Trapianto di fegato

DiMartin Hertl, MD, PhD, Rush University Medical Center
Revisionato/Rivisto ago 2022
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

Il trapianto di fegato è il trapianto di organo solido al 2o posto in ordine di frequenza. (Vedi anche Panoramica sui trapianti.)

Le indicazioni per il trapianto di fegato comprendono

Nei pazienti con carcinoma epatocellulare, il trapianto è indicato nel caso di tumore unico < 5 cm oppure fino a 3 tumori < 3 cm. Questi criteri, oltre all'assenza di coinvolgimento extraepatico e dei vasi, soddisfano i criteri di Milano, utilizzati per valutare l'idoneità del trapianto di fegato per i pazienti con cirrosi e carcinoma epatocellulare. Nei pazienti con metastasi epatiche, il trapianto è indicato solo per i tumori neuroendocrini senza accrescimento extraepatico dopo asportazione del tumore primitivo.

Le controindicazioni assolute al trapianto di fegato sono

  • Elevata pressione endocranica (> 40 mmHg) o bassa pressione di perfusione cerebrale (< 60 mmHg) in pazienti con necrosi epatica fulminante

  • Grave ipertensione polmonare (pressione arteriosa polmonare media > 50 mmHg)

  • Sepsi

  • Carcinoma epatocellulare avanzato o metastatico

Tutte queste condizioni portano a risultati negativi durante o dopo il trapianto.

Donatori di fegato

Quasi tutti i fegati donati provengono da donatori in morte cerebrale (deceduti), a cuore battente, compatibili per dimensioni e gruppo ABO. La tipizzazione tissutale e la compatibilità per il sistema dell'antigene leucocitario umano (HLA) non sono sempre prospetticamente necessarie. Trapianti di fegato incompatibili per il gruppo ABO sono stati effettuati con successo in bambini < 2 anni; in bambini di età maggiore e negli adulti, questi trapianti non vengono effettuati a causa di un rischio elevato di rigetto e di danno del dotto biliare (ductopenia) con colestasi, che richiederebbe un nuovo trapianto.

Ogni anno, più di 500 trapianti negli Stati Uniti sono effettuati da donatore vivente, che può vivere senza il suo lobo destro (in caso di trapianto tra adulti) o senza segmento laterale del suo lobo sinistro (nel trapianto da adulto a bambino). I vantaggi della donazione da vivente comprendono per il ricevente tempi d'attesa ridotti e per gli organi prelevati una minore durata dell'ischemia fredda, soprattutto perché i trapianti possono essere programmati per ottimizzare le condizioni del paziente. Gli svantaggi per il donatore comprendono un rischio di morte pari a 1/600-1/700 (rispetto a quello di 1/3300 del trapianto di rene da donatore vivente) e complicanze (p. es., fistola biliare, emorragia) fino a in un quarto dei pazienti. I medici devono fare ogni sforzo per evitare la coercizione psicologica dei donatori.

Pochi fegati provengono da donatori deceduti, non a cuore battente (chiamati donazione da donatori dopo-morte-cardiaca [donation-after-cardiac-death, DCD]), ma in questi casi, le complicanze del dotto biliare si sviluppano fino a in un terzo dei riceventi perché il fegato era stato danneggiato da ischemia prima della donazione.

I fattori di rischio del donatore (deceduto o vivente) associati al fallimento del trapianto nel ricevente comprendono

  • Età > 50 anni

  • Steatosi epatica

  • Elevati enzimi epatici, bilirubina, o entrambi

  • Permanenza prolungata in un'unità di terapia intensiva

  • Ipotensione che necessita di trattamento con farmaci vasopressori

  • Ipernatriemia

  • Possibilmente trapianto da donatori di sesso femminile a destinatari maschi

Tuttavia, dato il grande squilibrio tra domanda e offerta di trapianti epatici (peraltro in aumento data la prevalenza di cirrosi post-epatitica), vengono sempre più utilizzati fegati di donatori > 50 anni, fegati con tempi più lunghi di ischemia fredda, con infiltrazione lipidica e con epatite virale (per trapianto in riceventi affetti da cirrosi post-epatitica).

Altre strategie per aumentare l'offerta comprendono

  • Trapianto di fegato diviso: fegati di donatori deceduti vengono divisi in lobo destro e sinistro o in lobo destro e segmento laterale sinistro (procedura effettuata in o ex situ) e trapiantati in 2 riceventi

  • Trapianto domino: raramente il fegato di un donatore cadavere viene impiantato in un ricevente con malattia infiltrativa (p. es., amiloidosi) e il fegato malato espiantato viene impiantato in un ricevente anziano che può giovarsi del fegato malato ma non ha un'aspettativa di vita tale da sperimentare gli effetti avversi del malfunzionamento del trapianto.

Malgrado queste innovazioni, molti pazienti muoiono in attesa del trapianto. In alcuni centri, vengono impiegate tecniche di assistenza epatica (perfusione extracorporea o sospensioni di colture di epatociti o linee cellulari immortalizzate di epatoma) per mantenere i pazienti in vita fino alla disponibilità di un fegato o fino al superamento dello stato di insufficienza acuta.

