Tumore della prostata

DiThenappan Chandrasekar, MD, University of California, Davis
Revisionato/Rivisto nov 2023
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I fatti in Breve

Il tumore prostatico inizia nella prostata, un organo presente solo negli uomini.

  • Il rischio di tumore della prostata aumenta con l’aumentare dell’età.

  • I sintomi, come difficoltà durante la minzione, necessità di urinare frequentemente e urgenza, sangue nelle urine si manifestano generalmente solo dopo un avanzamento del cancro.

  • Il tumore può diffondersi, generalmente alle ossa e ai linfonodi.

  • Negli uomini che non presentano sintomi il medico può effettuare un’esplorazione digito-rettale, inserendo un dito guantato nel retto per esaminare la prostata, e un esame del sangue (PSA) per verificare la presenza di tumore della prostata.

  • Se si sospetta un tumore, vengono effettuati esami di diagnostica per immagini e una biopsia del tessuto prostatico.

  • Il trattamento può prevedere la sorveglianza attiva, l’asportazione della ghiandola prostatica, la radioterapia oppure la terapia ormonale o a base di farmaci più recenti per rallentare la crescita del tumore.

Negli Stati Uniti, il tumore della prostata è il tumore maschile più frequente e rappresenta una delle cause più comuni di decesso per cancro nell’uomo. Ogni anno vengono diagnosticati oltre 288.300 nuovi casi e circa 34.700 uomini muoiono a causa del tumore della prostata (stime del 2023). La probabilità di sviluppare questo tipo di tumore aumenta con l’età ed è maggiore negli

  • Uomini di colore, in particolare quelli caraibici

  • Uomini con parenti stretti che abbiano contratto la malattia

  • Uomini che abbiano parenti con altri tipi di tumore, come ad esempio carcinoma mammario o tumore dell’ovaio

Il tumore della prostata si sviluppa di solito molto lentamente e i sintomi possono comparire dopo decenni. Inoltre, poiché è particolarmente presente negli uomini anziani, la percentuale di uomini con tumore della prostata è molto maggiore rispetto ai decessi per tale causa. Molti uomini affetti da tumore della prostata muoiono per altri motivi, senza mai venire a conoscenza della presenza del tumore. Alcuni tumori della prostata, tuttavia, si sviluppano rapidamente o si diffondono al di fuori della prostata.

Non si conosce la causa di questo tumore.

Sintomi del tumore della prostata

Il tumore della prostata di solito non causa sintomi finché non raggiunge uno stadio avanzato. Talvolta, compaiono sintomi simili a quelli dell’iperplasia prostatica benigna (IPB) con minzione difficoltosa, urgenza o frequenza minzionale. Tuttavia, tali sintomi non si manifestano finché il tumore non diventa talmente grande da comprimere l’uretra e bloccare parzialmente il flusso di urina. Successivamente, il tumore della prostata può causare la comparsa di sangue nelle urine o un’improvvisa difficoltà nella minzione.

In alcuni soggetti, i sintomi del tumore della prostata si sviluppano solo dopo che questo si è diffuso (metastatizzato). Le aree più comunemente affette dalla diffusione del cancro sono le ossa (in genere il bacino, le costole o le vertebre). Le metastasi ossee tendono ad essere dolorose e possono indebolire l’osso, tanto da facilitarne la frattura. Le metastasi spinali arrivano alle ossa della colonna vertebrale (vertebre) e al midollo spinale, e possono causare dolore, intorpidimento, debolezza o incontinenza urinaria. La diffusione del cancro causa solitamente anemia.

Sapevate che...

  • Molti uomini affetti da tumore della prostata muoiono per altri motivi, senza mai venire a conoscenza della presenza del cancro.

  • Alcuni tumori della prostata hanno una crescita talmente lenta da non richiedere un trattamento. Altri sono aggressivi, crescendo e diffondendosi velocemente. Il medico non è sempre in grado di riconoscere i tumori della prostata aggressivi.

Diagnosi di tumore della prostata

  • Esami del sangue di screening (con o senza esplorazione rettale digitale [ERD])

  • Biopsia

  • Esami di diagnostica per immagini

Si può sospettare un tumore della prostata in base ai sintomi, ai risultati dell’ERD e ai risultati degli esami del sangue di screening. L’esame del sangue di screening utilizzato più comunemente è la misurazione dei livelli di antigene prostatico specifico (prostate-scpecific antigen, PSA). Il PSA è una sostanza prodotta solo dal tessuto della ghiandola prostatica.

