Intervento chirurgico

DiPaul K. Mohabir, MD, Stanford University School of Medicine;
André V Coombs, MBBS, Texas Tech University Health Sciences Center
Revisionato/Rivisto dic 2020
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I fatti in Breve

Chirurgia è il termine tradizionalmente impiegato per descrivere procedure (denominate interventi chirurgici) che comportano il taglio manuale o l’inserimento di punti nei tessuti per curare malattie, lesioni o deformità. Tuttavia, i progressi nelle tecniche chirurgiche hanno reso la definizione più complessa. Talvolta, l’incisione dei tessuti viene effettuata con il laser, con le radiazioni o con altre tecniche (diverse dal bisturi) e le ferite possono essere suturate senza l’impiego di punti.

Nelle cure mediche moderne, la distinzione fra procedura chirurgica e procedura medica (in genere considerata una procedura che non comporta il taglio o punti nei tessuti) non è sempre semplice. Tale distinzione non è tuttavia importante a condizione che il medico che esegue la procedura sia esperto e possieda una buona formazione.

La chirurgia è un’area della medicina molto vasta e comprende molte tecniche diverse. Alcuni interventi chirurgici prevedono la rimozione di tessuto, per esempio un ascesso o un tumore. Altri consistono nell’apertura di ostruzioni. Altri ancora sono intesi a collegare arterie e vene ad altri distretti, allo scopo di aumentare la perfusione di zone irrorate in modo insufficiente.

In un altro tipo di intervento chirurgico, detto trapianto, organi quali la pelle, un rene o il fegato possono essere rimossi dal corpo e quindi trasferiti in un altro punto dello stesso corpo (come nel caso della pelle) o in un altro corpo.

Possono essere impiantati innesti cutanei, talvolta costituiti da materiali artificiali, per sostituire vasi sanguigni o tessuto connettivo e possono essere impiantate protesi metalliche nelle ossa per stabilizzare o sostituire parti fratturate.

Talvolta, la chirurgia ha lo scopo di facilitare una diagnosi. Una biopsia, che consiste nell’asportazione di una parte di tessuto per esaminarla al microscopio, è l’esempio più comune di procedura chirurgica diagnostica. In alcune situazioni di emergenza, in cui non c’è tempo per eseguire esami diagnostici, la chirurgia viene utilizzata sia per formulare la diagnosi sia come terapia. Per esempio, per mezzo della chirurgia è possibile giungere rapidamente all’identificazione e alla riparazione di organi che sanguinano a causa di una ferita causata da un’arma da fuoco o da un incidente automobilistico.

In base all’urgenza, la chirurgia viene spesso suddivisa in tre categorie:

  • d’emergenza

  • d’urgenza

  • elettiva

La chirurgia d’emergenza si esegue, ad esempio, per arrestare una violenta emorragia interna e viene eseguita nel più breve tempo possibile, in quanto pochi minuti possono fare la differenza.

La chirurgia d’urgenza, ad esempio l’asportazione di un’appendice infiammata, viene eseguita entro poche ore se si vuole ottenere il miglior risultato.

La chirurgia elettiva, ad esempio la sostituzione dell’articolazione del ginocchio, può essere ritardata fino a ottimizzarne la preparazione e quindi offrire il miglior risultato durante e dopo la procedura chirurgica.

Chirurgia estetica

La chirurgia estetica è un tipo di chirurgia elettiva che si concentra sul miglioramento dell’aspetto.

La chirurgia estetica comporta una vasta gamma di interventi, ad esempio:

  • Ritidectomia: rimozione delle rughe dal viso e dal collo

  • Addominoplastica: rimozione di grasso e pelle in eccesso dall’area addominale

  • Mastoplastica: ampliamento o riduzione della dimensione delle mammelle

  • Chirurgia di sostituzione capillare: ripristino dei capelli sul cuoio capelluto

  • Chirurgia mandibolare: alterazione dell’aspetto della mandibola

  • Blefaroplastica: alterazione dell’aspetto degli occhi

  • Rinoplastica: alterazione dell’aspetto del naso

  • Liposuzione: rimozione del grasso corporeo

  • Scleroterapia: eliminazione delle vene varicose

Chi si vuole sottoporre a questi interventi deve scegliere un medico che abbia una specializzazione (abilitazione professionale) in chirurgia estetica e una vasta esperienza nel campo.

Dato che per ottenere il miglior risultato è necessario seguire rigorosamente le raccomandazioni postoperatorie, la chirurgia estetica viene raccomandata solo a persone altamente motivate.

Per quanto sia diffusa e allettante, la chirurgia estetica è costosa e comporta dei rischi, anche gravi per la salute, così come la possibilità che il risultato finale sia meno gradevole dell’aspetto originale.