Assegnazione degli organi

Per la distribuzione degli organi disponibili, ai pazienti della lista d'attesa nazionale degli Stati Uniti viene assegnato un punteggio prognostico basato sui valori di creatinina, bilirubina e rapporto internazionale normalizzato (INR) (usando il Model for End-Stage Liver Disease [MELD] per gli adulti) oppure sull'età e sui valori di albumina sierica, bilirubina, rapporto internazionale normalizzato e ritardo della crescita (usando il Pediatric End-Stage Liver Disease [PELD] per i bambini). Il MELD (Model for End-Stage Liver Disease) e il PELD (Pediatric End-Stage Liver Disease) sono modelli che vengono utilizzati per calcolare la possibilità di attesa di un trapianto di fegato da parte di un paziente in fin di vita a causa di una malattia epatica. Il punteggio MELDNa è simile, ma include il livello di sodio nel calcolo. Ai pazienti a maggior rischio di morte viene assegnata la massima priorità per organi provenienti da donatori compatibili. Ai pazienti con carcinoma epatocellulare, viene assegnato un punteggio che riflette il rischio di mortalità, basato sulle dimensioni del tumore e sul tempo di attesa.

Procedura

I fegati dei donatori deceduti vengono rimossi dopo che la laparotomia esplorativa conferma l'assenza di carcinoma epatocellulare avanzato o metastatico, che precluderebbe il trapianto. I donatori viventi sono sottoposti a resezione lobare o segmentale.

I fegati espiantati vengono perfusi e conservati in soluzioni fredde fino a 18 h prima del trapianto; l'incidenza di malfunzionamento e di lesione biliare di tipo ischemico aumenta nel caso di conservazione prolungata.

L'epatectomia del ricevente è la parte più impegnativa della procedura, perché spesso viene eseguita in pazienti con ipertensione portale e deficit di coagulazione. La perdita ematica intraoperatoria totale può superare le > 100 unità in rari casi, ma l'uso di dispositivi per il recupero del sangue e di presidi per autotrasfusione riduce il fabbisogno di trasfusioni di sangue allogenico a una media di 5-10 unità. Dopo l'epatectomia, la vena cava sovraepatica dell'organo donato viene anastomizzata alla vena cava del ricevente con modalità termino-laterale (tecnica "piggy-back"). Vengono quindi anastomizzati vasi portali, arterie epatiche e dotti biliari del donatore e del ricevente. Con questa tecnica, non è necessaria una pompa bypass per trasportare il sangue venoso portale al circolo venoso sistemico. Il posizionamento eterotopico del fegato (non nella sua normale posizione) fornisce un fegato ausiliario e risolve diverse difficoltà tecniche, ma i risultati sono stati deludenti e la tecnica è ancora sperimentale.

I regimi immunosoppressivi variano (vedi Immunosoppressione post-trapianto. Comunemente, gli anticorpi monoclonali anti-recettore dell'IL-2 vengono somministrati il giorno del trapianto, con un inibitore della calcineurina (ciclosporina o tacrolimus), il micofenolato e i corticosteroidi. Fatta eccezione per i pazienti con epatite autoimmune, i corticosteroidi possono essere ridotti nell'arco di settimane e spesso sospesi dopo 3-4 mesi. Rispetto ad altri trapianti di organi solidi, quello di fegato richiede la dose minore di immunosoppressori.

Complicanze del trapianto di fegato

(Vedi anche Complicanze post-trapianto.)

Rigetto

Per motivi sconosciuti, gli allotrapianti di fegato vanno incontro a rigetto meno grave rispetto ad altri allotrapianti di organo; il rigetto iperacuto compare con frequenza ridotta rispetto a quella attesa nei pazienti presensibilizzati agli antigeni HLA o ABO, per cui spesso, gli immunosoppressori possono essere ridotti in tempi relativamente brevi e infine sospesi. La maggior parte degli episodi di rigetto acuto è lieve e autolimitante, e si verifica nei primi 3-6 mesi e non pregiudica la sopravvivenza del trapianto.

I fattori di rischio per il rigetto includono

  • Giovane età del destinatario

  • Età avanzata del donatore

  • Disabbinamento maggiore dell'HLA

  • Tempi più lunghi di ischemia fredda

  • Malattie autoimmuni

Un peggiore stato nutrizionale (p. es., nell'alcolismo) appare protettivo.

La sintomatologia del rigetto dipende dal tipo di rigetto (vedi tabella Manifestazioni di rigetto del trapianto di fegato per categoria). Sintomi di rigetto acuto si verificano nel 50% dei pazienti circa; i sintomi del rigetto cronico compaiono in < 2%.