Per alcuni uomini i medici raccomandano una RMI focalizzata sulla prostata, per ottenere immagini dettagliate che potrebbero indicare un tumore più aggressivo. Il radiologo che legge la RMI identifica le zone anomale, aiutando i medici a scegliere le parti da sottoporre a biopsia (la RMI non elimina la necessità di una biopsia).

Se i risultati di questi esami suggeriscono la presenza di un tumore, di solito si esegue un’ecografia. Negli uomini con tumore della prostata, l’ecografia può anche non rivelare la presenza del tumore, ma viene utilizzata per guidare la biopsia della prostata.

Se i risultati di un’esplorazione digito-rettale o il test del PSA sono indicativi di tumore della prostata, vengono prelevati e analizzati campioni di tessuto prostatico (biopsia). Quando si esegue una biopsia, il medico di solito ottiene prima delle immagini della prostata inserendo una sonda a ultrasuoni (trasduttore) nel retto (ecografia transrettale). Il campione bioptico può essere prelevato attraverso la sonda rettale o attraverso la cute tra il retto e lo scroto (per via transperineale). In genere, vengono prelevati da 10 a 12 campioni dalla prostata. Il prelievo di vari campioni aumenta le probabilità di trovare un tumore piccolo. Questa procedura dura circa 20 minuti e viene solitamente eseguita in anestesia locale.

Se nel campione bioptico viene individuato un tumore, la determinazione del grado istologico e la stadiazione del tessuto aiutano il medico a stabilire il probabile decorso e il trattamento migliore per il tumore.

Grado istologico

Il sistema del grado di differenziazione di Gleason è il modo più comune per valutare il tumore della prostata (precedentemente è stato utilizzato il sistema del punteggio di Gleason). Sulla base dei reperti microscopici dei tessuti bioptici, il tumore viene classificato con un punteggio assegnato in base alla differenziazione delle cellule. L’attuale versione di questo sistema di punteggio assegna a ciascun tumore un grado compreso tra 1 e 5, mentre il vecchio sistema del punteggio di Gleason assegnava un punteggio compreso tra 6 e 10. Quanto più alto è il punteggio (grado elevato), tanto più elevata è l’aggressività del tumore e la probabilità di diffusione.

Gruppo di grado di Gleason 1 = punteggio di Gleason 6 (3+3)

Gruppo di grado di Gleason 2 = punteggio di Gleason 7 (3+4)

Gruppo di grado di Gleason 3 = punteggio di Gleason 7 (4+3)

Gruppo di grado di Gleason 4 = punteggio di Gleason 8

Gruppo di grado di Gleason 5 = punteggio di Gleason 9 e 10

Grado di Gleason, livello di PSA e stadio clinico insieme predicono la prognosi meglio di uno solo dei singoli parametri e aiutano a prendere le decisioni terapeutiche appropriate.

Stadiazione

La stadiazione dei tumori della prostata viene stabilita in base a tre criteri:

  • Estensione della malattia all’interno della prostata

  • Eventuale diffusione del tumore ai linfonodi in aree prossime alla prostata

  • Eventuale diffusione del tumore alle ossa o ad altri organi lontani dalla prostata (tumore metastatico)

Spesso si eseguono esami per stadiare il cancro anche dopo la sua diagnosi. Tuttavia, questi esami possono non essere necessari se la probabilità di diffusione al di fuori della prostata è estremamente bassa. La probabilità di diffusione è bassa se il tumore ha un grado di differenziazione 2 o inferiore, il livello di PSA è inferiore a 10 ng/ml (10 mcg/l) e il tumore non è penetrato all’interno della superficie ghiandolare. I risultati di esplorazione digito-rettale, ecografia e biopsia mostrano l’entità di diffusione del tumore all’interno della prostata.

Se la probabilità di diffusione è elevata, il medico di norma esegue una tomografia computerizzata (TC) o una risonanza magnetica per immagini (RMI) dell’addome e della pelvi. Talvolta la RMI della prostata viene eseguita inserendo uno speciale dispositivo elicoidale nel retto. La scintigrafia ossea, di medicina nucleare (nuclear medicine, NM), può essere eseguita in soggetti con dolore alle ossa o con un antigene prostatico specifico (PSA) molto elevato o con un grado di differenziazione di Gleason elevato.

Se si sospetta una diffusione al cervello o al midollo spinale, si esegue una TC o una RMI di questi organi.

Screening del tumore della prostata

Poiché il tumore della prostata è diffuso e talvolta fatale e poiché può essere asintomatico fino alla malattia avanzata, molti medici propongono di effettuare test di screening nei soggetti asintomatici.

