Esposizione e contaminazione da radiazioni

DiJerrold T. Bushberg, PhD, DABMP, DABSNM, The National Council on Radiation Protection and Measurements
Revisionato/Rivisto nov 2022
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

Le radiazioni ionizzanti danneggiano i tessuti in maniera variabile, a seconda di fattori come la dose di radiazione, il tasso di esposizione, il tipo di radiazione e la parte del corpo esposta. I sintomi possono essere locali (p. es., le ustioni) o sistemici (p. es., la sindrome acuta da radiazioni). La diagnosi si basa sull'anamnesi, sulla sintomatologia e, talvolta, sull'uso di rivelatori di radiazioni per localizzare e identificare una contaminazione da radionuclidi. I soggetti esposti alle radiazioni possono essere suddivisi in gruppi di suscettibilità "a basso rischio" e "ad alto rischio", in base al grado di neutropenia e alla presenza di comorbilità. Il trattamento si concentra sulle lesioni traumatiche associate, sulla decontaminazione, su misure di supporto e sulla minimizzazione dell'esposizione per gli operatori sanitari. I pazienti con grave sindrome acuta da radiazioni ricevono isolamento inverso, agenti antimicrobici e antinfiammatori, e terapie di supporto del midollo osseo. Ai pazienti contaminati internamente da alcuni radionuclidi specifici si possono somministrare inibitori dell'assorbimento o agenti chelanti. La prognosi è inizialmente stimata dal tempo intercorso tra l'esposizione e la manifestazione dei primi sintomi, la gravità di tali sintomi e la conta linfocitaria durante le prime 24-72 h.

Le radiazioni ionizzanti sono emesse da elementi radioattivi e da strumenti come le apparecchiature radiologiche e per la radioterapia.

Tipi di radiazione

Le radiazioni comprendono

  • Onde elettromagnetiche ad alta energia (raggi X, raggi gamma)

  • Particelle (particelle alfa, particelle beta, neutroni)

Le particelle alfa sono nuclei energetici di elio emessi da alcuni radionuclidi a elevato numero atomico (p. es., il plutonio, il radio, l'uranio); non possono penetrare attraverso la pelle oltre spessori minimi (< 0,1 mm).

Le particelle beta sono elettroni ad alta energia emessi dai nuclei di atomi instabili (p. es., il cesio-137, lo iodio-131). Queste particelle possono penetrare più profondamente nella cute (1-2 cm) e causare danni sia al tessuto epiteliale sia a quello subepiteliale.

I neutroni sono particelle elettricamente neutre emesse da alcuni radionuclidi (p. es., il californio-252) e prodotte nelle reazioni di fissione nucleare (p. es., nei reattori nucleari); la loro profondità di penetrazione può variare da alcuni millimetri a diverse decine di centimetri, a seconda della loro energia. Essi collidono con i nuclei degli atomi stabili, causando l'emissione di protoni energetici, di particelle alfa e beta e di radiazioni gamma.

I raggi gamma e X sono radiazioni elettromagnetiche (ossia, fotoni) di lunghezza d'onda molto corta che possono penetrare in profondità nei tessuti (diversi centimetri). Mentre alcuni fotoni depositano tutta la loro energia nel corpo, altri fotoni della stessa energia possono depositare unicamente una frazione della loro energia e altri possono attraversare completamente il corpo senza interagire.

A causa di tali caratteristiche, le particelle alfa e beta causano il danno maggiore quando gli atomi radioattivi che le emettono sono dentro il corpo (contaminazione interna) o, nel caso dei beta-emittori, direttamente sul corpo; viene colpito soltanto il tessuto in stretta prossimità del radionuclide. I raggi gamma e X possono causare lesioni lontano dalla propria sorgente e sono tipicamente responsabili delle sindromi acute da radiazioni. Le sindromi acute da radiazioni possono essere causate da una dose sufficiente di alcuni radionuclidi depositati internamente che sono ampiamente distribuiti nei tessuti e negli organi e hanno un'alta attività specifica. Ad esempio, il polonio 210 (Po-210) ha un'attività specifica di 166 terabecquerel per gm (TBq/g) e 1 mcg (circa le dimensioni di un grano di sale) di Po-210 eroga una dose di corpo intero di 50 Sv (~ 20 volte la dose letale mediana).

Misura delle radiazioni

Le unità di misura convenzionali sono il roentgen, il rad e il rem. Il roentgen (R) è un'unità di misura di esposizione che misura la capacità ionizzante dei raggi X o gamma in aria. La dose di radiazione assorbita (rad) è la quantità di energia di radiazione assorbita per unità di massa. Poiché il danno biologico per rad varia con il tipo di radiazione (p. es., è più alto per i neutroni che per i raggi X o gamma), la dose espressa in rad viene corretta con un fattore di qualità del tipo di radiazioni; l'unità di dose equivalente risultante è l'equivalente roentgen nell'uomo (rem). Al di fuori degli Stati Uniti e nella letteratura scientifica, vengono utilizzate le unità del Sistema Internazionale (SI), in cui il rad è sostituito dal gray (Gy) e il rem dal sievert (Sv); 1 Gy = 100 rad e 1 Sv = 100 rem. Il rad e il rem (e quindi il Gy e il Sv) sono sostanzialmente uguali (ossia, il fattore di qualità è uguale a 1) quando descrivono raggi X o gamma o beta.

La quantità di radioattività è espressa in termini di numero di disintegrazioni nucleari (trasformazioni) al secondo. Il becquerel (Bq) è l'unità di misura SI della radioattività; un Bq equivale a 1 disintegrazione al secondo (dps). L'unità convenzionale, Curie (Ci), è talvolta ancora utilizzata negli Stati Uniti, dove un curie corrisponde a 37 miliardi di Bq. Ciò equivale a 37 000 megabecquerel (MBq) o 37 gigabecquerel (GBq).

Tipi di esposizione

L'esposizione a radiazioni può derivare da

  • Contaminazione

  • Irradiazione

La contaminazione radioattiva è causata dal contatto accidentale e la ritenzione di materiale radioattivo, in genere sotto forma di polvere o liquido. La contaminazione può essere

  • Esterna

  • Interna

La contaminazione esterna si verifica sulla cute o sugli indumenti, dai quali in parte può cadere o essere spazzolata via, contaminando altri oggetti e persone. La contaminazione interna deriva da materiali radioattivi all'interno del corpo, che possono entrare accidentalmente per ingestione, inalazione o attraverso lesioni cutanee. Una volta nel corpo, il materiale radioattivo può essere trasportato in vari siti (p. es., nel midollo osseo), dove continua a emettere radiazioni fino a quando viene rimosso o decade.

La contaminazione interna è più difficile da rimuovere. Sebbene una contaminazione interna sia possibile con qualsiasi radionuclide, storicamente la maggior parte dei casi in cui la contaminazione ha determinato un rischio significativo per il paziente è stata causata da un numero relativamente esiguo di radionuclidi, come il fosforo-32, il cobalto-60, lo stronzio-90, il cesio-137, lo iodio-131, lo iodio-125, il radio-226, l'uranio-235, l'uranio-238, il plutonio-238, il plutonio-239, il polonio-210 e l'americio-241.

