Tularemia

(Febbre dei conigli; Febbre dei tafani)

DiLarry M. Bush, MD, FACP, Charles E. Schmidt College of Medicine, Florida Atlantic University;
Maria T. Vazquez-Pertejo, MD, FACP, Wellington Regional Medical Center
Revisionato/Rivisto apr 2022
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

La tularemia è una malattia febbrile causata dai batteri Gram-negativi Francisella tularensis; può assomigliare alla febbre tifoide. I sintomi sono una lesione primaria ulcerativa locale, linfoadenopatia regionale, sintomi sistemici imponenti, e occasionalmente, polmonite atipica. La diagnosi è principalmente epidemiologica e clinica e supportata dai test sierologici. La terapia prevede streptomicina, gentamicina, cloramfenicolo, ciprofloxacina o doxiciclina.

Ci sono 7 sindromi cliniche associate a tularemia (vedi tabella Tipi di tularemia); le manifestazioni cliniche variano in base al tipo di esposizione per il microrganismo.

Il microrganismo responsabile, F. tularensis, è un bacillo aerobio di piccole dimensioni, pleiomorfo, immobile, non sporigeno e Gram-negativo che penetra nel microrganismo tramite

  • Ingestione di cibo o acqua contaminati

  • Morso di un vettore artropode infetto (zecche, tafani, pulci)

  • Inalazione

  • Contatto diretto con tessuti o materiale infetti

La tularemia non si diffonde da persona a persona.

Tabella

Il microrganismo è capace di penetrare la cute apparentemente integra ma, effettivamente, penetra attraverso microlesioni.

Due tipi di F. tularensis causano la maggior parte dei casi di tularemia:

  • Tipo A: questo è il sierotipo più virulento per l'uomo; si reperta generalmente nei conigli, nelle lepri e nei roditori negli Stati Uniti e in Canada.

  • Tipo B: questo tipo causa abitualmente un'infezione ulcero-ghiandolare lieve e si ritrova nei roditori e negli ambienti acquatici in tutto l'emisfero boreale, incluso il Nord America, l'Europa e l'Asia.

Gli individui che solitamente contraggono l'infezione sono i cacciatori, i macellai, i contadini, e i conciatori di pelli. Nei mesi invernali, la maggior parte dei casi di infezione deriva da contatti con lepri e conigli selvatici infetti (specialmente durante lo scuoiamento). Nei mesi estivi, l'infezione deriva solitamente da contatti con altri animali infetti o con uccelli o da punture da zecche infette o altri artropodi. Raramente, si possono verificare casi per ingestione di carni infette poco cotte, per consumo di acque contaminate, o nella falciatura dei campi in aree endemiche. Negli stati occidentali degli Stati Uniti, altre sorgenti di infezione sono le zecche, le mosche, i tafani e il contatto diretto con animali infetti. Non si conoscono casi di trasmissione interumana. Il personale di laboratorio è particolarmente a rischio perché l'infezione viene contratta facilmente durante la normale manipolazione dei campioni infetti.

La tularemia è considerata un possibile agente di bioterrorismo perché l'inalazione di un minimo di 10 microrganismi sotto forma di aerosol può causare grave polmonite.

Nei casi disseminati, si hanno le caratteristiche lesioni necrotiche focali in vari stadi di evoluzione, diffuse in tutto il corpo. Sono estese da 1 mm a 8 cm e di colorito giallo biancastro; vengono viste esternamente come lesioni principali sulle dita, gli occhi o la bocca, e comunemente si verificano in linfonodi, milza, fegato, reni e polmoni. Nei casi di polmonite, i focolai necrotici si verificano a livello polmonare. Nonostante possa comparire una tossicità sistemica, finora non sono state scoperte tossine.

Sintomatologia della tularemia

L'esordio della tularemia è improvviso, verificandosi 1-10 giorni dopo l'esposizione (di solito 2-4 giorni), con cefalea, brividi, nausea, vomito, febbre da 39,5 a 40° C e stato di grave prostrazione. Compaiono anche astenia marcata, brividi ricorrenti e sudorazione profusa. Le manifestazioni cliniche dipendono in parte dal tipo di esposizione (vedi tabella Tipi di tularemia).