Per lo screening del tumore prostatico il medico esegue un’esplorazione rettale digitale (ERD) e un esame del sangue per misurare il livello di antigene prostatico specifico (PSA). Se la ghiandola prostatica risulta dura, con rigonfiamenti irregolari o viene rilevata una massa o se il livello di PSA è elevato, è più probabile la presenza di tumore della prostata. I livelli di PSA possono essere tuttavia fuorvianti poiché possono risultare normali in presenza di tumore della prostata ed elevati per ragioni diverse dal tumore. Di norma, i livelli di PSA aumentano con l’età e in presenza di disturbi quali iperplasia prostatica benigna e prostatite.

Lo screening offre il vantaggio di poter rilevare tumori aggressivi precocemente, quando ancora possono essere curati. Tuttavia, gli esperti non sono d’accordo riguardo a se e quando lo screening sia utile per una serie di motivi:

  • I test di screening possono essere positivi in molti uomini che non hanno un tumore.

  • Alcuni tumori della prostata hanno una crescita talmente lenta da non richiedere un trattamento.

  • Raramente, il test per PSA standard può non rilevare alcuni tumori più aggressivi.

Si valuta lo screening con esame del sangue per PSA per tutti gli uomini di oltre 50 anni e per alcuni soggetti più giovani che presentano fattori di rischio, come essere di colore o avere un’anamnesi familiare di tumore della prostata. I benefici dello screening possono diminuire con l’avanzare dell’età. Le raccomandazioni della United States Preventive Services Task Force indicano che gli uomini di età compresa tra i 55 e i 69 anni (ma non quelli di età pari o superiore a 70 anni) devono discutere con il proprio medico i vantaggi e i rischi dello screening con esame del sangue per PSA.

Lo screening può consentire di individuare tumori che probabilmente non sarebbero dannosi o letali persino se non venissero mai diagnosticati. In tali tipi di tumore, gli effetti collaterali associati al trattamento (ad esempio disfunzione erettile o incontinenza urinaria) possono provocare più danni di un tumore non curato. A tutti gli uomini in cui l’esame bioptico ha indicato la presenza di tumore è stato storicamente raccomandato di sottoporsi a trattamento, poiché non è sempre possibile stabilire con certezza precocemente quali tumori saranno aggressivi (ad esempio i tumori con un grado di differenziazione di Gleason basso e che interessano solo una piccola porzione della prostata). Pertanto, sono stati trattati per tumore della prostata molti più uomini rispetto a quelli che sarebbero deceduti o avrebbero avuto gravi complicanze a causa del cancro. Di conseguenza, molti soggetti trattati non hanno tratto benefici, pur continuando ad essere a rischio di sviluppare effetti collaterali. Tuttavia, più di recente, quando la comprensione del tumore della prostata è migliorata, i medici offrono ad alcuni uomini con biopsia positiva l’opzione di un attento monitoraggio (sorveglianza attiva), ritardando il trattamento fino a quando i risultati dei controlli e degli esami periodici non indichino la necessità del trattamento (ad esempio, il tumore sta aumentando di dimensioni o sta diventando più aggressivo).

Poiché non è ancora chiaro quale sia la tipologia di intervento migliore e dato che i pazienti possono avere valori e preferenze diversi, i rischi e i benefici dello screening, della biopsia e del trattamento vanno valutati assieme al medico. Per esempio, dovrebbero sottoporsi a screening i soggetti che preferiscono rischiare di incorrere in probabili effetti collaterali associati al trattamento piuttosto che anche solo in un minimo rischio di morte causato dal tumore della prostata. Coloro i quali, invece, non intendono rischiare gli effetti collaterali del trattamento, a meno che non sia assolutamente necessario, possono decidere di non effettuare lo screening.

Trattamento del tumore della prostata

  • Intervento chirurgico

  • Radioterapia

  • Terapia ormonale

  • Sorveglianza attiva senza trattamento (ad esempio per gli uomini con tumori a basso rischio)

Può risultare difficile scegliere fra le diverse opzioni di trattamento. Poiché gli studi non hanno confrontato direttamente i vari trattamenti tra loro, non è chiaro quale sia il trattamento più efficace. Inoltre, per alcuni uomini non è chiaro se il trattamento produrrà un prolungamento della sopravvivenza. Tra questi vi sono quelli la cui aspettativa di vita non è molto lunga (sia perché sono anziani sia perché affetti da problemi di salute gravi) e quelli con bassi livelli di antigene prostatico specifico (PSA) con tumori di basso grado confinati alla prostata. Spesso gli uomini con un’aspettativa di vita non molto lunga decidono soppesando il proprio grado di disagio derivante dalla convivenza con il cancro contro gli eventuali effetti collaterali associati al trattamento. Anche gli uomini con PSA basso e un tumore di basso grado confinato alla prostata devono soppesare i benefici del trattamento di un tumore che potrebbe non danneggiarli contro i possibili effetti collaterali del trattamento. Per esempio, la radioterapia e la terapia ormonale sono spesso causa di incontinenza, disfunzione erettile (impotenza) e altri problemi. Per tutti questi motivi, le preferenze del paziente vengono tenute in maggiore considerazione nel valutare un trattamento per il tumore della prostata, rispetto a quanto avvenga nella scelta del trattamento di molte altre patologie.