L'irradiazione è l'esposizione a radiazioni, ma non a materiale radioattivo (ossia, non è presente alcuna contaminazione). L'esposizione a radiazioni può avvenire senza che la sorgente di radiazione (p. es., il materiale radioattivo, o un dispositivo a RX) sia in contatto con la persona. Quando la sorgente di radiazione viene rimossa o spenta, l'esposizione termina. L'irradiazione può interessare tutto il corpo, e ciò, se la dose è abbastanza alta, può provocare sintomi sistemici e sindromi da radiazioni; oppure può colpire una ridotta parte del corpo (p. es., in seguito a radioterapia), e ciò può indurre effetti locali. In seguito all'irradiazione, i soggetti esposti non emettono radiazioni (ossia, non diventano radioattivi).

Fonti di esposizione

Le fonti possono essere di origine naturale o artificiale (vedi tabella Esposizione annuale media alle radiazioni negli Stati Uniti).

La popolazione è costantemente esposta a bassi livelli di radiazione naturale detta radiazione di fondo. La radiazione di fondo deriva dai raggi cosmici e da elementi radioattivi nell'acqua, nell'aria e nel terreno. La radiazione cosmica è concentrata ai poli dal campo magnetico terrestre ed è attenuata dall'atmosfera. Pertanto, l'esposizione è maggiore nei soggetti che vivono ad alte latitudini, ad altitudini elevate o in entrambe le condizioni; l'esposizione aumenta inoltre durante i viaggi aerei. Le fonti terrestri di esposizione esterna alle radiazioni sono dovute principalmente alla presenza di elementi radioattivi con emivita paragonabile all'età della terra (~ 4,5 miliardi di anni). In particolare, in molte rocce e minerali sono presenti l'uranio-238 e il thorio-232 insieme a diverse dozzine di prodotti radioattivi del loro decadimento, e un isotopo radioattivo del potassio (K-40). Piccole quantità di questi radionuclidi si trovano nel cibo, nell'acqua e nell'aria, e pertanto contribuiscono a un'esposizione interna poiché vengono inevitabilmente incorporati nell'organismo. La maggior parte della dose che deriva da radionuclidi incorporati internamente proviene da radioisotopi del carbonio (C-14) e del potassio (K-40), e siccome questi e altri elementi (forme stabili e radioattive) sono costantemente assunti nell'organismo per ingestione e inalazione, ci sono circa 7000 atomi soggetti a decadimento radioattivo ogni secondo nel corpo.

L'esposizione interna causata dall'inalazione di isotopi radioattivi del gas nobile radon (Rn-222 e Rn-220), che sono anch'essi formati dalla serie di decadimento dell'uranio 238, rappresenta la porzione maggiore (73%) della dose pro capite media di radiazioni da sorgenti naturali nella popolazione statunitense. La radiazione cosmica ne è responsabile per l'11%, gli elementi radioattivi nel corpo per il 9%, e la radiazione terrestre esterna per il 7%. Negli Stati Uniti, la popolazione riceve una dose media efficace di circa 3 millisievert (mSv)/anno da fonti naturali (con un range che va da ~0,5 a 20 mSv/anno). Tuttavia, in alcune parti del mondo, si ricevono > 50 mSv/anno. Le dosi derivanti dalla radiazione naturale di fondo sono di gran lunga troppo basse per causare lesioni da radiazioni; possono risultare in un piccolo aumento nel rischio di cancro, sebbene alcuni esperti pensino che tale rischio non possa essere maggiore.

Negli Stati Uniti, si ricevono in media circa 3 mSv/anno da sorgenti artificiali, la maggior parte delle quali è costituita da apparecchiature di diagnostica per immagini. Considerando la dose pro capite, il contributo dell'esposizione per motivi diagnostici è più alto in seguito a una TC ed a procedure di cardiologia nucleare. Tuttavia, le procedure diagnostiche mediche raramente impartiscono dosi sufficienti a causare lesioni da radiazioni, sebbene ci sia un piccolo aumento teorico nel rischio di cancro. Tra le eccezioni vi sono alcune procedure interventistiche prolungate condotte sotto guida fluoroscopica (p. es., la ricostruzione endovascolare, l'embolizzazione vascolare, l'ablazione cardiaca o tumorale con radiofrequenza); queste procedure hanno causato lesioni della cute e dei tessuti sottostanti. Anche la radioterapia può provocare lesioni ai tessuti normali vicino al tessuto bersaglio.

Una minima parte dell'esposizione media per la popolazione generale deriva da incidenti e dal fallout radioattivo in seguito a test su armamenti nucleari. Gli incidenti possono interessare apparecchi industriali per irradiazione o RX e reattori nucleari. Tali incidenti in genere avvengono per il mancato rispetto delle procedure di sicurezza (p. es., quando i dispositivi di blocco vengono bypassati). Anche la perdita o il furto di sorgenti industriali o mediche contenenti grandi quantità di radionuclidi sono stati causa di lesioni da radiazioni. I soggetti in cerca di cure mediche per tali lesioni possono non essere a conoscenza di essere stati esposti a radiazioni.

Si sono verificati rilasci non intenzionali di materiali radioattivi, tra cui quello nella centrale di Three Mile Island in Pennsylvania nel 1979, nel reattore di Chernobyl in Ucraina nel 1986, e nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi in Giappone nel 2011.

L'esposizione in seguito all'incidente di Three Mile Island fu minima perché non ci fu rottura della struttura di contenimento come invece accadde a Chernobyl, né esplosioni di idrogeno come è avvenuto a Fukushima. Le persone che vivevano nel raggio di 1,6 km da Three Mile Island ricevettero al massimo solo circa 0,08 mSv (una frazione della dose a cui si è esposti in un mese a causa di fonti naturali).

Al contrario, le 115 000 persone che alla fine furono evacuate dalla zona intorno alla centrale di Chernobyl ricevettero una dose efficace media di circa 30 mSv e una dose media alla tiroide di circa 490 mGy. Le persone che lavoravano presso la centrale di Chernobyl al momento dell'incidente ricevettero dosi significativamente maggiori. Più di 30 tra gli operai e il personale di pronto intervento morirono entro pochi mesi dall'incidente, e molti altri accusarono una sindrome acuta da radiazione. Bassi livelli di contaminazione derivati da tale incidente furono rilevati fino in Europa e Asia, e addirittura (in misura minore) nel Nord America. È stato stimato che l'esposizione cumulativa media per la popolazione generale in varie regioni colpite della Bielorussia, della Russia e dell'Ucraina per un periodo di 20 anni dall'incidente sia stata circa 9 mSv.

Il terremoto e lo tsunami in Giappone nel 2011 hanno portato al rilascio nell'ambiente di materiale radioattivo proveniente da diversi reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Non ci sono state gravi lesioni indotte da radiazioni tra i lavoratori in loco. Nei quasi 400 000 residenti nella prefettura di Fukushima, la dose efficace stimata (sulla base di interviste e modelli di ricostruzione della dose) è stata < 2 mSv per il 95% della popolazione e < 5 mSv per il 99,8%. Le stime dell'OMS erano un po' più elevate a causa di ipotesi sull'esposizione volutamente più conservative. La dose efficace nelle prefetture non immediatamente adiacenti a Fukushima è stata stimata tra 0,1 e 1 mSv, e la dose in popolazioni al di fuori del Giappone è stata trascurabile (< 0,01 mSv).