Entro 24-48 h, compare una papula infiammata nella sede di esposizione (dito, braccio, occhio o palato), tranne che nelle forme di tularemia ghiandolare o tifoide. La papula diventa rapidamente pustolosa e si ulcera, producendo un cratere ulceroso deterso, con scarso essudato, incolore e tenue. Le ulcere di solito sono singole sulle estremità ma multiple a livello di occhi o bocca. Di solito, è interessato solo un occhio. I linfonodi regionali si rigonfiano e possono presentare suppurazione e secrezione abbondante. Una condizione simil-tifoide si sviluppa frequentemente a partire dal 5o die, e il paziente può sviluppare una polmonite atipica, talvolta accompagnata da delirium.

Tularemia
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Nella tularemia ulceroghiandolare, una papula infiammata appare sul dito o sulla mano (nella parte superiore); essa diventa quindi rapidamente pustolosa e si ulcera, producendo un cratere ulceroso deterso, con scarso essudato, incolore e tenue (nella parte inferiore).
Immagine per gentile concessione di CDC/Dr. Brachman (alto) and CDC/Emory Univ.; Dr. Sellers (basso) via the Public Health Image Library of the Centers for Disease Control and Prevention.

La tularemia polmonare può verificarsi dopo l'inalazione o la diffusione ematogena da un altro tipo di tularemia; si sviluppa nel 10-15% dei casi di tularemia ulceroghiandolare e in circa il 50% dei casi di tularemia tifoidea. Malgrado siano spesso presenti segni di consolidamento polmonare, gli unici reperti obiettivi della polmonite da tularemia sono la riduzione del murmure vescicolare e occasionali rantoli. Una tosse secca, non produttiva si associa a una sensazione di bruciore retrosternale. In qualsiasi fase della malattia può comparire un'eruzione aspecifica simil-rubeolica. Possono verificarsi splenomegalia e perisplenite. Nei casi non trattati la temperatura resta elevata per 3-4 settimane e si risolve gradualmente. Rare complicanze dell'infezione sono la mediastinite, l'ascesso polmonare e la meningite.

Diagnosi della tularemia

  • Esami colturali

  • Test sierologici e PCR (Polymerase Chain Reaction) in fase acuta e in convalescenza

La diagnosi di tularemia viene sospettata sulla base di un'anamnesi positiva per contatto con conigli, lepri o roditori o esposizione a vettori artropodi, l'insorgenza improvvisa dei sintomi, e le caratteristiche della lesione primaria e della linfoadenopatia regionale.

I pazienti devono essere sottoposti a emocoltura e alla coltura di materiale clinico rilevante (p. es., escreato, lesioni); le colture di routine possono essere negative, e il laboratorio dovrà essere informato del sospetto di tularemia cosicché possano essere utilizzati mezzi adeguati (e vengano garantite appropriate precauzioni di sicurezza).

I titoli anticorpi in fase acuta e in convalescenza devono essere eseguiti a 2 settimane di distanza. Un aumento di 4 volte o un singolo titolo > 1:128 è diagnostico. Il siero dei pazienti con brucellosi può dare reazioni crociate con gli antigeni di F. tularensis ma spesso a titoli assai inferiori. La colorazione con anticorpi fluorescenti o immunoistochimica viene usata da alcuni laboratori. Il test PCR (Polymerase Chain Reaction) può fornire una diagnosi rapida.

La leucocitosi è frequente, ma la conta dei globuli bianchi può risultare normale con un semplice aumento della quota dei polimorfonucleati.

Siccome questo microrganismo è altamente infettivo, campioni e terreni di coltura da pazienti sospetti di avere la tularemia devono essere maneggiati con estrema cautela e, se possibile, processati da laboratori attrezzati per l'isolamento e con un alto livello di biosicurezza, di livello 3.

Prognosi della tularemia

La mortalità è pressoché nulla nei casi trattati e del 6% circa nei casi non trattati di tularemia ulceroghiandolare. I tassi di mortalità sono più alti per l'infezione di tipo A e per la tularemia tifoidea, setticemica e polmonare; sono al 33% per i casi non trattati. Il decesso si verifica in seguito ad infezione gravissima, polmonite, meningite o peritonite. Le recidive possono manifestarsi in soggetti trattati in maniera inadeguata. La prima infezione conferisce un'immunità completa.