Strategie terapeutiche

Il trattamento del tumore della prostata di solito prevede una di tre strategie, in base all’aggressività del tumore e a quanto si è diffuso:

  • Sorveglianza attiva

  • Trattamento curativo

  • Trattamento palliativo

Sorveglianza attiva significa che il medico non somministra trattamenti finché il tumore progredisce o muta. Il vantaggio offerto da questa strategia è rappresentato dall’evitare o posporre i potenziali effetti collaterali associati al trattamento. La sorveglianza attiva deve essere valutata per tutti gli uomini con un tumore che difficilmente si diffonderà o causerà sintomi. Ad esempio, la maggior parte dei tumori confinati a una piccola zona all’interno della prostata e appartenenti a un gruppo di grado di Gleason basso cresce molto lentamente. Di conseguenza, i soggetti anziani, in particolare quelli con altre patologie gravi, hanno molte più probabilità di morire per altre cause prima che il tumore diventi terminale o sintomatico. Nei soggetti più giovani, in particolare in quelli sani, anche un tumore a crescita lenta può causare problemi. In questi uomini la sorveglianza attiva può essere meno preferibile, ma deve comunque essere presa in considerazione. Durante il periodo di sorveglianza attiva, il medico si informa periodicamente dei sintomi, misura il livello di PSA, esegue l’esplorazione rettale e ripete le biopsie (con o senza guida della RMI) per stabilire se il tumore sta diventando sintomatico, cresce rapidamente o si sta diffondendo. Se da questo esame risulta una crescita o una diffusione del tumore, il medico propone un trattamento curativo o palliativo.

Il trattamento curativo mira a rimuovere o eliminare la totalità del tumore e include

  • Intervento chirurgico

  • Radioterapia

  • Più raramente, crioterapia (terapia del freddo) e ultrasuoni ad alta frequenza

Il trattamento risolutivo (definitivo) è un’opzione comune nei soggetti di sesso maschile con un tumore confinato alla prostata che può causare sintomi gravi o portare alla morte. Tali tumori includono quelli a crescita rapida così come alcuni tumori di piccole dimensioni a crescita lenta nei soggetti con una sopravvivenza piuttosto prolungata (forse almeno 10-15 anni). Si tratta principalmente di uomini sani, giovani (in particolare con meno di 60 anni) o entrambi. Il trattamento curativo non è prescelto se il tumore si è diffuso molto, ma può essere utile in alcuni soggetti il cui tumore si è diffuso nell’area proprio adiacente alla prostata. Tali tumori possono causare sintomi entro un periodo di tempo relativamente breve. Tuttavia, il trattamento risolutivo ha buone possibilità di risultare efficace solo nei soggetti con tumori ancora confinati alle aree adiacenti alla prostata. La terapia risolutiva può prolungare la vita e ridurre o eliminare gravi sintomi causati da alcuni tumori. Anche se in misura minore, anche i trattamenti di ultima generazione possono causare effetti collaterali e ridurre la qualità della vita. Tra questi vi sono, ad esempio, la disfunzione erettile e, più raramente, l’incontinenza urinaria (in particolare secondaria a chirurgia) e dolore o sanguinamento durante la defecazione e irritazione o sanguinamento alla minzione (come conseguenza della radioterapia).

La terapia palliativa mira a trattare i sintomi più che il tumore stesso. I trattamenti palliativi includono

  • Terapia ormonale

  • Chemioterapia

  • Radioterapia

La terapia palliativa è adatta in particolare ai soggetti con tumore della prostata diffuso e non curabile. Lo sviluppo e la diffusione di tali tumori possono di solito essere rallentati o temporaneamente invertiti, con un miglioramento dei sintomi. Oltre a cercare di rallentare lo sviluppo e la diffusione del tumore, il medico può cercare di alleviare i sintomi associati agli effetti collaterali in altri organi e tessuti (come le ossa). Dal momento, però, che questi trattamenti non curano il cancro, i sintomi alla fine peggiorano. La morte pone termine alla malattia.