L'esposizione alle radiazioni più significativa per una popolazione si è verificata in seguito alla detonazione di due bombe atomiche sul Giappone nell'agosto del 1945, che causò circa 110 000 morti per il trauma immediato dell'esplosione e del calore. Un numero molto inferiore (< 1000) di decessi aggiuntivi a causa di cancro indotto dalle radiazioni si è verificato nei successivi 70 anni. La sorveglianza sanitaria continua dei sopravvissuti rimane tra le più importanti fonti per la stima del rischio di cancro indotto da radiazioni.

Anche se sono stati segnalati svariati casi criminali di contaminazione intenzionale di individui, l'esposizione alle radiazioni di una popolazione come risultato di attività terroristiche non si è mai verificata, ma rimane una preoccupazione. Un possibile scenario riguarda l'uso di un dispositivo per contaminare un'area disperdendo materiale radioattivo (p. es., da una sorgente industriale di cesio-137 o cobalto-60 per radioterapia in disuso). Un dispositivo per la dispersione di radiazioni che utilizza esplosivi convenzionali è definito una bomba sporca. Altri scenari terroristici comprendono l'utilizzo di una sorgente nascosta di radiazione per esporre persone ignare a grandi dosi di radiazioni, l'attacco a un reattore nucleare o a un deposito di materiale radioattivo e la detonazione di un'arma nucleare (p. es., un ordigno nucleare improvvisato, un'arma rubata).

Tabella

Fisiopatologia dell'esposizione e della contaminazione da radiazioni

Le radiazioni ionizzanti possono danneggiare il DNA, l'RNA e le proteine direttamente, ma in genere il danno a queste molecole è indiretto, causato dai radicali liberi altamente reattivi generati per interazione della radiazione con le molecole intracellulari di acqua. Dosi elevate di radiazioni possono causare la morte cellulare, e dosi minori possono interferire con sistemi endogeni di riparazione molecolare, omeostasi, e proliferazione cellulare. I danni a queste e ad altre componenti cellulari possono portare a progressiva ipoplasia, atrofia e, infine, fibrosi del tessuto. Tuttavia, è ormai chiaro che la sola uccisione cellulare non può spiegare molte reazioni tissutali, perché tali reazioni dipendono anche da eventi complessi tra cui le reazioni infiammatorie, ossidative croniche e immunitarie, così come il danno al sistema vascolare e alla matrice extracellulare. In generale, le reazioni precoci, come nella cute e nel tratto gastrointestinale, comportano l'uccisione delle cellule staminali/progenitrici precoci che riforniscono le cellule funzionali mature nel tessuto, così come le reazioni infiammatorie. D'altra parte, le reazioni tardive (p. es., nel polmone, nei reni e nel cervello) coinvolgono interazioni complesse e dinamiche tra più tipi di cellule nei tessuti e negli organi e comprendono infiltrazione di cellule immunitarie, produzione di citochine e fattori di crescita, spesso in cascate cicliche e persistenti, e stress ossidativo cronico.

Fattori che influenzano la risposta

La risposta biologica alla radiazione varia con

  • Radiosensibilità del tessuto

  • Dose

  • Dosaggio

  • Durata dell'esposizione

  • Grado della risposta infiammatoria

  • Età del paziente

  • Comorbidità

  • Presenza di disturbi del difetto genetico di riparazione del DNA (p. es., atassia-telangectasia, sindrome di Bloom, anemia di Fanconi)

Cellule e tessuti differiscono in radiosensibilità. In generale, le cellule indifferenziate e quelle che hanno tassi mitotici elevati (p. es., le cellule staminali, le cellule tumorali) sono particolarmente vulnerabili alle radiazioni. Poiché le radiazioni eliminano preferenzialmente le cellule staminali in rapida divisione rispetto alle cellule mature più resistenti, di solito c'è un periodo di latenza tra l'esposizione alle radiazioni e la manifestazione del danno da radiazioni. Le lesioni non si palesano prima che una frazione significativa di cellule mature sia morta per senescenza naturale e, a causa della perdita di cellule staminali, non venga sostituita.

La sensibilità cellulare approssimativa in ordine decrescente dal tipo cellulare più sensibile a quello meno sensibile è

  • Cellule linfoidi

  • Cellule germinali

  • Cellule proliferanti del midollo osseo

  • Cellule epiteliali intestinali

  • Cellule staminali epidermiche

  • Cellule epatiche

  • Epitelio degli alveoli polmonari e dei dotti biliari

  • Cellule epiteliali renali

  • Cellule endoteliali (pleura e peritoneo)

  • Cellule del tessuto connettivo

  • Cellule del tessuto osseo

  • Cellule di muscolo, cervello e midollo spinale

La gravità del danno da radiazioni dipende dalla dose e dal periodo di tempo in cui tale dose viene ripartita. Una dose alta, singola rapida è più dannosa della stessa dose somministrata nel corso di settimane o mesi. L'effetto di una data dose dipende inoltre dalla frazione corporea esposta. In seguito a una dose su tutto il corpo > 4,5 Gy somministrata in un breve intervallo di tempo, è certo che si verifichino lesioni significative e il decesso è possibile (da minuti a ore); tuttavia, dosi pari a decine di Gy possono essere ben tollerate se sono erogate in un periodo di tempo lungo su una superficie limitata di tessuto (p. es., nel trattamento delle neoplasie).

Altri fattori possono aumentare la sensibilità al danno da radiazioni. I bambini sono più sensibili al danno da radiazioni in quanto hanno un maggiore tasso di proliferazione cellulare. I soggetti omozigoti per il gene dell'atassia telangectasia mostrano una sensibilità notevolmente maggiore al danno da radiazioni. Alcuni disturbi, come i disturbi del tessuto connettivo e il diabete, possono aumentare la sensibilità al danno da radiazioni. Alcuni farmaci e agenti chemioterapici (p. es., l'actinomicina D, la doxorubicina, la bleomicina, il 5-fluorouracile e il metotrexato) possono anche aumentare la sensibilità al danno da radiazioni. Alcuni agenti chemioterapici (p. es., la doxorubicina, l'etoposide, il paclitaxel, l'epirubicina), antibiotici (p. es., il cefotetan), le statine (p. es., la simvastatina), e preparazioni a base di erbe possono produrre una reazione infiammatoria cutanea nel sito di una precedente irradiazione (richiamo di radiazioni) settimane o anni dopo l'esposizione nella stessa posizione (1).

Effetti cancerogeni, teratogeni ed ereditabili

Il danno genetico indotto da radiazioni alle cellule somatiche può causare una trasformazione maligna, mentre l'esposizione in utero può portare a effetti teratogeni e a un danno alle cellule germinali aumenta la possibilità teorica di difetti geneticamente trasmissibili.