Tabella

La diagnosi differenziale di rigetto acuto comprende l'epatite virale (p. es., infezione da cytomegalovirus o Epstein-Barr virus, recidive dell'epatite B, C, o entrambe), la tossicità degli inibitori della calcineurina, e la colestasi. Il rigetto può essere diagnosticato mediante agobiopsia percutanea se la diagnosi non è clinicamente evidente.

Il rigetto sospetto viene trattato con corticosteroidi EV; in caso di inefficacia dei corticosteroidi, un'alternative è rappresentata dalla globulina antitimocitaria (nel 10-20% dei casi). Quando il rigetto è resistente agli immunosoppressori si tenta un secondo trapianto.

Recidiva di epatite dopo il trapianto

L'immunosoppressione contribuisce alla ricorrenza dell'epatite virale nei soggetti affetti da cirrosi post-epatitica prima del trapianto. L'epatite C recidiva in quasi tutti i pazienti; di solito, la viremia e l'infezione sono clinicamente silenti ma possono causare epatite attiva e cirrosi.

I fattori di rischio per la reinfezione clinicamente significativa possono essere correlati al

  • Destinatario: p. es., età avanzata, tipo di HLA, e carcinoma epatocellulare

  • Donatore: p. es., età avanzata, infiltrazione grassa, tempo di ischemia prolungato, e donatore vivente

  • Virus: carica virale alta, genotipo 1B e mancata risposta all'interferone

  • Eventi post-procedurali: dosi degli immunosoppressori, rigetto acuto trattato con corticosteroidi e infezione da cytomegalovirus

Le terapie antivirali più recenti (p. es., telaprevir) hanno trasformato la terapia di pazienti con cirrosi correlata all'epatite C. Gli organi dei donatori di pazienti con infezione da virus dell'epatite C sono sempre più utilizzati, in parte perché una percentuale più ampia della popolazione statunitense è dipendente dagli oppiacei e quindi utilizza aghi contaminati. I risultati sono stati eccellenti. Il tasso di guarigione per l'epatite C è vicino al 100% e il trattamento dopo il successo del trapianto di fegato in pazienti immunodepressi è ugualmente efficace. L'epatite B ricorre in tutti i pazienti ma può essere trattata con successo con farmaci antivirali; la coinfezione da epatite D sembra avere un ruolo protettivo nei confronti della recidiva.

Altre complicanze

Le complicanze precoci (entro 2 mesi) di un trapianto di fegato comprendono

  • Non funzionamento primario (ossia, il fegato non funziona mai e deve essere sostituito con urgenza) nell'1-5% dei casi

  • Disfunzione meccanica biliare (p. es., stenosi delle anastomosi ischemici, perdita di bile, ostruzioni duttale, perdite di liquidi attorno al tubo T) nel 15-20% dei casi

  • Trombosi della vena porta in < 5% dei casi

  • Trombosi dell'arteria epatica nel 3-5% dei casi (specialmente nei bambini piccoli o nei riceventi di innesti divisi)

  • Aneurisma micotico dell'arteria epatica o pseudoaneurisma e rottura dell'arteria epatica

Tipicamente la sintomatologia delle complicanze precoci comprende febbre, ipotensione e risultati dei test epatici anomali.

Le complicanze tardive più frequenti sono

  • Le stenosi dei dotti biliari intraepatiche o anastomotiche, che provocano sintomi di colestasi e colangite

Dopo il trapianto di fegato con innesti da donatori deceduti, non a cuore battente (chiamati donazione da donatori dopo-morte-cardiaca [donation-after-cardiac-death, DCD]), possono verificarsi in particolare stenosi, che avvengono in circa un quarto fino a un terzo dei riceventi. A volte le stenosi possono essere trattate per via endoscopica o utilizzando una colangiografia transepatica percutanea, stent o entrambi, ma spesso alla fine, si rende necessario un nuovo trapianto.

Prognosi del trapianto di fegato

Ad 1 anno dopo il trapianto di fegato, i tassi di sopravvivenza sono

  • Trapianti da donatore vivente: 90% (pazienti) e 82% (organi trapiantati)

  • Trapianti da cadavere: 91% (pazienti) e 85% (organi trapiantati)

I tassi di sopravvivenza globale sono

  • A 3 anni: 79% (pazienti) e 72% (organi trapiantati)

  • A 5 anni: 73% (pazienti) e 65% (organi trapiantati)

La sopravvivenza è migliore per i pazienti che hanno avuto un'insufficienza epatica cronica piuttosto che acuta. Il decesso dopo 1 anno è solitamente attribuibile a patologie ricorrenti (p. es., tumori, steatoepatite non alcolica [NASH]) piuttosto che a complicanze post-trapianto.

La recidiva di epatite C portava alla cirrosi nel 15-30% dei pazienti in 5 anni, ma le attuali terapie antivirali hanno reso questo evento raro. Anche l'epatite C colestatica post-trapianto a esordio precoce può essere facilmente reversibile con farmaci antivirali. Le patologie epatiche con una componente autoimmune (p. es., cirrosi biliare primitiva, colangite sclerosante primitiva, epatite autoimmune) recidivano nel 20-30% entro 5 anni.

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