Intervento chirurgico

L’asportazione chirurgica della prostata (prostatectomia) è utile quando il tumore è confinato alla prostata. Generalmente, la prostatectomia non viene effettuata qualora i test di stadiazione mostrino una diffusione del tumore. Questa procedura è molto efficace per il trattamento di tumori di basso grado a lento sviluppo, ma risulta meno risolutiva in tumori di grado elevato e veloci. Con tali tumori la probabilità di diffusione è maggiore, anche se questa non può essere rilevata mediante i test di stadiazione effettuati al momento della diagnosi.

La prostatectomia è una procedura che richiede un’anestesia generale o spinale, un ricovero ospedaliero di un giorno e un’incisione chirurgica. Dopo l’intervento verrà lasciato un catetere nel pene per una settimana o due, fino alla guarigione del collegamento tra vescica e uretra. I medici non somministrano una chemioterapia o una terapia ormonale di routine prima o dopo l’intervento chirurgico. Negli uomini con tumore della prostata che risulta aggressivo (di alto grado, in rapida crescita) al momento dell’intervento chirurgico e con aumento del PSA, si valuta la radioterapia (con la terapia ormonale) dopo l’intervento.

La prostatectomia può portare a disfunzione erettile permanente e a incontinenza urinaria. La disfunzione erettile può verificarsi poiché i nervi penieni che controllano l’erezione attraversano la prostata e possono danneggiarsi durante l’intervento. L’incontinenza può derivare dalla rimozione di parte dello sfintere che chiude l’apertura all’estremità della vescica. Tuttavia, la maggior parte degli uomini recupera la continenza entro 6 mesi dalla prostatectomia. Il recupero della funzione erettile è più variabile, dipende in parte dalla funzione erettile prima dell’intervento chirurgico, dall’aggressività del tumore della prostata e dalla tecnica chirurgica.

La prostatectomia prevede una tecnica radicale a cielo aperto e una laparoscopica o robotica. Nella prostatectomia radicale a cielo aperto vengono rimosse l’intera prostata, le vescicole seminali e parte dei dotti deferenti mediante incisione nella parte bassa dell’addome o, raramente, nella zona compresa tra scroto e ano. Potrebbero anche essere rimossi i linfonodi per controllare l’eventuale presenza di tumori. Nella prostatectomia radicale laparoscopica o robot assistita vengono asportate le stesse strutture, ma l’intervento avviene attraverso incisioni più piccole che determinano minore dolore e minore perdita di sangue in fase post-operatoria e, solitamente, un recupero più rapido.

La prostatectomia radicale, indipendentemente dalla tecnica prescelta, è l’intervento d’elezione per la cura del tumore della prostata. Più del 90% dei soggetti con tumore confinato alla prostata vive almeno 10 anni dopo prostatectomia radicale. I soggetti che traggono maggiore beneficio dalla prostatectomia radicale sono i giovani, che hanno un’aspettativa di vita pari ad almeno 10-15 anni. Nel 10% degli uomini, tuttavia, questa procedura causa perdita di urina. L’incontinenza temporanea si sviluppa nella maggior parte dei soggetti e può persistere per diversi mesi. L’incontinenza è meno frequente nei soggetti più giovani.

La maggior parte dei soggetti sottoposti a prostatectomia radicale sviluppa un certo grado di disfunzione erettile, in particolare quelli che avevano difficoltà di erezione prima dell’intervento. Generalmente la prostatectomia può essere eseguita in modo da conservare alcuni dei nervi necessari all’erezione (la cosiddetta prostatectomia radicale con risparmio dei nervi). Questa non può essere adottata per trattare un tumore che si è diffuso ai nervi e ai vasi sanguigni della prostata. La prostatectomia radicale con risparmio dei nervi provoca raramente una disfunzione erettile rispetto a quella senza risparmio dei nervi. La maggior parte degli uomini riceve una diagnosi precoce, consentendo così l’impiego della prostatectomia radicale con risparmio dei nervi.

L’ostruzione del flusso urinario provocato dal restringimento di parte della vescica o dalla presenza di cicatrici uretrali (stenosi uretrale) si presenta negli uomini con una percentuale compresa tra il 7% e il 20%. L’ostruzione può, di solito, essere facilmente trattata (vedere Ostruzione delle vie urinarie: trattamento).

Radioterapia

La radioterapia può essere risolutiva nei tumori che sono confinati alla prostata e in quelli che hanno invaso i tessuti che circondano la prostata. Sebbene la radioterapia non possa curare i tumori che si sono diffusi in organi distanti, può contribuire ad alleviare il dolore risultante dalla diffusione del tumore alle ossa.