Anestesia

Data la natura generalmente dolorosa delle pratiche chirurgiche, si procede quasi sempre alla somministrazione di un anestetico, di un analgesico o di entrambi. Gli anestetici bloccano la percezione del dolore provocando perdita di sensibilità (intorpidimento) o incoscienza, mentre gli analgesici sono farmaci somministrati per ridurre il dolore. Gli anestetici sono in genere somministrati da operatori sanitari specializzati e certificati nella somministrazione di anestesia. Si tratta di professionisti che possono essere medici (anestesisti) o infermieri (infermieri anestesisti). Gli infermieri anestesisti operano sotto la direzione di un anestesista.

Vi sono tre tipi di anestesia:

  • locale

  • regionale

  • Generici

Anestesia locale e regionale

Questi tipi di anestesia consistono nell’iniezione di farmaci (come lidocaina o bupivacaina), che anestetizzano solo specifiche parti del corpo.

Nell’anestesia locale, il farmaco viene iniettato sotto la cute nella sede da incidere, per anestetizzare solo quella zona.

Nel caso dell’anestesia regionale, che interessa un’area più vasta del corpo, il farmaco viene iniettato intorno a uno o più nervi così da anestetizzare l’area in cui quei nervi si diramano. Per esempio, iniettando un farmaco intorno ad alcuni nervi si possono anestetizzare le dita delle mani e dei piedi, oppure parti specifiche degli arti o gli interi arti. Un tipo di anestesia regionale prevede l’iniezione di un farmaco in una vena (anestesia regionale endovenosa). Un bendaggio elastico o un manicotto pneumatico che comprima l’arto a livello del punto dove si articola con il corpo può trattenere l’anestetico all’interno delle vene di quell’arto. L’anestesia regionale endovenosa può anestetizzare un intero arto.

Durante l’anestesia locale e regionale, il soggetto rimane sveglio. Tuttavia, i medici somministrano ansiolitici sedativi leggeri per via endovenosa per farlo rilassare. In rari casi, dopo la procedura chirurgica, parestesie, formicolii o dolori possono persistere nella zona anestetizzata per giorni o settimane.

L’anestesia spinale e quella epidurale sono tipi specifici di anestesia regionale, in cui un farmaco viene iniettato intorno al midollo spinale nella parte bassa della schiena. In base alla sede di iniezione e alla posizione del corpo, può essere anestetizzata un’area più o meno ampia (per esempio dalla vita ai piedi). L’anestesia spinale e quella epidurale sono utili per interventi nella parte inferiore del corpo, come riparazioni di ernie, prostata, retto, vescica, piedi e alcuni interventi ginecologici. Questi tipi di anestesia possono essere utili durante il parto. Talvolta, nei giorni successivi all’anestesia spinale, può svilupparsi cefalea che, in genere, può essere trattata con efficacia.

Anestesia generale

Con l’anestesia generale, viene somministrato un farmaco che penetra nel torrente ematico per fare perdere coscienza al soggetto. Il farmaco può essere somministrato per via endovenosa o essere inalato. Dato che l’anestesia generale riduce la frequenza respiratoria, l’anestesista inserisce un tubo in trachea per assistere la respirazione. Tuttavia, in caso di interventi di breve durata, l’intubazione può non essere necessaria e gli anestesisti possono sostenere la respirazione utilizzando una maschera ventilatoria. Se un intervento dura a lungo, la respirazione del paziente viene garantita da un ventilatore ( see page Ventilazione meccanica). L’anestesia generale interessa organi vitali, pertanto l’anestesista deve monitorare attentamente frequenza e ritmo cardiaco, respiro, temperatura corporea e pressione arteriosa, fino al completo smaltimento dei farmaci. Gli effetti collaterali gravi sono molto rari.

Sapevate che...

  • È molto raro che l’anestesia generale abbia effetti collaterali gravi.

Chirurgia maggiore e minore

Talvolta si fa distinzione tra chirurgia maggiore e minore, ma molte procedure chirurgiche presentano caratteristiche di entrambe.

Intervento chirurgico maggiore

La chirurgia maggiore spesso comporta l’apertura di una delle principali cavità del corpo (addome, torace e cranio). L’apertura dell’addome è chiamata laparotomia, quella del torace toracotomia e quella del cranio craniotomia. La chirurgia maggiore può sottoporre a stress gli organi vitali. L’intervento chirurgico è solitamente eseguito in anestesia generale in sala operatoria da un’équipe medica. Di solito, dopo un intervento chirurgico maggiore è necessaria una degenza di almeno una notte, tuttavia ora alcune importanti procedure chirurgiche vengono effettuate in sicurezza in regime ambulatoriale in ospedale o in un centro indipendente di chirurgia ambulatoriale. I medici considerano numerosi fattori per determinare se un intervento chirurgico maggiore possa essere eseguito ambulatorialmente, tra cui lo stato di salute generale del soggetto e il rischio di complicanze, la complessità dell’intervento chirurgico e la vicinanza di un ospedale qualora si renda necessario il ricovero del soggetto.