Si stima che l'esposizione protratta a 0,5 Gy su tutto il corpo aumenti il rischio di morte per cancro durante il corso della vita di un adulto medio approssimativamente dal 22% a circa il 24,5%, un aumento del rischio relativo dell'11%, ma solo del 2,5% per quanto riguarda il rischio assoluto. Il rischio di insorgenza di cancro dovuto a dosi comunemente riscontrate (ossia, quelle che derivano dalla radiazione di fondo e da procedure diagnostiche tipiche [vedi Rischi delle radiazioni ionizzanti]) è molto inferiore e potrebbe essere nullo. Le stime di aumento del rischio di cancro indotto da radiazioni a causa delle dosi tipicamente basse ricevute da persone in prossimità di incidenti a reattori nucleari come Fukushima sono state fatte estrapolando gli effetti per dosi basse dagli effetti noti di dosi molto più elevate. L'effetto teorico molto piccolo che ne risulta viene moltiplicato per una vasta popolazione producendo quello che potrebbe sembrare un preoccupante numero di decessi aggiuntivi per cancro. La validità di tali estrapolazioni non può essere confermata perché l'ipotizzato aumento del rischio è troppo piccolo per essere rilevato da studi epidemiologici, e non si può escludere la possibilità che non vi sia un aumento del rischio di cancro a causa di questo tipo di esposizioni.

I bambini sono più sensibili perché hanno davanti a sé un maggior numero di divisioni cellulari e un tempo di vita più lungo durante il quale il cancro può manifestarsi. Si stima che una TC dell'addome effettuata su un bambino di 1 anno aumenti il rischio assoluto stimato del bambino di sviluppare il cancro nel corso della vita dello 0,1% circa. I radionuclidi incorporati in tessuti specifici sono potenzialmente cancerogeni in tali siti (p. es., l'incidente del reattore di Chenorbyl causò un considerevole aumento nell'assunzione di iodio radioattivo a causa del consumo di latte contaminato, e tra i bambini esposti si verificò un aumento del numero di casi di cancro alla tiroide).

Il feto è eccezionalmente suscettibile al danno da radiazioni ad alte dosi. Tuttavia, a dosi < 100 mGy, gli effetti teratogeni sono improbabili. Il rischio per il feto di danno da radiazioni alle dosi tipicamente usate in procedure diagnostiche alle quali è probabile che si sottopongano le donne in gravidanza è molto piccolo rispetto al rischio complessivo di difetti congeniti (dal 2 al 6% dei casi osservabili alla nascita) e al potenziale beneficio diagnostico dell'esame. L'aumento del rischio di insorgenza di cancro a seguito dell'esposizione a radiazioni in utero è circa lo stesso di quello che deriva dall'esposizione a radiazioni di bambini, che è circa da 2 a 3 volte il rischio per un adulto pari a 5%/Sv.

I potenziali rischi di esposizione alle radiazioni impongono un'attenta considerazione della necessità di sottoporsi (o delle alternative) a test di imaging che comportano l'uso di radiazioni, l'ottimizzazione dell'esposizione alle radiazioni per habitus corporeo e questione clinica posta, e anche l'attenzione all'uso di adeguate procedure di protezione dalle radiazioni, in particolare nei bambini e nelle donne incinte.

È stato dimostrato che il danno alle cellule riproduttive provoca anomalie congenite nella progenie di animali gravemente irradiati. Tuttavia, non si sono riscontrati effetti ereditari nei bambini nati da soggetti esposti a radiazioni, compresi i figli dei sopravvissuti alle bombe atomiche in Giappone o i figli dei sopravvissuti a tumori trattati con la radioterapia. La dose media alle ovaie fu ~ 0,5 Gy e ai testicoli 1,2 Gy.

Riferimenti relativi alla fisiopatologia

  1. 1. Balter S, Hopewell JW, Miller DL, et al: Fluoroscopically guided interventional procedures: A review of radiation effects on patients' skin and hair. Radiology 254(2):326-341, 2010. doi:10.1148/radiol.2542082312

Sintomatologia dell'esposizione e della contaminazione da radiazioni

Le manifestazioni cliniche variano a seconda che l'esposizione alle radiazioni coinvolga tutto il corpo (sindrome acuta da radiazioni) o sia limitata a una piccola area (lesione focale da radiazioni).

Sindromi acute da radiazioni

Dopo che tutto il corpo, o gran parte di esso, riceve una dose elevata di radiazioni penetranti, si possono verificare varie sindromi distinte:

  • Sindrome cerebrovascolare

  • Sindrome gastrointestinale

  • Sindrome ematopoietica

Queste sindromi hanno 3 differenti fasi:

  • Fase prodromica (da pochi minuti a 2 giorni dopo l'esposizione): sono possibili letargia e sintomi gastrointestinali (nausea, anoressia, vomito, diarrea).

  • Fase asintomatica latente (da qualche ora a 21 giorni dopo l'esposizione)

  • Fase di malattia sistemica conclamata (da qualche ora a > 60 giorni dopo l'esposizione): la malattia è classificata a seconda del principale sistema d'organo interessato

Il tipo di sindrome che si sviluppa, la sua gravità e la rapidità della sua progressione dipendono dalla dose di radiazioni (vedi tabella Effetti dell'irradiazione su tutto il corpo da radiazioni esterne o per assorbimento interno). I sintomi e il decorso sono relativamente costanti per una data dose di radiazioni e perciò possono aiutare a stimare il livello di esposizione.

La sindrome cerebrovascolare è la manifestazione predominante in seguito a dosi estremamente elevate di radiazioni distribuite su tutto il corpo (> 30 Gy) ed è sempre fatale. La fase prodromica si sviluppa da pochi minuti a 1 h dall'esposizione. La fase latente è minima o nulla. I pazienti sviluppano tremori, epilessia, atassia e edema cerebrale, e muoiono in un tempo compreso tra alcune ore e 1-2 giorni.

La sindrome gastrointestinale è la manifestazione principale in seguito a dosi su tutto il corpo di circa 6-30 Gy. Il periodo prodromico, spesso marcato, si sviluppa entro 1 h circa e si risolve entro 2 giorni. Durante il periodo di latenza di 4-5 giorni, le cellule della mucosa gastrointestinale muoiono. La morte cellulare è seguita da nausea intrattabile, vomito e diarrea, che conducono a grave disidratazione e squilibri elettrolitici, riduzione del volume plasmatico e collasso circolatorio. Può anche insorgere la necrosi intestinale, che predispone alla perforazione intestinale, alla batteriemia e alla sepsi. È frequente il decesso. I pazienti che ricevono > 10 Gy possono manifestare sintomi cerebrovascolari (ciò suggerisce che siano stati esposti a una dose letale). I sopravvissuti sviluppano anche la sindrome ematopoietica.

La sindrome ematopoietica è la manifestazione dominante in seguito a dosi su tutto il corpo di circa 1-6 Gy e consiste in una pancitopenia generalizzata. Una lieve manifestazione prodromica può iniziare dopo 1-6 h e dura 24-48 h. Le cellule staminali del midollo osseo si riducono notevolmente, ma le cellule mature del sangue in circolazione rimangono in gran parte inalterate. I linfociti circolanti costituiscono un'eccezione, e una linfopenia può diventare evidente entro ore o giorni dall'esposizione. Quando le cellule in circolo muoiono per senescenza, non vengono rimpiazzate in numero sufficiente, con conseguente pancitopenia. Dunque, i pazienti restano asintomatici per un periodo di latenza che può arrivare a 4,5 settimane dopo una dose di 1 Gy, durante il quale si aggrava il blocco dell'ematopoiesi. Il rischio di varie infezioni aumenta a causa della neutropenia (più importante da 2 a 4 settimane) e della diminuita produzione di Ac. Le petecchie e il sanguinamento delle mucose derivano dalla trombocitopenia, che si sviluppa entro 3 o 4 settimane e può persistere per mesi. L'anemia insorge lentamente, perché i globuli rossi preesistenti hanno una vita maggiore dei globuli bianchi e delle piastrine. Nei sopravvissuti si riscontra un aumento dell'incidenza di neoplasie indotte da radiazioni, tra cui la leucemia.