Talvolta, dopo il trattamento chirurgico viene somministrata la radioterapia per trattare le zone attorno alla prostata o nel caso sia presente PSA nel sangue dopo l’intervento chirurgico. La presenza di PSA nel sangue dopo l’intervento chirurgico suggerisce che non è stato asportato tutto il tumore.

Per molti stadi di tumore della prostata, i tassi di sopravvivenza a 10 anni dopo radioterapia sono simili a quelli raggiunti con l’intervento. Più del 90% dei soggetti con tumore confinato alla prostata vive almeno 10 anni dopo la radioterapia. La radioterapia può essere somministrata sotto forma di

  • Radioterapia a fasci esterni (per il trattamento di tumori interni alla ghiandola prostatica o del tumore della prostata diffusosi alle ossa)

  • Impianti radioattivi (per il trattamento di tumori a basso rischio confinati alla prostata ma non per il tumore della prostata diffusosi alle ossa)

  • Radio-223 (un agente somministrato per via endovenosa usato per trattare il tumore della prostata diffusosi alle ossa, ma non per i tumori interni alla ghiandola prostatica)

Nella radioterapia a fasci esterni viene utilizzata un’apparecchiatura che invia fasci di radiazioni diretti alla prostata e ai tessuti circostanti. La tomografia computerizzata (TC) viene spesso utilizzata per centrare con maggiore precisione il fascio di radiazioni sul tumore, identificando accuratamente le strutture interessate. Questo approccio è noto come radioterapia conformazionale tridimensionale. I trattamenti vengono di solito eseguiti 5 giorni alla settimana per 7-8 settimane. Sebbene una disfunzione erettile possa insorgere nel 40% dei soggetti, questa si manifesta nel periodo immediatamente successivo alla radioterapia più raramente rispetto a quanto avvenga dopo la prostatectomia. Dopo mesi o anni, tuttavia, la disfunzione erettile post-radioterapia sembra essere probabile tanto quanto quella che insorge dopo prostatectomia. L’incontinenza si verifica raramente dopo radioterapia conformazionale tridimensionale. La IMRT (radioterapia a intensità modulata [intensity-modulated radiation therapy]) e la SBRT (radioterapia stereotassica [stereotactic body radiation therapy]) rappresentano delle modifiche della radioterapia standard. Talvolta, per i tumori più aggressivi, il medico può somministrare una terapia ormonale per un massimo di 2 o 3 anni in aggiunta alla radioterapia.

In circa il 5-10% degli uomini trattati con radioterapia esterna si sviluppano cicatrici che restringono l’uretra e impediscono il flusso dell’urina (stenosi dell’uretra). Altri effetti collaterali fastidiosi, ma solitamente temporanei, comprendono bruciore durante la minzione, necessità di urinare frequentemente, sangue nelle urine, diarrea talvolta sanguinolenta, proctite da radiazioni (che solitamente causa irritazione del retto e diarrea) e improvvisa urgenza di defecare. Raramente, la radioterapia determina lo sviluppo di tumori negli organi circostanti (vescica, retto).

Una forma alternativa di radioterapia a fasci esterni è la terapia a fasci di protoni, che utilizza una forma diversa di radiazione per raggiungere in modo più mirato le cellule tumorali, evitando le cellule sane. È stato dimostrato che la terapia a fasci di protoni è benefica per altri tipi di tumore, ma non è chiaro se abbia meno effetti collaterali nel tumore della prostata rispetto alla radioterapia standard a fasci esterni.

I recenti progressi nella radioterapia del tumore della prostata includono

  • Posizionamento di marcatori intorno alla prostata per migliorare il puntamento

  • Posizionamento, mediante un ago transrettale, di distanziatori di idrogel nel retto per ridurre gli effetti tossici delle radiazioni (i distanziatori di idrogel col tempo si degradano e vengono riassorbiti nei tessuti)

  • Ripartizione delle dosi di radiazioni elevate nel tempo con somministrazione in un periodo di tempo più breve (meno giorni o settimane) rispetto alla radioterapia tradizionale