Chirurgia minore

Nella chirurgia minore, le principali cavità dell’organismo non vengono aperte. Un intervento chirurgico minore può implicare l’uso di anestesia locale, regionale o generale e può essere eseguito in un pronto soccorso, in un centro di chirurgia ambulatoriale o nell’ambulatorio di un medico. Gli organi vitali generalmente non sono sottoposti a stress e l’intervento chirurgico può essere eseguito da un unico medico, che può essere o non essere un chirurgo. Di solito, il soggetto può tornare a casa lo stesso giorno dell’intervento chirurgico minore.

Rischio chirurgico

I rischi della chirurgia, ossia la probabilità che l’intervento chirurgico provochi il decesso o un problema grave, dipendono dal tipo di chirurgia e dalle caratteristiche del soggetto.

I tipi di intervento chirurgico che presentano il rischio più elevato sono:

  • Chirurgia cardiaca o polmonare

  • Chirurgia epatica

  • Chirurgia addominale che richiede un lungo intervento o comporta un maggiore rischio di emorragia importante

  • Rimozione della ghiandola prostatica

  • Interventi importanti su ossa e articolazioni (per esempio, la sostituzione protesica dell’anca)

In generale, più le condizioni di salute generali del soggetto sono insoddisfacenti, maggiore è il rischio dell’intervento chirurgico. Alcuni problemi di salute particolari che aumentano il rischio della chirurgia sono:

I rischi sono spesso più elevati negli anziani (vedere In primo piano: l’invecchiamento, rischio chirurgico ed età). Tuttavia, i rischi sono determinati più dallo stato di salute generale che dall’età. I disturbi cronici che aumentano il rischio chirurgico e altri disturbi curabili, come la disidratazione, le infezioni e gli squilibri nei fluidi corporei ed elettrolitici e soprattutto l’insufficienza cardiaca e l’angina, devono essere controllati con un trattamento terapeutico il più presto possibile, prima di affrontare un intervento chirurgico.

Secondo consulto per intervento chirurgico

La scelta di sottoporsi a un intervento chirurgico non sempre è chiara e possono esservi opzioni terapeutiche non chirurgiche, nonché numerose procedure chirurgiche possibili. Pertanto, un soggetto può sentire la necessità di ascoltare il parere di più medici ( see page Secondo parere). Alcune assicurazioni sanitarie richiedono un secondo parere prima di un intervento chirurgico elettivo. Tuttavia, gli esperti possono essere in disaccordo su quale medico debba fornire il secondo parere.

  • Alcuni esperti consigliano di ottenere un secondo parere da un medico che non sia un chirurgo al fine di eliminare qualunque pregiudizio verso la chirurgia, quando una delle opzioni di trattamento è non chirurgica.

  • Altri specialisti consigliano di ottenere il secondo parere da un altro chirurgo, perché ritengono che le sue conoscenze, in merito ai vantaggi e agli inconvenienti di un intervento, siano superiori a quelle di un medico non chirurgo.

  • Alcuni specialisti forniscono raccomandazioni chiarendo che il chirurgo che fornisce il secondo parere non eseguirà la procedura chirurgica, eliminando così il possibile conflitto di interessi.

Chirurgia laparoscopica

I notevoli progressi tecnologici di oggi permettono di eseguire interventi chirurgici attraverso incisioni più piccole e minor trauma per i tessuti rispetto alla chirurgia tradizionale. Con questo tipo di intervento chirurgico, i chirurghi possono inserire piccole luci, videocamere e strumenti chirurgici attraverso incisioni molto piccole. È inoltre possibile eseguire procedure chirurgiche utilizzando le immagini visualizzate sui monitor come guida per manipolare gli strumenti chirurgici. Nella chirurgia robotica, le videocamere forniscono ai chirurghi una vista tridimensionale e i chirurghi controllano la strumentazione chirurgica attraverso un computer.

La chirurgia laparoscopica ha varie denominazioni, a seconda dell’area in cui viene eseguita: laparoscopia quando interessa l’addome, artroscopia quando interessa le articolazioni e toracoscopia quando interessa il torace.