Trattamento della tularemia

  • Streptomicina (più cloramfenicolo per la meningite)

Il farmaco preferito è

  • Streptomicina 1 g IM ogni 12 h per gli adulti e 15 mg/kg IM ogni 12 h per i bambini per 7-10 giorni per la malattia da moderata a grave

Se vi è evidenza di meningite vengono aggiunti cloramfenicolo 12,5-25 mg/kg EV ogni 6 h o doxiciclina 100 mg per via orale 2 volte/die per 14-21 giorni.

Alternative alla streptomicina comprendono:

  • Gentamicina 1 a 2 mg/kg IM o EV ogni 8 h (da moderata a grave malattia)

  • Doxiciclina 100 mg per via orale ogni 12 h (per malattia lieve)

  • Cloramfenicolo 12,5-25 mg/kg EV ogni 6 h (utilizzato solo per la meningite perché ci sono alternative più efficaci e più sicure)

  • Ciprofloxacina 500 mg per via orale ogni 12 h (per malattia lieve)

In un ambiente di massa casuale se il trattamento parenterale non è fattibile, possono essere utilizzate la doxiciclina o la ciprofloxacina orale per adulti e bambini. Tuttavia, di tanto in tanto si verificano ricadute con tutti questi farmaci, che possono non prevenire la suppurazione linfonodale.

Bendaggi umidi di soluzione fisiologica applicati con continuità sono indicati per le lesioni cutanee primarie e possono lenire la gravità della linfangite e della linfoadenite. Il drenaggio chirurgico degli ascessi più grandi è raramente necessario a meno che la terapia non venga ritardata.

Nella tularemia oculare, si ottiene sollievo con applicazioni di compresse imbevute di soluzione fisiologica calda e con l'uso di occhiali scuri. Nei casi più gravi, l'omatropina al 2%, 1-2 gocce ogni 4 h può alleviare i sintomi.

La cefalea intensa di solito risponde agli analgesici.

Prevenzione della tularemia

Quando si entra in aree endemiche, le persone devono usare abbigliamento a prova di zecche e repellenti. Deve essere fatta un'accurata ricerca delle zecche dopo aver lasciato l'area infestata da queste. Tutte le zecche devono essere rimosse immediatamente (vedi barra laterale Prevenzione dei morsi di zecca).

Quando si maneggiano conigli, lepri e roditori, soprattutto nelle aree endemiche, si devono indossare abiti protettivi, compresi guanti di gomma e mascherine per il viso, perché i microrganismi possono essere presenti nell'animale e nelle feci delle zecche sul pelo dell'animale. Gli uccelli selvatici e la selvaggina devono essere cotti con cura.

L'acqua potenzialmente contaminata deve essere disinfettata prima dell'uso.

Nessun vaccino è attualmente disponibile, anche se uno è attualmente in fase di approvazione da parte dell'FDA (U.S. Food and Drug Administration). La profilassi antibiotica con 14 giorni di doxiciclina o ciprofloxacina orale è consigliata dopo l'esposizione ad alto rischio (p. es., un incidente di laboratorio).

Punti chiave

  • L'F. tularensis è un microrganismo altamente infettivo; negli Stati Uniti e in Canada, il serbatoio principale è costituito da conigli selvatici e roditori.

  • La tularemia può essere acquisita in molti modi, tra cui il contatto diretto con animali infetti (in particolare conigli e lepri) o uccelli, punture di artropodi infetti, contatto accidentale con campioni di laboratorio o, raramente, l'inalazione di un aerosol infettivo o ingestione di carne o di acqua contaminate.

  • I pazienti hanno la febbre a 39,5-40°C e altri sintomi organici (p. es., mal di testa, brividi, nausea, vomito, grave prostrazione) insieme con manifestazioni specifiche relative all'organo colpito; le lesioni della pelle e/o la linfoadenite sono più frequenti, inoltre può verificarsi anche la polmonite

  • Diagnosticare per mezzo di emocolture e di materiale clinico significativo; i titoli anticorpali della fase acuta e convalescente, la PCR (Polymerase Chain Reaction) e alcune tecniche di colorazione possono anche essere utili.

  • Trattare con streptomicina (più cloramfenicolo per la meningite).

  • Prendere opportune precauzioni in aree endemiche che includono varie strategie come quelle di evitare le zecche, l'uso di dispositivi di protezione durante la manipolazione di conigli e roditori, e cottura accurata degli uccelli selvatici e selvaggina.

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