Gli impianti radioattivi possono essere inseriti nella prostata (brachiterapia). Si tratta di dispositivi piccoli, simili a semi composti da materiale radioattivo. Gli impianti vengono iniettati nella ghiandola prostatica attraverso la zona compresa tra scroto e ano, sotto guida ecografica o TC. La brachiterapia può essere eseguita in meno di 2 ore, non richiede ripetute sedute per i trattamenti e può essere utilizzata in anestesia spinale. La brachiterapia è in grado di erogare elevate quantità di radiazioni alla prostata, risparmiando i tessuti sani circostanti con minori effetti collaterali. Tuttavia, la brachiterapia può causare delle stenosi uretrali fino al 10% dei soggetti. La radioattività dei semi diminuisce nel tempo. I semi vengono successivamente escreti nell’urina. I soggetti con tali impianti devono evitare contatti diretti con donne in gravidanza e bambini piccoli per un periodo di tempo dopo la procedura, in quanto la radioattività può danneggiare il feto o i bambini piccoli. I tassi di guarigione a 10-15 anni dopo brachiterapia sono simili a quelli ottenuti con altri trattamenti in alcuni soggetti. Talvolta viene raccomandato il trattamento combinato con brachiterapia e radiazioni esterne nei casi più aggressivi. In alcuni centri, sono disponibili degli impianti di brachiterapia temporanea (che richiedono il ricovero ospedaliero per una notte).

Il radio-223 è un farmaco somministrato per via endovenosa che emette un tipo particolare di radiazioni (radiazioni alfa). Diversamente dalla radiazione a fasci e dalla brachiterapia, le radiazioni in questo caso non sono dirette a un bersaglio in particolare. Il radio-223 viene utilizzato nelle metastasi ossee del tumore della prostata e non nel trattamento del tumore stesso. Una volta nel sangue, il radio-223 ricerca le regioni ossee interessate dal tumore della prostata e contribuisce all’eliminazione delle cellule tumorali. Poiché mira al tessuto osseo e non diffonde radiazioni (come la radioterapia a fasci o i semi), potrebbe risparmiare i tessuti circostanti dal danno radiante.

Gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (high-intensity focused ultrasound, HIFU) utilizzano degli ultrasuoni ad alta intensità somministrati attraverso una sonda inserita nel retto per distruggere il tessuto prostatico. Sono utilizzati già da molti anni in Europa e in Canada e recentemente sono diventati maggiormente disponibili negli Stati Uniti. Il ruolo di questa tecnologia nella gestione del tumore prostatico è ancora in evoluzione. Gli HIFU sono più adatti per il trattamento del tumore della prostata che recidiva dopo il trattamento chirurgico e dei tumori a basso rischio nei quali i singoli tumori possono essere trattati con la terapia focale (una tecnica guidata dalla diagnostica per immagini per distruggere direttamente il tessuto canceroso con laser o elettricità).

Crioterapia

La crioterapia è la distruzione delle cellule del tumore prostatico mediante il congelamento, che si ottiene usando una sonda criogenica che eroga gas argon al tessuto canceroso, seguito dallo scongelamento. La crioterapia non è la terapia di prima scelta negli Stati Uniti, ma può essere utilizzata se la radioterapia non ha successo. Gli effetti collaterali della procedura includono ostruzione del flusso urinario dalla vescica (ostruzione del collo della vescica),incontinenza urinaria,disfunzione erettile e dolore o lesione rettale.

Terapia ormonale

Poiché lo sviluppo e la diffusione della maggior parte dei tumori della prostata sono legati alla presenza di testosterone, i trattamenti che bloccano gli effetti di questo ormone (terapia ormonale) possono rallentare la progressione dei tumori. La terapia ormonale viene comunemente usata per ritardare la diffusione di una recidiva successiva a intervento chirurgico o radioterapia o per trattare il tumore della prostata diffuso (metastatico). La terapia ormonale viene talvolta combinata con altri trattamenti, come la radioterapia. La terapia ormonale non è di per sé curativa, ma può prolungare la vita e ridurre i sintomi. Alla fine, tuttavia, la terapia ormonale perde di efficacia e la malattia avanza.

I farmaci a base di ormoni utilizzati per trattare il tumore della prostata negli Stati Uniti comprendono leuprolide, goserelin, triptorelin, buserelin, istrelina, degarelix e relugolix, che impediscono all’ipofisi di stimolare la produzione di testosterone nei testicoli. Fatta eccezione per relugolix (somministrato per via orale), questi farmaci vengono somministrati come iniezione in un ambulatorio medico ogni 1, 3, 4 o 12 mesi, di solito per tutta la vita. In alcuni uomini questo trattamento è possibile solo per uno o due anni ed può eventualmente essere ripreso successivamente.

Si possono utilizzare anche farmaci che bloccano gli effetti del testosterone (come flutamide, bicalutamide e nilutamide). Questi farmaci si assumono per via orale ogni giorno.