Oltre a causare un minor danno tissutale rispetto alla chirurgia tradizionale, la chirurgia laparoscopica presenta diversi vantaggi, tra cui:

  • un ricovero più breve (nella maggior parte dei casi)

  • spesso, un ridotto dolore postoperatorio

  • un minor rischio di infezioni nel sito chirurgico

  • un ritorno al lavoro più rapido

  • cicatrici tendenzialmente più piccole

Tuttavia, le difficoltà della chirurgia laparoscopica vengono spesso sottovalutate da coloro che si sottopongono all’intervento e talvolta anche dai chirurghi. Per esempio, i chirurghi osservano il campo operatorio attraverso un monitor che riproduce solo una visione bidimensionale della sede su cui stanno operando. Inoltre, gli strumenti chirurgici utilizzati sono dotati di lunghi manipoli e sono controllati dall’esterno del corpo del soggetto; pertanto, il chirurgo può trovare scomodo il loro impiego rispetto agli strumenti chirurgici tradizionali. Per questi motivi, la chirurgia laparoscopica presenta potenziali svantaggi:

  • L’intervento di chirurgia laparoscopica spesso è di durata più lunga rispetto all’intervento chirurgico tradizionale.

  • Dato più rilevante, soprattutto nel caso in cui si stia effettuando una procedura nuova, la complessità del tipo di chirurgia rende più alto il margine di errore rispetto all’approccio tradizionale.

Inoltre, i soggetti dovrebbero sapere che sebbene meno dolorosa di quella tradizionale, la chirurgia laparoscopica comporta comunque una certa dose di dolore, spesso maggiore di quanto ci si aspetti.

Data la difficoltà tecnica della chirurgia laparoscopica, occorre prestare attenzione a quanto segue:

  • Scegliere un chirurgo di grande esperienza.

  • Stabilire se sia necessario ricorrere a tale chirurgia.

  • Chiedere al chirurgo quali modalità di trattamento del dolore verranno adottate.

Preparazione per il giorno dell’intervento

Sono numerosi i preparativi da eseguire nei giorni e nelle settimane che precedono l’intervento. Spesso si raccomanda di migliorare quanto più possibile le condizioni fisiche e nutrizionali perché un buono stato generale di salute aiuta le persone a superare meglio il periodo di ricovero e lo stress chirurgico. È consigliabile non portare con sé oggetti di valore. In genere, viene chiesto ai pazienti di non mangiare o bere nulla dopo la mezzanotte precedente l’intervento.

Consumo di alcol e farmaci/droghe

Evitare o ridurre al minimo l’assunzione di alcol prima di un intervento chirurgico che implica un’anestesia generale può rendere più sicura la procedura. L’uso eccessivo di alcol può danneggiare il fegato, provocando sanguinamenti importanti durante l’intervento, come pure l’improvvisa diminuzione o l’aumento dell’effetto dei farmaci usati per l’anestesia generale.

Le persone che hanno una dipendenza dall’alcol o da farmaci/droghe possono manifestare sintomi di astinenza (vedere sintomi da astinenza da alcol e anche sintomi da astinenza da farmaci/droghe) quando l’uso di queste sostanze viene improvvisamente interrotto o ridotto prima di un intervento. Pertanto, a volte il giorno dell’intervento, i medici somministrano sedativi (benzodiazepine) agli alcolisti. I medici potrebbero somministrare analgesici oppiacei (potenti antidolorifici) alle persone con dipendenza da oppiacei per aiutare a prevenire le crisi di astinenza. In rare occasioni, alle persone con dipendenza da oppiacei viene somministrato il metadone, che allevia anche il dolore forte, per prevenire una crisi di astinenza prima di un intervento chirurgico.

Uso di tabacco

Ai fumatori è consigliato di smettere di fumare il più presto possibile prima di ogni procedura che interessi il torace o l’addome. L’uso recente di tabacco rende più probabile lo sviluppo di anomalie del ritmo cardiaco durante un’anestesia generale e compromette la funzione polmonare. È necessario smettere di fumare varie settimane prima dell’intervento in modo da ripristinare i meccanismi di difesa dell’apparato respiratorio.

Valutazioni dei medici

Il chirurgo effettua un esame obiettivo e prende nota dell’anamnesi, che comprende quanto segue:

  • Sintomi recenti

  • Condizioni mediche pregresse

  • Eventuali reazioni ad anestetici

  • Uso di tabacco e alcol

  • Infezioni

  • Fattori di rischio per coaguli di sangue

  • Problemi riguardanti cuore e polmoni (quali tosse o dolore al torace)

  • Allergie

Al soggetto viene chiesta inoltre la lista dei farmaci assunti al momento. Devono essere elencati i farmaci assunti, prescritti o da banco, per evitare di incorrere in gravi problemi di salute. Per esempio, l’uso di aspirina, che può essere considerato superfluo menzionare, può far aumentare il sanguinamento durante l’intervento chirurgico. Inoltre, occorre comunicare l’uso di integratori alimentari o piante officinali (per esempio, ginkgo biloba o iperico), in quanto potrebbero avere effetti durante o dopo l’intervento chirurgico.