Tabella

Le lesioni cutanee da radiazione consistono in danni alla cute e ai tessuti sottostanti dovuti a dosi acute di radiazioni a partire da 3 Gy (vedi tabella Lesione focale da radiazioni). Le lesioni cutanee da radiazione possono verificarsi nelle sindromi acute da radiazioni o in seguito a esposizione focale alle radiazioni, e possono variare da un lieve eritema transitorio fino alla necrosi. Tra gli effetti tardivi (> 6 mesi dopo l'esposizione) vi sono l'iperpigmentazione e l'ipopigmentazione, la fibrosi progressiva e la telangectasia diffusa. La sottile pelle atrofica può essere facilmente danneggiata da un lieve trauma meccanico. La pelle esposta ha un maggiore rischio di sviluppare un carcinoma a cellule squamose. In particolare, la possibilità di esposizione alle radiazioni deve essere presa in considerazione quando i pazienti si presentano con un'ustione cutanea dolorosa che non guarisce senza un'anamnesi positiva per danno termico.

Lesione focale da radiazioni

L'irradiazione può causare effetti avversi sia acuti sia cronici in quasi tutti gli organi (vedi tabella Lesione focale da radiazioni). Nella maggior parte dei pazienti, tali effetti avversi conseguono alla radioterapia. Altre comuni fonti di esposizione sono il contatto accidentale con irradiatori alimentari non protetti, dispositivi per radioterapia, apparecchi a diffrazione di RX e altre fonti di radiazioni industriali o mediche in grado di produrre forti intensità di dose. Inoltre, può causare lesioni cutanee da radiazione l'esposizione prolungata ai raggi X durante alcune procedure interventistiche condotte sotto guida fluoroscopica. Le piaghe o ulcere indotte dalle radiazioni possono impiegare mesi o anni per svilupparsi pienamente. I pazienti con gravi lesioni cutanee da radiazione hanno forte dolore e spesso è necessario un intervento chirurgico.

Tabella

Diagnosi dell'esposizione e della contaminazione da radiazioni

  • Sintomi, gravità e latenza dei sintomi

  • Conta linfocitaria assoluta seriale e livelli di amilasi sierica

La diagnosi viene formulata con l'ausilio dell'anamnesi dell'esposizione, della sintomatologia e delle analisi di laboratorio. L'esordio, il decorso e la gravità dei sintomi possono aiutare a determinare la dose di radiazione e quindi facilitano anche il triage dei pazienti in base alle probabili complicanze. Tuttavia, alcuni sintomi prodromici (p. es., nausea, vomito, diarrea, tremori) non sono specifici, e si devono prendere in considerazione anche cause diverse dall'irradiazione. Molti pazienti senza un'esposizione sufficiente a causare una sindrome acuta da radiazioni possono presentarsi con simili sintomi non specifici, in particolare dopo un attacco terroristico o un incidente a un reattore, quando l'ansia è forte.

Dopo un'esposizione acuta a radiazioni, si effettuano l'emocromo con formula leucocitaria e la conta linfocitaria assoluta; tali esami si ripetono 24, 48, e 72 h dopo l'esposizione per stimare la dose iniziale di radiazione e la prognosi (vedi tabella Relazione tra conta linfocitaria assoluta a 48 h, dose di radiazione e prognosi nell'adulto). Il rapporto tra la dose e la conta linfocitaria può essere alterato da un trauma fisico, che può spostare i linfociti dagli spazi interstiziali al sistema vascolare, aumentando la conta dei linfociti (1, 2). Questo aumento dovuto allo stress è transitorio e si risolve in genere entro 24-48 h dopo la lesione fisica. Questo aumento transitorio della conta linfocitaria può suggerire una prognosi falsamente ottimistica fino a quando la conta linfocitaria non diminuisce. L'emocromo viene ripetuto settimanalmente per monitorare l'attività del midollo osseo e poi in base alle necessità del decorso clinico. Il livello di amilasi nel siero aumenta in maniera dose-dipendente a partire da 24 h dopo un'esposizione significativa a radiazioni, per cui vengono misurati i livelli basali e poi monitorati quotidianamente. L'esecuzione di altri esami di laboratorio è indicata laddove possibile:

  • Livelli di proteina C-reattiva: proteina C-reattiva aumenta con la dose di radiazioni; sembra che i livelli costituiscano un marker promettente per discriminare i pazienti che hanno ricevuto dosi minime da quelli che hanno subito gravi esposizioni.

  • Livello ematico di citrullina: una diminuzione nei livelli di citrullina indica danni gastrointestinali.

  • Livelli ematici del ligando del recettore tirosin-chinasi-3 fms-like (FLT-3): il ligando del recettore tirosin-chinasi-3 fms-like è un marker di danno ematopoietico.

  • Interleuchina-6 (IL-6): questo marker di infiammazione è aumentato ad alte dosi di radiazioni.

  • Test quantitativo per il fattore stimolante le colonie di granulociti: i livelli sono aumentati a dosi di radiazioni più elevate.

  • Studi citogenetici con indice di sovradispersione: questi esami sono utilizzati per valutare l'esposizione parziale del corpo.

Tabella

Contaminazione radioattiva

Quando si sospetta una contaminazione, si deve esaminare tutto il corpo con un sensore Geiger-Müller a finestra sottile collegato a un misuratore (contatore Geiger) per identificare la localizzazione e l'estensione della contaminazione esterna. Inoltre, per rivelare una possibile contaminazione interna, si passano nelle narici, nelle orecchie, in bocca e sulle ferite dei tamponi umidi che vengono poi testati con il contatore. Quando si sospetta una contaminazione interna, la radioattività deve essere testata anche sull'urina, sulle feci e sul vomito.

Riferimenti relativi alla diagnosi

  1. 1. Toft P, Tønnesen E, Helbo-Hansen HS, et al: Redistribution of granulocytes in patients after major surgical stress. APMIS 102(1):43-48, 1994. doi: 10.1111/j.1699-0463.1994.tb04843.x

  2. 2. DeRijk R, Michelson D, Karp B, et al: Exercise and circadian rhythm-induced variations in plasma cortisol differentially regulate interleukin-1 beta (IL-1 beta), IL-6, and tumor necrosis factor-alpha (TNF alpha) production in humans: high sensitivity of TNF alpha and resistance of IL-6. J Clin Endocrinol Metab82(7):2182-2191, 1997. doi: 10.1210/jcem.82.7.4041

Prognosi dell'esposizione e della contaminazione da radiazioni

Senza assistenza medica, la LD50/60 (la dose letale attesa per il 50% dei pazienti entro 60 giorni) in seguito a irradiazione corporea totale è di circa 3 Gy; l'esposizione a > 6 Gy è quasi sempre fatale. Per esposizioni < 6 Gy, la sopravvivenza è possibile ed è inversamente correlata alla dose totale. Il tempo che intercorre fino al decesso diminuisce all'aumentare della dose. Il decesso si verifica nell'arco di ore o di pochi giorni in pazienti affetti da sindrome cerebrovascolare e, di solito, da 2 giorni ad alcune settimane nel caso di pazienti colpiti da sindrome gastrointestinale. In pazienti affetti da sindrome ematopoietica, il decesso può avvenire nel giro di 4-8 settimane se subentra un'infezione o un'emorragia pesante. I pazienti esposti a dosi a corpo intero < 2 Gy recuperano completamente entro 1 mese, sebbene si possano manifestare sequele a lungo termine (p. es., neoplasie).