Gli effetti collaterali della terapia ormonale possono includere vampate di calore, osteoporosi, perdita di energia, riduzione della massa muscolare, ristagno di liquidi corporei, riduzione della libido, riduzione dei peli, disfunzione erettile e ingrossamento mammario (ginecomastia).

La forma più obsoleta di terapia ormonale prevede l’asportazione dei due testicoli (orchiectomia bilaterale). Gli effetti dell’orchiectomia bilaterale sui livelli di testosterone sono equivalenti a quelli ottenuti con leuprolide, goserelin, buserelin e farmaci simili. A causa degli effetti fisici e psicologici dell’orchiectomia bilaterale e di altre terapie ormonali, questa terapia è accettata con difficoltà da alcuni pazienti.

Praticare attività fisica, assumere integratori di vitamina D e di calcio, smettere di fumare ed evitare un consumo eccessivo di alcol sono misure consigliate agli uomini sottoposti a terapia ormonale per contribuire a minimizzare i sintomi.

Nei soggetti con tumore della prostata metastatico, la terapia ormonale può risultare inefficace dopo qualche anno. Se il tumore progredisce nonostante la terapia ormonale, l’aspettativa di vita del soggetto è solo di qualche anno.

Altri farmaci

Il tumore che non risponde alla terapia ormonale volta a ridurre significativamente i livelli di testosterone è chiamato tumore della prostata ormonorefrattario (castrate-resistant prostate cancer, CRPC).

Recentemente, si sono resi disponibili molti altri trattamenti che prolungano l’aspettativa di vita e vengono utilizzati precocemente nel trattamento del tumore prostatico metastatico, sia durante il trattamento iniziale con terapia ormonale che in caso di fallimento della terapia ormonale. Questi trattamenti includono sipuleucel-T (un vaccino mirato alle cellule cancerose prostatiche), abiraterone, enzalutamide, apalutamide e darolutamide (tipi di terapie ormonali orali), docetaxel e cabazitaxel (farmaci chemioterapici) e inibitori della poli (ADP-ribosio) polimerasi (PARP) nei pazienti con CRPC con difetti della riparazione del DNA o mutazioni del gene BRCA1/2. Il radio-223, somministrato per via endovenosa, può prolungare la vita evitando certe complicanze dovute alle metastasi ossee (come il danno al midollo spinale). Sono oggetto di ricerca anche dei nuovi trattamenti con piccoli radioligandi molecolari che hanno come target l’antigene di membrana prostatico specifico (prostate-specific membrane antigen, PSMA).

I farmaci utilizzati per il trattamento dell’osteoporosi, come l’acido zoledronico e denosumab, possono essere usati per rinforzare le ossa indebolite dal tumore o dalla terapia ormonale, che ha questa tendenza. Questi farmaci aiutano a trattare e prevenire problemi come il dolore e la tendenza alle fratture.

Tabella
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Follow-up

Dopo avere intrapreso tutte le forme di terapia vengono misurati i livelli di PSA a intervalli regolari (generalmente ogni 3-4 mesi per il primo anno e successivamente ogni 6 mesi per il resto della vita). Entro 1 mese dall’intervento chirurgico non deve essere rilevato PSA nel sangue. Dopo radioterapia il livello di PSA diminuisce più lentamente e generalmente non può essere rilevato, rimanendo stabilmente basso. Un aumento dei livelli di PSA può indicare una recidiva del tumore.

Prognosi del tumore della prostata

Per la maggior parte degli uomini affetti da tumore della prostata, la prognosi è ottima. La maggior parte degli uomini anziani con tumore della prostata tende a vivere quanto altri uomini della stessa età con condizioni generali di salute simili e non affetti da tumore della prostata. Per molti uomini è possibile una remissione a lungo termine o addirittura la guarigione.

La prognosi dipende dal grado e dallo stadio del tumore. I tumori di alto grado istologico hanno una prognosi infausta a meno che il trattamento non sia avviato precocemente. I tumori diffusisi nei tessuti circostanti sono anch’essi caratterizzati da prognosi infausta. Il tumore metastatico della prostata non è curabile. La maggior parte dei soggetti affetti da questo tipo di tumore vive da 1 a 3 anni dopo la diagnosi e alcuni per molti anni.

Prevenzione del tumore della prostata

Non esistono approcci confermati per prevenire in modo affidabile il tumore della prostata, ma seguire uno stile di vita sano è considerato un approccio ragionevole. Ciò include

  • Fare attività fisica

  • Seguire una dieta equilibrata (che comprende la limitazione della carne rossa e dei grassi saturi e l’assunzione di molte verdure a foglia verde)

  • Limitare il consumo di alcol

  • Evitando di fumare