American Heart Association. Circulation 131(10):927–964, 2015. doi:10.1161/CIR.0000000000000182

Prevenzione della coronaropatia

L'American Heart Association (AHA) raccomanda l'utilizzo delle equazioni di valutazione del rischio di coorte globale per stimare la durata della vita e il rischio a 10 anni di una malattia cardiovascolare aterosclerotica. Il calcolatore di rischio è basato su sesso, età, razza, livelli di colesterolo totale e HDL, pressione arteriosa sistolica (e se la pressione arteriosa è in trattamento), diabete e abitudine al fumo (1).

La prevenzione della coronaropatia comporta la modifica dei fattori di rischio per aterosclerosi:

  • Cessazione del fumo

  • Perdita di peso

  • Dieta salutare

  • Attività fisica regolare

  • Modifica dei livelli di lipidi sierici

  • Riduzione del consumo di sale

  • Controllo dell'ipertensione

  • Controllo del diabete

Le raccomandazioni per gli antipertensivi variano. Negli Stati Uniti, per i pazienti a basso rischio (< 10% di rischio a 10 anni) di malattia cardiovascolare aterosclerotica, si raccomanda di assumere una terapia antipertensiva se la pressione arteriosa è > 130/80. Nei pazienti con coronaropatia o il cui rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica è > 10%, si raccomanda un trattamento antipertensivo per valori di pressione arteriosa > 130/80 mmHg (2).

La correzione dei livelli di lipidi sierici (in particolare con le statine) può rallentare o anche parzialmente migliorare l'evoluzione della coronaropatia. Gli obiettivi del trattamento sono stati modificati. Invece di cercare di raggiungere livelli specifici di colesterolo a bassa densità lipoproteica (LDL), i pazienti vengono selezionati per il trattamento in base al loro rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica. I pazienti a basso rischio con livelli elevati di LDL possono non richiedere il trattamento con statine. Sono stati identificati quattro gruppi di pazienti ad alto rischio in cui il beneficio della terapia con statine supera il rischio di eventi avversi:

  • Pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica clinica

  • Pazienti con colesterolo LDL ≥ 190 mg/dL (≥ 4,9 mmol/L)

  • Pazienti di età compresa tra i 40 e i 75 anni con diabete e livelli di colesterolo LDL 70-189 mg/dL (da 1,8 a 4,9 mmol/L)

  • Pazienti di età compresa tra i 40 e i 75 anni senza diabete e livelli di colesterolo LDL che vanno da 70 a 189 mg/dL (da 1,8 a 4,9 mmol/L) e con rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica > 7,5%

L'acido nicotinico o i fibrati possono essere aggiunti per i pazienti con un livello di lipoproteine ad alta densità del colesterolo (HDL) < 40 mg/dL (< 1,03 mmol/L), anche se diversi studi non sono riusciti a dimostrare un minore rischio di ischemia o un rallentamento nella progressione dell'aterosclerosi quando vengono utilizzati farmaci per aumentare l'HDL (3).

L'aspirina non è raccomandata per la prevenzione primaria della coronaropatia nei pazienti 60 anni (4). Può essere presa in considerazione per i pazienti di età compresa tra 40 e 59 anni il cui rischio di malattia cardiovascolare a 10 anni supera il 10%, ma il beneficio assoluto è probabilmente piccolo.

Riferimento relativo alla prevenzione

  1. 1. Arnett DK, Blumenthal RS, Albert MA, et al: 2019 ACC/AHA Guideline on the Primary Prevention of Cardiovascular Disease: Executive Summary: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines. J Am Coll Cardiol 74:1376–1414, 2019. doi: 10.1016/j.jacc.2019.03.009

  2. 2. Whelton PB, Carey RM, Aronow WS, et al: ACC/AHA/AAPA/ABC/ACPM/AGS/APhA/ASH/ASPC/NMA/PCNA Guideline for the prevention, detection, evaluation, and management of high blood pressure in adults: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines. J Am Coll Cardiol 71:e127–e248, 2018. doi: 10.1161/HYP.0000000000000066

  3. 3. AIM-HIGH Investigators, Boden WE, Probstfield JL, Anderson T, et al: Niacin in patients with low HDL cholesterol levels receiving intensive statin therapy. N Engl J Med 365(24): 2255–2267, 2011. doi: 10.1056/NEJMoa1107579

  4. 4. US Preventive Services Task Force, Davidson KW, Barry MJ, et al: Aspirin Use to Prevent Cardiovascular Disease: US Preventive Services Task Force Recommendation Statement. JAMA 327(16):1577–1584, 2022. doi:10.1001/jama.2022.4983

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