Con cure mediche, la LD-50/60 è di 6 Gy. Occasionalmente alcuni pazienti sono sopravvissuti a dosi fino a 10 Gy. Comorbilità significative, lesioni e ustioni peggiorano la prognosi.

Trattamento dell'esposizione e della contaminazione da radiazioni

  • Trattamento prioritario di gravi lesioni traumatiche o condizioni mediche pericolose per la vita

  • Minimizzazione dell'esposizione e della contaminazione da radiazioni del personale sanitario

  • Trattamento della contaminazione esterna e interna

  • Talvolta misure specifiche per particolari radionuclidi

  • Precauzioni e trattamento del sistema immunitario compromesso

  • Minimizzare la risposta infiammatoria

  • Terapia di supporto

L'esposizione a radiazioni può essere accompagnata da lesioni fisiche (p. es., derivanti da ustioni, esplosioni o cadute). Il trauma associato espone a un rischio di vita più immediato dell'esposizione alle radiazioni e deve essere trattato rapidamente (vedi Approccio al paziente traumatizzato: valutazione e trattamento). La rianimazione post-trauma del paziente con lesioni gravi ha la priorità rispetto alle misure di decontaminazione e non deve essere ritardata in attesa degli strumenti e del personale dedicati alla gestione dell'emergenza radiazioni. Le precauzioni standard universali routinariamente impiegate nella gestione dei traumi proteggono adeguatamente la squadra di terapia intensiva.

Informazioni esaurienti e affidabili sui principi del danno da radiazioni e su come gestirlo sono disponibili sul sito web dell'US Department of Health and Human Services Radiation Event Medical Management. Queste informazioni possono essere scaricate su un personal computer o su uno smartphone nel caso in cui la connessione a internet venga persa durante un incidente che comporti radiazioni. Le linee guida di consenso sulla gestione clinica per la gestione ottimale delle sindromi da radiazioni acute sono state sviluppate da una consulenza internazionale di esperti convocati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per considerare la qualità delle prove a sostegno di varie linee guida di trattamento (vedi tabella Management of Acute Radiation Syndromes [ARS]).

Consigli ed errori da evitare

  • Il trauma associato espone a un rischio di vita più immediato dell'esposizione alle radiazioni e deve essere trattato rapidamente. Le precauzioni standard universali routinariamente impiegate nella gestione dei traumi proteggono adeguatamente la squadra di terapia intensiva.

Tabella

Preparazione

La Joint Commission (NdT: ente non profit che certifica il rispetto di specifici standard da parte delle organizzazioni sanitarie), richiede che tutti gli ospedali abbiano protocolli e che il personale sia addestrato per gestire la contaminazione di pazienti con materiali pericolosi, inclusi i materiali radioattivi. L'identificazione di una contaminazione radioattiva nei pazienti deve indurre prontamente al loro isolamento in un'area apposita (se fattibile), alla decontaminazione e alla notifica al responsabile della radioprotezione ospedaliera, alle autorità della sanità pubblica, alle squadre che gestiscono i materiali pericolosi e alle forze dell'ordine, in modo che possano indagare sulla fonte della radioattività.

Se fattibile, le superfici dell'area in cui avviene il trattamento possono essere ricoperte con fogli di plastica per facilitare la decontaminazione della struttura. Questa misura non deve mai avere la precedenza sulle manovre necessarie per la stabilizzazione medica. Devono essere prontamente disponibili recipienti per i rifiuti (marcati con la dicitura "Attenzione, materiale radioattivo"), contenitori per i campioni e contatori Geiger. Tutto il materiale che è stato in contatto con la stanza o con il paziente (comprese le apparecchiature dell'ambulanza) deve rimanere isolato fino alla verifica dell'assenza di contaminazione. Un'eccezione è costituita da un incidente di massa, durante il quale apparecchiature critiche leggermente contaminate, come elicotteri, ambulanze, sale traumi e dispositivi per RX, TC e procedure chirurgiche, devono rapidamente essere decontaminate per quanto possibile e tornare in servizio.

Il personale coinvolto nel trattamento o nel trasporto del paziente deve seguire le precauzioni standard, indossando cappellini, maschere, camici, guanti e copriscarpe. Gli indumenti usati devono essere posti in apposite borse o contenitori marcati. Si devono indossare dosimetri per monitorare l'esposizione alle radiazioni. Il personale sanitario può avvicendarsi in turni per minimizzare l'esposizione e il personale in gravidanza deve essere escluso dall'area di trattamento.

Poiché è ragionevole prevedere che dalla maggior parte dei pazienti contaminati risultino bassi tassi di esposizione, è improbabile che i membri dello staff medico che assistono un paziente tipico ricevano dosi superiori al limite di esposizione occupazionale di 0,05 Sv/anno. Persino nel caso estremo delle vittime di radiazioni a seguito dell'incidente al reattore nucleare di Chernobyl, il personale medico che curò i pazienti in ospedale ricevette < 0,01 Sv. Molte fonti autorevoli suggeriscono che una dose fino ad almeno 0,5 Gy possa essere considerata un rischio accettabile per l'attività di salvataggio.

Decontaminazione esterna

La sequenza tipica e le priorità sono

  • Rimuovere l'abbigliamento e i detriti esterni

  • Decontaminare le ferite prima di decontaminare la pelle intatta

  • Pulire prima le aree più contaminate

  • Utilizzare un rivelatore di radiazioni per monitorare i progressi della decontaminazione

  • Continuare la decontaminazione fino a che le parti interessate non producano conte inferiori a 2-3 volte la radioattività di fondo o non vi sia alcuna riduzione significativa tra i tentativi di decontaminazione

I vestiti vanno rimossi con cautela per ridurre la diffusione della contaminazione e posti in recipienti appropriatamente marcati. La rimozione dei vestiti elimina circa il 90% della contaminazione esterna. I corpi estranei devono essere considerati contaminati fino a che non siano stati controllati con un rivelatore di radiazioni.

Le ferite contaminate vanno decontaminate prima della pelle intatta; si irrigano con soluzione fisiologica e si strofinano delicatamente con un tampone di garza sterile. Si può effettuare un minimo sbrigliamento dei lembi della ferita se vi è contaminazione residua dopo vari tentativi di pulizia. Lo sbrigliamento oltre il margine della ferita non è necessario, sebbene le schegge radioattive incorporate possano avere tassi di esposizione alle radiazioni molto elevati e quindi devono essere rimosse usando una pinza lunga o un dispositivo simile e poste in un contenitore di piombo.