Può essere chiesto al paziente di smettere di prendere alcuni farmaci, quali warfarin e aspirina, da 5 a 7 giorni prima dell’intervento. Potrebbe essere chiesto di continuare a prendere altri farmaci che controllano disturbi cronici, come quelli per abbassare la pressione sanguigna. La maggior parte dei farmaci assunti per bocca può essere deglutita con un piccolo sorso d’acqua il giorno dell’intervento. Altri farmaci potrebbero essere somministrati per via endovenosa o rimandati a dopo l’intervento.

L’anestesista può incontrare il paziente il giorno prima dell’intervento chirurgico per controllare i risultati degli esami e identificare condizioni cliniche che possono influire sulla scelta del tipo di anestesia. Durante l’incontro possono essere discussi i tipi più sicuri ed efficaci di anestesia. L’anestesista valuta anche le persone con setto deviato o altre anomalie delle vie aeree prima degli interventi che richiedono l’inserimento di un tubo respiratorio.

Esami

A seconda delle condizioni generali di salute del soggetto e del tipo di procedura, gli esami eseguiti prima dell’intervento chirurgico (esami preoperatori) possono comprendere analisi del sangue e delle urine, elettrocardiogramma, radiografia del torace e test della capacità polmonare (test di funzionalità polmonare). Questi esami valutano il corretto funzionamento degli organi vitali. In caso di scarso funzionamento degli organi, lo stress dell’intervento chirurgico o dell’anestesia può causare vari problemi. Gli esami preoperatori occasionalmente rilevano anche una malattia silente transitoria, per esempio un’infezione, che potrebbe richiedere il rinvio dell’intervento chirurgico.

Conservazione di sangue per la trasfusione

Un soggetto può scegliere di conservare il proprio sangue nel caso in cui l’intervento chirurgico richieda una trasfusione. L’utilizzo del proprio sangue (trasfusione di sangue autologo, ) elimina il rischio di infezioni e soprattutto di reazioni da trasfusione. Se necessario, si prelevano 0,5 litri di sangue alla volta dal soggetto e lo si conserva per l’intervento. Il sangue deve essere prelevato non più di una volta alla settimana e l’ultimo prelievo deve probabilmente avvenire almeno 2 settimane prima dell’intervento chirurgico. L’organismo rigenera il sangue prelevato nelle settimane successive al prelievo.

Decisioni

Prima dell’intervento, il chirurgo ottiene il permesso del soggetto a eseguire l’intervento, un processo chiamato consenso informato. Il chirurgo discute dei rischi e dei benefici dell’operazione, così come delle alternative di trattamento, e risponde alle domande che gli vengono poste. Il soggetto legge e firma il modulo che documenta il consenso. In caso di chirurgia di emergenza, quando il soggetto non è in grado di fornire un consenso informato, i medici cercano di contattare i familiari. In alcuni rari casi, un intervento di emergenza deve essere eseguito prima di aver contattato la famiglia.

Deve essere predisposta la procura a lungo termine per assistenza sanitaria con la dichiarazione anticipata di trattamento prima dell’intervento chirurgico, nel caso in cui un soggetto diventasse incapace di comunicare o di intendere e di volere dopo l’operazione.

Preparazione del tratto digerente

Dato che alcuni farmaci somministrati durante l’intervento possono causare vomito, il soggetto in genere non deve né mangiare né bere a partire da almeno 8 ore prima dell’operazione. Per la chirurgia ambulatoriale, i soggetti non devono mangiare o bere nulla dopo la mezzanotte. Devono essere fornite indicazioni specifiche che variano a seconda del tipo di intervento chirurgico. I soggetti devono chiedere al medico quali dei farmaci regolarmente prescritti debbano essere presi prima dell’intervento. I soggetti che si sottopongono a un intervento chirurgico che interessa l’intestino devono assumere dei lassativi o sottoporsi a clisteri per un giorno o due prima dell’operazione.

Unghie

Dato che l’apparecchio che esegue il monitoraggio del livello di ossigeno nel sangue viene posizionato su un dito, le unghie finte e lo smalto per unghie devono essere rimossi prima di entrare in ospedale. In tal modo il dispositivo potrà funzionare con maggior precisione.

Giorno dell’intervento

Prima di un intervento maggiore, il paziente deve togliersi gli indumenti, i gioielli, gli apparecchi acustici, le protesi dentarie, gli occhiali o le lenti a contatto e indossare il camice ospedaliero. Quindi viene trasferito in una camera apposita (detta sala di pre-anestesia) oppure in sala operatoria, dove viene preparato prima dell’intervento. La cute su cui verrà effettuata l’incisione (sede dell’intervento) viene sterilizzata con un antisettico, che riduce al minimo i batteri e aiuta a prevenire le infezioni. Un operatore sanitario potrebbe rimuovere i peli dalla sede operatoria con un rasoio o con liquidi o creme depilatori.

A volte viene inserito un tubo di plastica (catetere) nella vescica per raccogliere le urine durante l’intervento.

