Panoramica sulla rivascolarizzazione per le sindromi coronariche acute

DiRanya N. Sweis, MD, MS, Northwestern University Feinberg School of Medicine;
Arif Jivan, MD, PhD, Northwestern University Feinberg School of Medicine
Revisionato/Rivisto feb 2024
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

La rivascolarizzazione consiste nel ripristino della fornitura di sangue al miocardio ischemico, nel tentativo di limitare i danni in corso, nel ridurre l'irritabilità ventricolare, e nel migliorare la prognosi a breve e a lungo termine nei pazienti con sindromi coronariche acute. Le modalità di rivascolarizzazione comprendono:

L'uso, la tempistica e le modalità di rivascolarizzazione dipendono dal tipo di sindrome coronarica acuta, dai tempi d'esordio, dall'entità e dalla localizzazione delle lesioni anatomiche, e dalla disponibilità di personale e strutture (vedi figura Approccio alle sindromi coronariche acute1)

Angina instabile e infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST

La riperfusione immediata non è urgente nei pazienti con infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST non complicato, in cui è infrequente la completa occlusione dell'arteria responsabile dell'infarto al momento dell'esordio o nei pazienti con angina instabile che rispondono alla terapia medica. Tali pazienti sono in genere sottoposti a coronarografia entro le prime 24-48 h di degenza per identificare eventuali lesioni coronariche che richiedano intervento coronarico percutaneo o intervento di bypass aorto-coronarico.

Un approccio non interventistico e un tentativo di gestione medica sono effettuati per i pazienti in cui l'angiografia dimostra

  • Solo una piccola area di miocardio a rischio

  • Morfologia della lesione non suscettibile di angioplastica percutanea

  • Malattia anatomicamente non significativa (stenosi coronarica < 50%)

  • Significativa malattia dell'arteria coronaria principale sinistra in pazienti che non sono candidati a intervento di bypass aorto-coronarico

Inoltre, la coronarografia o l'intervento coronarico percutaneo devono essere rimandati a favore di una gestione medica nei pazienti con un alto rischio di morbilità o mortalità correlate alla procedura.

Al contrario, i pazienti con dolore toracico persistente nonostante terapia medica massimale o complicanze (p. es., biomarker cardiaci particolarmente elevati, presenza di shock cardiogeno, insufficienza mitralica acuta, difetto del setto interventricolare [comunicazione interventricolare], aritmie instabili) devono essere indirizzati direttamente alla sala di emodinamica per identificare lesioni coronariche che possono richiedere un intervento coronarico percutaneo o un intervento di bypass aorto-coronarico.

Come nei pazienti con angina stabile, l'intervento di bypass aorto-coronarico è stato storicamente preferito rispetto all'intervento coronarico percutaneo nei pazienti con malattia del tronco comune o dell'arteria principale sinistra (sebbene i dati a supporto di questa pratica stiano cambiando), e per quelli con disfunzione del ventricolo sinistro o diabete. L'intervento di bypass aorto-coronarico deve essere considerato quando l'intervento coronarico percutaneo non riesce, non può essere utilizzato (p. es., nelle lesioni lunghe o localizzate in punti di biforcazione), o causa dissezione coronarica acuta.

I fibrinolitici non sono indicati nell'angina instabile o nell'infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST. Il rischio supera il potenziale beneficio.

Infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST

L'intervento coronarico percutaneo di emergenza è il trattamento preferenziale dell'infarto con sopraslivellamento del tratto ST quando è praticabile in poco tempo (tempo tra l'arrivo del paziente in ospedale e l'inflazione del palloncino < 90 min) da un operatore esperto (1). Le indicazioni per eseguire un intervento coronarico percutaneo in urgenza in tempi più lunghi in caso di infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST comprendono instabilità emodinamica, aritmie maligne che richiedono il pacing transvenoso provvisorio o ripetute cardioversioni, e l'età > 75 anni. Se le lesioni necessitano di intervento di bypass aorto-coronarico, vi è una significativa mortalità e un più alto tasso di morbilità.

Se è probabile che vi sia un significativo ritardo nella disponibilità dell'intervento coronarico percutaneo, la trombolisi deve essere effettuata nei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST che rispondano a criteri precisi (vedi tabella Terapia fibrinolitica per l'infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST). La terapia riperfusiva con fibrinolitici è massimamente efficace se somministrata entro pochi minuti o poche ore dall'esordio dell'infarto del miocardio. Quanto più precocemente si inizia un fibrinolitico, tanto migliore è il risultato. L'obiettivo è un tempo door-to-needle (ossia, il tempo che intercorre tra l'arrivo del paziente in ospedale e la somministrazione del fibrinolitico) da 30 a 60 min. Il massimo beneficio si verifica entro 3 h, ma i farmaci possono essere efficaci fino a 12 h. Usata con l'aspirina, la trombolisi riduce il tasso di mortalità ospedaliera del 30-50% e migliora la funzione ventricolare. L'uso preospedaliero di fibrinolitici da parte di paramedici addestrati può ridurre significativamente i tempi di trattamento e deve essere preso in considerazione in situazioni in cui l'intervento coronarico percutaneo entro 90 minuti non è possibile, in particolare nei pazienti che si presentano entro le 3 h dall'insorgenza dei sintomi.

Indipendentemente da ciò, la maggior parte dei pazienti sottoposti a trombolisi richiede in ultima analisi il trasferimento presso un centro dotato di emodinamica, per un controllo coronarografico elettivo, e un intervento coronarico percutaneo quando necessario, prima della dimissione. L'intervento coronarico percutaneo deve essere considerato dopo la fibrinolisi qualora il dolore o il sopraslivellamento del segmento ST persistano 60 minuti dall'inizio della fibrinolisi o se il dolore e il sopraslivellamento del segmento ST recidivano, ma soltanto se l'intervento coronarico percutaneo può essere iniziato < 90 minuti dall'insorgenza della recidiva. Se l'intervento coronarico percutaneo non è disponibile, possono essere ripetuti i fibrinolitici.

Le caratteristiche e la selezione dei farmaci fibrinolitici sono trattati altrove.

Tabella

Riferimento generale

  1. 1. Lawton JS, Tamis-Holland JE, Bangalore S, et al: 2021 ACC/AHA/SCAI guideline for coronary artery revascularization: a report of the ACC/AHA Joint Committee on Clinical Practice Guidelines. J Am Coll Cardiol 79(2):e21–e129, 2022. doi: 10.1016/j.jacc.2021.09.006

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