La cute e i capelli contaminati vanno lavati con acqua tiepida e detergenti blandi finché i valori letti dal rivelatore di radioattività non sono al di sotto di 2-3 volte la radioattività di fondo normale o finché i lavaggi successivi non riducono più i livelli di contaminazione in maniera significativa. Tutte le ferite vanno ricoperte durante il lavaggio per prevenire l'introduzione di materiale radioattivo. Lo strofinio deve essere deciso ma non deve causare abrasioni cutanee. È necessaria un'attenzione particolare per le unghie e le pieghe cutanee. I capelli che restano contaminati vanno rimossi con forbici o regolatori elettrici; va evitata la rasatura. Indurre sudorazione (p. es., mettendo un guanto di gomma su una mano contaminata) può contribuire a rimuovere eventuali contaminazioni residue della pelle.

Le ustioni vanno sciacquate delicatamente piuttosto che strofinate perché strofinare può aumentare la gravità delle lesioni. I successivi cambi di medicazione contribuiscono a rimuovere la contaminazione residua.

La decontaminazione non è necessaria per i pazienti che sono stati irradiati da una sorgente esterna e non sono contaminati.

Decontaminazione interna

Il materiale radioattivo ingerito deve essere rimosso prontamente inducendo il vomito o mediante una lavanda gastrica, se l'esposizione è recente. Per la contaminazione orale è indicato il lavaggio frequente della bocca con soluzione fisiologica o perossido di idrogeno diluito. Gli occhi che sono stati esposti devono essere decontaminati dirigendo il flusso di acqua o di soluzione fisiologica lateralmente, per evitare di contaminare il dotto nasolacrimale.

L'urgenza e l'importanza di ricorrere a misure di trattamento più specifiche dipendono dal tipo e dalla quantità dei radionuclidi, dalla loro forma chimica e dalle caratteristiche metaboliche (p. es., solubilità, affinità per specifici organi bersaglio), dalla via di contaminazione (p. es., per inalazione, ingestione, o attraverso ferite contaminate) e dall'efficacia del metodo terapeutico. La decisione di trattare una contaminazione interna richiede la conoscenza dei potenziali rischi; si raccomanda una consulenza specialistica (p. es., presso i Centers for Disease and Control and Prevention [CDC] o il Radiation Emergency Assistance Center/Training Site [REAC/TS]).

I metodi attualmente usati per la rimozione dei contaminanti radioattivi dal corpo (la cosiddetta decorporation) comprendono

  • La saturazione dell'organo bersaglio (p. es., con lo ioduro di potassio [KI] per gli isotopi dello iodio) (vedi CDC: Potassium Iodide (KI))

  • La chelazione nel sito di ingresso o nei fluidi corporei seguita da escrezione rapida (p. es., usando il dietilentriammina penta-acetato [DTPA] di calcio o zinco per l'americio, il californio, il plutonio e l'ittrio) (vedi CDC: DTPA)

  • L'accelerazione del ciclo metabolico del radionuclide per diluizione isotopica (p. es., impiegando l'acqua per l'idrogeno-3)

  • La precipitazione del radionuclide nel lume intestinale seguita da escrezione fecale (p. es., con soluzioni orali di fosfato di calcio o di alluminio per lo stronzio-90)

  • Lo scambio ionico nel tratto gastrointestinale (p. es., usando il blu di Prussia per il cesio-137, il rubidio-82, il tallio-201) (vedi CDC: Prussian Blue)

Poiché un grave incidente nel reattore di una centrale nucleare che rilasciasse prodotti di fissione nell'ambiente potrebbe causare l'esposizione di cospicui gruppi di persone allo iodio radioattivo, la decorporation mediante lo ioduro di potassio per via orale è stata studiata in dettaglio. L'ioduro di potassio satura i recettori iodici della tiroide; questo impedisce alla ghiandola di assorbire iodio radioattivo, che è la principale causa di morbilità. Lo ioduro di potassio è efficace > 95% dei casi se somministrato al momento giusto (1 h prima dell'esposizione). Tuttavia, l'efficacia si riduce significativamente col tempo (~80% efficace 2 h dopo l'esposizione e la somministrazione dopo 24 h dall'esposizione non offrirà alcuna protezione). Lo ioduro di potassio può essere somministrato sotto forma di compresse o come soluzione sovrasatura (dosaggio: adulti e bambini > 68 kg, 130 mg; dai 3 ai 18 anni [< 68 kg], 65 mg; da 1 a 36 mesi, 32 mg; per età < 1 mese, 16 mg). Il composto è efficace solo per la contaminazione interna da ioduri radioattivi e non ha alcun beneficio nella contaminazione interna da nessun altro elemento radioattivo. La maggior parte degli altri farmaci utilizzati per la decontaminazione è molto meno efficace e riduce la dose sul paziente solo del 25-75%. Tra le controindicazioni allo ioduro di potassio vi sono le allergie allo iodio e alcune disturbi cutanei associati a ipersensibilità allo iodio (p. es., dermatite erpetiforme, vasculite orticarioide).

Trattamento specifico

La terapia sintomatica si effettua secondo la necessità e comprende il trattamento di shock e ipossia, la terapia del dolore e dell'ansia, e la somministrazione di sedativi (lorazepam 1-2 mg EV al bisogno) per il controllo delle convulsioni, antiemetici (metoclopramide 10-20 mg EV ogni 4-6 h, proclorperazina 5-10 mg EV ogni 4-6 h, o ondansetron 4-8 mg EV ogni 8-12 h) per controllare il vomito, e antidiarroici orali (caolino/pectina 30-60 mL a ogni scarica di feci non formate o loperamide 4 mg inizialmente, poi 2 mg a ogni scarica di feci liquide) per la diarrea.

Non esiste alcun trattamento specifico per la sindrome cerebrovascolare. È inesorabilmente fatale; la terapia deve garantire il comfort del paziente.

La sindrome gastrointestinale è trattata con rianimazione aggressiva di liquidi e sostituzione elettrolitica. La nutrizione parenterale deve essere avviata per promuovere il riposo intestinale. Ai pazienti febbrili devono essere somministrati immediatamente antibiotici ad ampio spettro (p. es., imipenem 500 mg EV ogni 6 h). Lo shock settico a causa di infezioni ingravescenti è la più frequente causa di morte.

La terapia della sindrome ematopoietica è simile a quella dell'ipoplasia midollare e della pancitopenia dovute a qualsiasi causa. Per trattare l'anemia e la trombocitopenia devono essere trasfusi emoderivati, mentre i fattori di crescita ematopoietici (granulocyte colony-stimulating factor and granulocyte macrophage colony-stimulating factor) e gli antibiotici ad ampio spettro devono essere somministrati, rispettivamente, per trattare la neutropenia e la febbre neutropenica (vedi Trattamento della neutropenia e della linfocitopenia). I pazienti affetti da neutropenia devono anche essere messi in isolamento inverso. Con una dose di radiazioni su tutto il corpo > 4 Gy, la probabilità di recupero del midollo osseo è scarsa e i fattori di crescita ematopoietici devono essere somministrati il più presto possibile. Il filgrastim può essere utilizzato per il trattamento della mielosoppressione da radiazioni. Il trapianto di cellule staminali totipotenti ha riscontrato un successo limitato, ma deve essere preso in considerazione per esposizioni > 7-10 Gy.

Le citochine possono essere d'ausilio. I farmaci e i dosaggi raccomandati sono

  • Filgrastim (G-CSF) 10 microgrammi per chilogrammo di peso del paziente (10 mcg/kg) al giorno per iniezione sottocutanea. Deve essere somministrato il prima possibile dopo un'esposizione sospetta o confermata a dosi di radiazioni superiori a 2 gray (Gy).