In una vena della mano o del braccio viene inserito un catetere venoso attraverso cui vengono somministrati fluidi e i farmaci. Può essere somministrato un farmaco in vena (per via endovenosa) per sedare il soggetto.

Se l’operazione riguarda la bocca, il tratto intestinale, i polmoni, il tratto respiratorio o le vie urinarie, ai soggetti vengono somministrati uno o più antibiotici entro un’ora prima che venga effettuato il taglio della sede operatoria per prevenire eventuali infezioni (profilassi). Gli antibiotici vengono somministrati per via orale o endovenosa a seconda dell’intervento e, di solito, vengono sospesi entro 24 ore dopo l’intervento chirurgico. Questa terapia si applica anche ai soggetti sottoposti ad alcune altre operazioni in cui le infezioni sono particolarmente problematiche (per esempio, la sostituzione di un’articolazione o della valvola cardiaca).

diabete

Il giorno dell’intervento, i soggetti che assumono insulina come trattamento del diabete in genere ricevono un terzo della loro solita dose di insulina al mattino. Le persone che assumono farmaci per bocca come trattamento del diabete ricevono metà della dose normale. Se possibile, l’intervento viene effettuato all’inizio della giornata. L’anestesista monitora il livello di zuccheri (glucosio) durante l’intervento e somministra ulteriore insulina o glucosio secondo necessità. I pazienti non tornano al proprio regime di insulina finché non riprendono la propria dieta normale.

Dentiere

Prima che il tubo per respirare possa essere inserito nella trachea, eventuali dentiere devono essere rimosse. Idealmente prima di essere spostati dalla sala di pre-anestesia, sarebbe bene affidare la dentiera a un parente.

Corticosteroidi

Le persone che hanno preso prednisone o un altro corticosteroide da più di 3 settimane nell’anno precedente l’intervento, potrebbero avere bisogno di assumerlo durante l’intervento. I corticosteroidi non vengono somministrati durante gli interventi chirurgici minori.

Sala operatoria

I preparativi finali vengono effettuati nella sala pre-anestesia, dove il soggetto viene preparato prima di essere trasportato in sala operatoria. A questo punto, il soggetto viene trasportato in sala operatoria ancora sveglio, sebbene stordito, o già addormentato. Viene quindi spostato sul tavolo operatorio, illuminato da particolari lampade. I medici, gli infermieri e il resto del personale che viene in contatto con la zona dell’intervento, si devono lavare accuratamente le mani con sapone antisettico, per ridurre la presenza di virus e batteri in sala operatoria. Per l’intervento chirurgico dovranno inoltre indossare camici, maschere, copriscarpe, copricapo e guanti sterili. Prima dell’inizio dell’intervento chirurgico, l’équipe di sala operatoria si ferma un momento per accertare quanto segue:

  • L’identità del soggetto

  • La tecnica corretta, la sede e il lato del sito chirurgico (se applicabile)

  • La disponibilità di tutte le attrezzatura necessarie

  • Verifica che siano stati somministrati farmaci appropriati per prevenire problemi quali infezioni o coaguli di sangue (se necessario)

La somministrazione di anestesia locale, regionale o totale.

In sala operatoria

La sala operatoria è un ambiente sterile in cui un’équipe medica può eseguire interventi chirurgici. L’équipe chirurgica è composta da:

  • Chirurgo capo: dirige l’intervento chirurgico

  • Uno o più chirurghi assistenti: aiutano il chirurgo capo

  • Anestesista: controlla l’erogazione di anestetico e tiene monitorato da vicino il paziente

  • Strumentista: passa gli strumenti ai chirurghi

  • Infermiere di sala operatoria: provvede agli strumenti extra di cui ha bisogno l’équipe di sala operatoria

All’interno della sala operatoria è in genere presente un monitor per il controllo dei parametri vitali, un tavolo con gli strumenti e una lampada operatoria. I gas anestetici circolano all’interno di apposite macchine. A una macchina aspiratrice viene collegato un catetere atto a rimuovere il sangue e i liquidi in eccesso, al fine di rendere meglio visibile la sede dell’intervento. Vengono sono somministrati liquidi per via endovenosa prima dell’ingresso del soggetto in sala operatoria e durante l’intervento.

Dopo l’intervento chirurgico

A fine intervento il soggetto viene portato in sala di risveglio e tenuto in osservazione per circa 1 o 2 ore mentre termina l’effetto dell’anestesia. L’équipe di assistenza si assicura che la persona sia in grado di respirare, non sia a rischio di soffocamento e riceva i farmaci per controllare il dolore. L’équipe di assistenza valuta anche se la persona è in grado di ragionare con lucidità. La maggior parte dei soggetti si sente confusa al risveglio, soprattutto dopo un intervento chirurgico maggiore. Alcuni soggetti avvertono, per un breve periodo, una sensazione di nausea, altri sentono freddo.

