Tularemia

(febbre dei conigli)

DiLarry M. Bush, MD, FACP, Charles E. Schmidt College of Medicine, Florida Atlantic University
Revisionato/Rivisto apr 2022 | Modificata dic 2022
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La tularemia è un’infezione causata dal batterio Gram-negativo Francisella tularensis, che viene acquisito tramite il contatto diretto con animali selvatici infetti, solitamente conigli, oppure con la puntura di una zecca, un tafano o una pulce infetti.

  • Manipolare carcasse di animali, essere punti da una zecca, inalare particelle vaporizzate contaminate o consumare alimenti o bevande contaminati possono causare l’infezione.

  • I sintomi comprendono febbre, ulcere e linfonodi ingrossati (edema linfonodale).

  • La coltura dei campioni di tessuto o del sangue aiuta i medici a formulare la diagnosi.

  • Le iniezioni di antibiotici sono quasi sempre efficaci.

  • Prevenire le punture di zecca, maneggiare con attenzione le carcasse e disinfettare l’acqua può ridurre il rischio di tularemia.

(Vedere anche Panoramica sui batteri.)

Trasmissione

Francisella tularensis è normalmente presente negli animali, soprattutto nei roditori, nei conigli e nelle lepri. Gli animali selvatici e gli animali domestici possono trasportare il batterio.

L’infezione può essere contratta con i seguenti comportamenti:

  • Maneggiare carcasse infette di animali (come avviene quando i cacciatori scuoiano i conigli o quando i macellai, gli agricoltori, gli addetti alla lavorazione del pellame e il personale di laboratorio maneggiano animali o loro derivati)

  • Essere punti da una zecca, un tafano, una pulce o altri insetti che siano infetti, solitamente in estate (come avviene soprattutto ai bambini)

  • Ingerire o consumare alimenti (come carne di coniglio poco cotta) o acqua contaminati

  • Inalare particelle disperse nell’aria che contengono i batteri (come quando si passa con la falciatrice sopra un animale morto infetto o nel caso del personale di laboratorio che lavora con il batterio)

Francisella tularensis è una potenziale arma biologica che può essere diffusa nell’aria ed essere inalata. La dimensione delle particelle disperse nell’aria determina il punto in cui si insediano nell’apparato respiratorio. Le particelle piccole si depositano negli alveoli polmonari e provocano polmonite. Le particelle di maggiori dimensioni si insediano in gola. Le particelle possono insediarsi anche negli occhi.

La tularemia non si diffonde da persona a persona.

Diffusione attraverso il sangue

L’infezione può diffondersi attraverso il sangue e infettare:

  • I polmoni (polmonite)

  • Le ossa

  • La membrana che circonda il cuore (pericardite)

  • La membrana che riveste l’addome (peritonite)

  • Le valvole cardiache (endocardite)

  • I tessuti che rivestono il cervello e il midollo spinale (meningite)

Talora, nei polmoni si raccoglie del pus, formando un ascesso.

Tipi di tularemia

Esistono diversi tipi di tularemia.

Tularemia ulceroghiandolare

Questo è il tipo più comune. Nel punto in cui i batteri sono penetrati nella pelle si sviluppano piaghe aperte (ulcere) dolorose. La penetrazione avviene attraverso una lacerazione della cute, solitamente sulle mani e sulle dita, oppure la puntura di una zecca, generalmente all’inguine, alle ascelle o sul tronco.

I batteri migrano fino ai linfonodi circostanti, rendendoli gonfi e doloranti. Occasionalmente, la pelle intorno ai linfonodi si lacera, con possibile fuoriuscita di pus.

Tularemia ghiandolare

I linfonodi si gonfiano e provocano dolore, ma non si formano ulcere cutanee.

Tularemia oculoghiandolare

Si sviluppa dolore all’occhio, che risulta gonfio e arrossato, con frequente fuoriuscita di pus. I linfonodi circostanti si gonfiano e diventano dolenti.

La tularemia oculoghiandolare probabilmente è la conseguenza di un contatto tra l’occhio e un dito contaminato oppure uno spruzzo di liquido infetto.

Tularemia orofaringea

La gola (faringe) è infiammata e i linfonodi del collo sono gonfi. Alcuni soggetti colpiti lamentano dolore addominale, nausea, vomito e diarrea.

Di solito, la tularemia orofaringea è causata dal consumo di carne contaminata poco cotta o di acqua contaminata.

Tularemia tifoidea

Si sviluppano brividi, febbre alta e dolore addominale, ma non si formano ulcere e i linfonodi non si gonfiano.

La tularemia tifoidea si sviluppa quando l’infezione entra in circolo. Talvolta la fonte dell’infezione è sconosciuta.

Tularemia polmonare

L’infezione si sviluppa nei polmoni. I pazienti possono lamentare tosse secca, respiro affannoso e dolore toracico. Può comparire un’eruzione cutanea.

La tularemia polmonare è causata dall’inalazione dei batteri o dalla loro diffusione ai polmoni attraverso il flusso sanguigno. Si sviluppa nel 10-15% dei soggetti affetti da tularemia ulceroghiandolare e nel 50% di quelli affetti da tularemia tifoidea.