  • Sargramostim (fattore stimolante le colonie di granulociti e macrofagi [GM-CSF]) da 5 a 10 mcg/kg 1 volta/die sottocute o 200 a 400 mcg/m2 1 volta/die sottocute

  • Pegfilgrastim (G-CSF pegilato) 6 mg sottocute 1 volta

Le piaghe o ulcere indotte dalle radiazioni che non riescono a guarire in modo soddisfacente possono essere curate mediante un innesto cutaneo o altre procedure chirurgiche.

A parte il regolare monitoraggio per i segni di alcuni disturbi (p. es., l'esame oftalmico per la cataratta, i test di funzionalità tiroidea per le tireopatie), non vi sono esami o trattamenti particolari per specifici danni d'organo o cancro.

Prevenzione dell'esposizione e della contaminazione da radiazioni

La protezione dall'esposizione alle radiazioni si attua evitando la contaminazione con materiale radioattivo e minimizzando la durata dell'esposizione, massimizzando la distanza dalla sorgente di radiazioni e schermando la sorgente. Durante alcune procedure di imaging che coinvolgono radiazioni ionizzanti e durante la radioterapia, parti del corpo che sono vicine, ma non sono il bersaglio della procedura di imaging o della terapia, devono essere schermate per quanto possibile con il piombo.

Sebbene la schermatura del personale con i grembiuli di piombo o gli schermi trasparenti disponibili in commercio riduca efficacemente l'esposizione ai raggi X a bassa energia dispersi dalle apparecchiature di diagnostica per immagini e per procedure a guida fluoroscopica, tali grembiuli e schermi sono pressoché inutili per ridurre l'esposizione ai raggi gamma ad alta energia prodotti dai radionuclidi che verrebbero probabilmente utilizzati in un incidente terroristico o rilasciati da un incidente in una centrale nucleare. In questi casi, le misure che possono ridurre l'esposizione comprendono l'uso di precauzioni standard, l'esecuzione di procedure di decontaminazione e il mantenimento della distanza da pazienti contaminati a meno che non si stia fornendo attivamente assistenza.

Tutti coloro che lavorano intorno a sorgenti di radiazioni devono indossare un dosimetro se sono a rischio di esposizioni > 10% della dose massima consentita per esposizioni occupazionali (0,05 Sv). I dosimetri elettronici ad autolettura sono utili per monitorare la dose cumulativa ricevuta durante un incidente.

Risposta della popolazione

In seguito a una contaminazione ambientale diffusa di alto livello a causa di un incidente a una centrale nucleare o del rilascio accidentale o intenzionale di materiale radioattivo, l'esposizione può essere ridotta

  • Cercando riparo sul posto

  • Evacuando la zona contaminata

L'approccio migliore dipende da molte variabili evento-specifiche, tra cui

  • Il tempo trascorso dal rilascio iniziale

  • Se il rilascio è stato interrotto o è in corso

  • Condizioni meteorologiche

  • Disponibilità e tipo di riparo

  • Condizioni di evacuazione (p. es., traffico, disponibilità di trasporto)

Il pubblico deve seguire i consigli dei funzionari sanitari locali come indicato nei sistemi di notifica di emergenza. In caso di dubbio, cercare riparo in loco è la migliore opzione fino a quando non siano disponibili ulteriori informazioni. Se viene consigliato di cercare un rifugio, la scelta migliore è la parte centrale di una struttura in cemento o metallo, sopra o sotto il livello stradale (p. es., in un seminterrato). Se l'evento è la detonazione di un'arma nucleare, per le prime ore dopo la detonazione si può trovare un riparo il più efficace e il più rapidamente possibile sul posto e poi seguire il consiglio dei funzionari locali di risposta alle emergenze.

Messaggi coerenti e concisi da parte delle autorità della sanità pubblica possono contribuire a ridurre il panico inutile e a diminuire il numero di visite al pronto soccorso da parte di soggetti a basso rischio, impedendo così che il pronto soccorso sia intasato. Un tale piano di comunicazione deve essere sviluppato prima di qualsiasi evento. Si raccomanda un piano per ridurre la domanda di risorse di pronto soccorso, fornendo un percorso alternativo per il primo soccorso, la decontaminazione, e l'assistenza a persone senza problemi di salute urgenti.

Coloro che vivono in un raggio di 16 km da un impianto nucleare devono avere pronto accesso alle compresse di ioduro di potassio. Tali compresse possono essere reperite nelle farmacie locali e in alcune agenzie di sanità pubblica.

Farmaci preventivi

I farmaci radioprotettivi, come i composti tiolici con proprietà di rimozione dei radicali, si sono dimostrati capaci di ridurre la mortalità se somministrati prima o durante l'irradiazione in pazienti sottoposti a chemioterapia e/o radioterapia. Ulteriori indagini sono necessarie per dimostrare il beneficio nel caso di esposizioni a radiazioni non mediche (p. es., incidenti in centrali nucleari).

L'amifostina è un potente agente radioprotettivo iniettabile che appartiene a questa categoria. È usato clinicamente per prevenire la xerostomia nei pazienti sottoposti a radioterapia. Gli effetti avversi comprendono nausea e vomito, ipotensione, e riduzione di calcio sierico. L'esposizione di un nascituro a questo farmaco può causare malformazioni congenite.

Il palifermin, un fattore di crescita epiteliale mucocutaneo, è una versione modificata di una proteina umana naturale chiamata fattore di crescita dei cheratinociti che viene prodotto in laboratorio. È usato per ridurre le possibilità di sviluppare una mucosite grave e diminuire la durata della mucosite nei pazienti che ricevono alte dosi di chemioterapia e radiazioni seguite da rescue (salvataggio) da cellule staminali. Il palifermin può interagire con l'eparina, pertanto le linee endovenose devono essere risciacquate con soluzione fisiologica prima e dopo la somministrazione di palifermin. Gli effetti avversi comprendono rash cutaneo, pancreatite, febbre ed edema periferico. L'esposizione di un nascituro a questo farmaco può causare malformazioni congenite. Il dosaggio è di 60 mcg/kg 1 volta/die.

Per ulteriori informazioni

Le seguenti risorse in lingua inglese possono essere utili. Si noti che il Manuale non è responsabile per il contenuto di queste risorse.

  1. Singh VK, Seed TM: The efficacy and safety of amifostine for the acute radiation syndrome. Expert Opin Drug Saf 18(11):1077-1090, 2019. doi: 10.1080/14740338.2019.1666104

  2. Centers for Disease Control and Prevention, Radiation Emergencies: Information for Clinicians. Questa risorsa comprende linee guida e collegamenti a risorse di formazione.

  3. Department of Energy Radiation Emergency Assistance Center/Training Site (REAC/TS): This organization provides 24-hour consultations to US-based people who need it. Nei giorni feriali: (865) 576-3131. Dopo le ore lavorative e fine settimana: (865) 576-1005. (Chiedere REAC/TS). Email: reacts@orau.org.

  4. US Department of Health and Human Services Radiation Emergency Medical Management: This is an invaluable resource that is maintained with concise and up-to-date authoritative guidance on the clinical management of radiation injuries for all levels of healthcare providers.

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