A seconda del tipo di intervento e del tipo di anestesia, un soggetto può anche andare direttamente a casa dopo esser stato in sala di risveglio, oppure può essere trattenuto in ospedale, talvolta in un’unità di terapia intensiva (UTI).

Dimissione diretta

Un soggetto che viene dimesso deve essere in grado di:

  • Ragionare lucidamente

  • Respirare normalmente

  • Bere liquidi

  • Urinare

  • Camminare

  • Non provare dolore forte

I soggetti sottoposti ad anestesia o sedati e poi dimessi necessitano di essere accompagnati a casa da qualcun altro e non sono autorizzati a guidare. La sede dell’intervento non deve sanguinare né essere gonfia più del previsto.

Ricovero in ospedale

Un soggetto ricoverato in ospedale dopo un intervento chirurgico può svegliarsi con vari tubi e dispositivi collegati al proprio corpo. Possono essere presenti, per esempio, un tubo per respirare inserito in trachea, cerotti adesivi sul torace per il monitoraggio del battito cardiaco, un catetere vescicale, un dispositivo applicato a un dito della mano per monitorare il livello di ossigeno nel sangue, una medicazione sulla sede dell’intervento, un tubo che fuoriesce dal naso o dalla bocca e una o più cannule in vena.

Il dolore è normalmente presente dopo la maggior parte degli interventi e può essere quasi sempre alleviato. I farmaci atti ad alleviare il dolore (analgesici) possono essere somministrati in vena (per via endovenosa), per via orale o intramuscolare o mediante un cerotto applicato sulla cute. Se è stata somministrata l’anestesia epidurale, il catetere di plastica utilizzato per somministrare l’analgesico può essere lasciato in sede lombare e utilizzato per somministrare analgesici oppiacei, come la morfina. I soggetti degenti in ospedale, che soffrono di dolore acuto, possono ricevere un dispositivo che inietta continuamente un analgesico oppiaceo per via endovenosa, che può anche fornire una piccola quantità aggiuntiva di analgesico alla pressione di un pulsante da parte del soggetto (la cosiddetta analgesia controllata dal paziente). Se il dolore persiste, può essere necessario un ulteriore trattamento. L’uso ripetuto degli analgesici oppiacei causa spesso stipsi. Per prevenirla, i medici possono prescrivere al soggetto un lassativo o un emolliente delle feci.

Una buona alimentazione è fondamentale per la guarigione e riduce al minimo la possibilità di infezione. Le esigenze nutrizionali aumentano dopo gli interventi di chirurgia maggiore. Se il tipo di intervento rende impossibile mangiare per più di una settimana, può essere necessaria una fonte di nutrizione alternativa. I soggetti che conservano la funzione del tubo digerente, ma che non sono comunque in grado di alimentarsi, possono ricevere sostanze nutritive attraverso un sondino posizionato nello stomaco, introdotto attraverso il naso, la bocca o un’incisione nella parete addominale. In rari casi, ai soggetti che hanno subito un intervento chirurgico che abbia interessato il tratto gastrointestinale e che non possono nutrirsi per periodi prolungati, le sostanze nutritive possono essere fornite attraverso un catetere introdotto in una delle vene più grandi dell’organismo (nutrizione parenterale).

Complicanze dopo un intervento chirurgico

Nei giorni successivi all’intervento possono manifestarsi complicanze quali febbre, coaguli di sangue, lesioni, stato confusionale, difficoltà a urinare o defecare, perdita di massa muscolare e un deterioramento della forma fisica (detto decondizionamento).

La febbre che si presenta nei giorni o nelle settimane successivi all’intervento è dovuta a svariate cause comuni, come:

Talvolta i farmaci causano febbre. Un’altra possibile causa è un’infiammazione in risposta al trauma dell’intervento chirurgico. Il rischio di infezioni nella sede operatoria, di TVP e IVU può essere ridotto mediante cure meticolose nel periodo post-chirurgico. Il rischio di polmonite e atelettasia può essere ridotto inspirando ed espirando periodicamente ed energicamente in un dispositivo portatile (spirometria incentiva) e tossendo, se necessario.

Occasionalmente dopo un intervento si formano coaguli di sangue nelle vene degli arti inferiori o della zona pelvica (TVP), in particolare nei soggetti rimasti immobili durante e dopo l’intervento chirurgico o che hanno subito un intervento che ha interessato gli arti inferiori, la pelvi o entrambi. I trombi possono distaccarsi e attraversare il torrente ematico fino ai polmoni, dove possono bloccare la circolazione ematica polmonare (causando embolia polmonare). Di conseguenza, l’apporto di ossigeno al resto dell’organismo può risultare ridotto e, talvolta, la pressione del sangue può abbassarsi di colpo.