Tularemia setticemica

Questa forma rara è la più grave. Si tratta di una malattia sistemica che si sviluppa quando i batteri si diffondono attraverso il flusso sanguigno e provocano la disfunzione di molti organi.

La pressione arteriosa si abbassa, i polmoni si riempiono di liquido e i fattori della coagulazione del sangue si esauriscono (coagulazione intravascolare disseminata), causando emorragie.

Sintomi della tularemia

Le diverse forme di tularemia colpiscono parti del corpo differenti (come occhi, gola o polmoni) e pertanto causano sintomatologie diverse. I sintomi solitamente si sviluppano 2-4 giorni dopo l’esposizione ai batteri, ma la loro comparsa può richiedere fino a 10 giorni.

Le ulcere possono svilupparsi vicino al graffio o alla puntura che ha provocato l’esordio dell’infezione. I linfonodi vicino all’area infetta possono gonfiarsi ed essere doloranti. Può comparire improvvisamente febbre fino a 40 °C, accompagnata da cefalea, brividi, sudorazione profusa e dolori muscolari. I soggetti possono lamentare una sensazione diffusa di malattia (malessere) e nausea, possono vomitare e perdere peso. In qualsiasi momento può comparire un’eruzione cutanea.

Prognosi della tularemia

In quasi tutti i casi, con un trattamento appropriato si ottiene la guarigione. In assenza di trattamento, il tasso di mortalità varia dal 6% nelle persone con tularemia ulceroghiandolare fino a raggiungere il 33% nelle persone affette da tularemia tifoidea, polmonare o setticemica. Generalmente il decesso si verifica per infezione fulminante, polmonite, meningite o peritonite.

Le ricadute sono rare, ma possono verificarsi in caso di trattamento inadeguato. I soggetti che hanno contratto la tularemia sono immuni alle recidive.

Diagnosi della tularemia

  • Coltura e analisi di campioni di sangue e/o altri liquidi infetti

Il medico può sospettare la tularemia in un soggetto che sviluppa febbre improvvisa, linfonodi gonfi e ulcere caratteristiche in seguito all’esposizione a zecche o mosche del cervo o a contatti, anche lievi, con conigli, lepri o roditori.

Vengono prelevati campioni di materiale infetto, come il sangue, i liquidi estratti da un linfonodo, il pus delle ulcere o l’espettorato. I campioni vengono inviati in laboratorio, dove è possibile far crescere (in coltura) i batteri, se presenti, e identificarli. Il sangue può essere anche analizzato alla ricerca di anticorpi contro i batteri.

Può venire utilizzata la tecnica della reazione a catena della polimerasi (PCR) per aumentare la quantità di DNA dei batteri, in modo da poterli rilevare più rapidamente.

Prevenzione della tularemia

Gli individui che visitano le aree in cui la tularemia è diffusa dovrebbero seguire tutte le seguenti precauzioni:

  • Applicare sulla pelle esposta un repellente per insetti che contenga dietiltoluamide (DEET) al 25-30%

  • Indossare abbigliamento trattato con un repellente contenente permetrina

  • Rimanere sui sentieri e sulle piste battute quando si cammina in aree boscose

  • Camminare nel centro dei sentieri per evitare di sfiorare cespugli e erbacce

  • Indossare pantaloni lunghi e rimboccarli nelle calze e negli stivali

  • Esaminare accuratamente l’abbigliamento, il proprio corpo, i famigliari e gli animali domestici alla ricerca delle zecche

  • Evitare di bere, fare il bagno, nuotare o lavorare in acque non depurate, che potrebbero essere contaminate

La tempestiva ricerca delle zecche può aiutare a prevenire l’infezione perché la trasmissione di solito richiede che la zecca rimanga attaccata per quattro o più ore. Se si individuano zecche, è necessario rimuoverle immediatamente (vedere figura Prevenzione delle punture di zecca).

Quando si maneggiano conigli, lepri e roditori, occorre indossare abbigliamento protettivo (come guanti di gomma e maschere per il viso) dal momento che i batteri potrebbero essere presenti. Gli uccelli selvatici e la cacciagione devono essere cotti accuratamente prima di essere consumati.

Attualmente non è disponibile alcun vaccino, ma uno è in fase di studio.

Dopo l’esposizione ai batteri (per esempio, dopo un incidente in laboratorio), si somministra doxiciclina o ciprofloxacina per prevenire lo sviluppo dell’infezione.

Trattamento della tularemia

  • Antibiotici

Non è necessario isolare i soggetti affetti da tularemia.

La tularemia viene generalmente trattata con iniezioni intramuscolari di streptomicina per 7-10 giorni. Tra gli antibiotici alternativi troviamo doxiciclina, ciprofloxacina, cloramfenicolo e gentamicina.

Raramente, gli ascessi di grande dimensione devono essere drenati chirurgicamente.

Può essere di aiuto applicare impacchi caldi sull’occhio colpito, usare occhiali scuri e collirio dietro prescrizione.

Se è presente cefalea intensa, viene solitamente trattata con antidolorifici.

Ulteriori informazioni

La seguente risorsa in lingua inglese può essere utile. Si prega di notare che IL MANUALE non è responsabile del contenuto di questa risorsa.

  1. Centers for Disease Control and Prevention (CDC): Tularemia - materiale con informazioni sulla tularemia, tra cui il controllo dell’infezione e altre risorse