Dopo gli interventi chirurgici in cui è altamente probabile la formazione di coaguli e nei soggetti che dovranno rimanere molto probabilmente a lungo immobili, i medici prescrivono farmaci che impediscono al sangue di formare coaguli (anticoagulanti), ad esempio farmaci contenenti eparina a basso peso molecolare, oppure calze elastiche compressive da indossare per migliorare la circolazione sanguigna. Tuttavia, gli anticoagulanti non possono essere raccomandati per gli interventi chirurgici in cui tali farmaci possono aumentare sostanzialmente il sanguinamento. Gli interessati devono iniziare a muovere gli arti e a camminare non appena si sentono sicuri a farlo.

Le complicanze della ferita possono includere infezione e separazione dei lembi della ferita (deiscenza). Per ridurre il rischio d’infezione, i medici procedono alla medicazione dell’incisione chirurgica dopo l’intervento. In genere la medicazione praticata in sala operatoria viene lasciata in posizione per 24-48 ore a meno che non si manifestino segni di infezione (quali un aumento del dolore, gonfiore e secrezioni dalla ferita).

La medicazione prevede l’uso di garze sterili e solitamente include una pomata antibiotica. La medicazione mantiene i batteri lontani dall’incisione e assorbe i fluidi che trasudano. Poiché la prolungata esposizione a tali liquidi può favorire la proliferazione di batteri e infettare l’incisione, la medicazione viene cambiata frequentemente, di solito due volte al giorno. La ferita ed eventuali tubi di drenaggio, le suture o le graffette cutanee vengono esaminati ogni volta che viene cambiata la medicazione, a volte anche più spesso. Di tanto in tanto, si sviluppa un’infezione nonostante una cura ottimale della ferita. Una sede infetta può diventare progressivamente più dolente dopo 1 o più giorni dall’intervento chirurgico e può arrossarsi e divenire calda o drenare pus o altro liquido. Può inoltre insorgere febbre. Pertanto, quando si sviluppano questi sintomi, il medico deve essere contattato il prima possibile.

Non è escluso che si sviluppi uno stato didelirio (stato confusionale e agitazione) specialmente negli anziani (vedere In primo piano: l’invecchiamento, rischio chirurgico ed età). Possono contribuirvi i farmaci con effetti anticolinergici (come nel caso di stato confusionale, offuscamento della vista e perdita del controllo vescicale, see sidebar Anticolinergico: che cosa significa?), gli oppiacei, i sedativi o i bloccanti dell’istamina-2 (H2), così come può contribuirvi la scarsa ossigenazione del sangue. Questi farmaci che possono provocare uno stato confusionale, se possibile, devono essere evitati negli anziani.

Nei giorni successivi all’intervento sono comuni le difficoltà a urinare o defecare (stipsi). I fattori che vi contribuiscono possono includere l’uso di farmaci con effetti anticolinergici o oppiacei, la chirurgia intestinale, l’inattività e il non mangiare o bere. Il flusso di urina può bloccarsi completamente, distendendo la vescica. Il blocco delle vie urinarie può comportare infezioni delle vie urinarie. Talvolta, una pressione sul basso addome durante il tentativo di urinare allevia il blocco, ma spesso è necessario l’inserimento di un catetere nella vescica. Il catetere può essere lasciato in posizione o può essere rimosso non appena la vescica si svuota. Spesso, stando seduti piuttosto che sdraiati si può favorire la prevenzione del blocco. Alle persone che non hanno un blocco della vescica può essere somministrato betanecolo per bocca per stimolare la contrazione della vescica. Le persone che manifestano stipsi assumono dosi inferiori di oppiacei (antidolorifici) e di altri farmaci che provocano stipsi e iniziano a camminare il prima possibile. A meno che l’intervento subito non abbia interessato il tratto intestinale, i soggetti che sviluppano stipsi possono assumere anche lassativi che stimolano l’intestino, come bisacodile, senna o cascara. I lassativi emollienti delle feci, come il docusato, non aiutano.

La perdita di massa muscolare (sarcopenia) e di forza si verifica in tutti i soggetti che necessitano di riposo a letto per un periodo di tempo prolungato. Con il riposo a letto totale, i giovani adulti perdono circa l’1% della massa muscolare al giorno, ma gli anziani ne perdono fino al 5% al ​giorno a causa dei livelli più bassi di ormone della crescita, che è responsabile del mantenimento del tessuto muscolare. Adeguate quantità di massa muscolare sono importanti per la convalescenza. Pertanto, i soggetti devono iniziare ad alzarsi dal letto, a stare in piedi e a praticare attività fisica non appena e nella misura in cui sia sicuro farlo. Le persone che non ricevono una nutrizione adeguata sono maggiormente a rischio di sarcopenia, perciò vengono incoraggiate a mangiare e bere. Se non sono in grado di farlo da sole, può essere necessaria l’alimentazione con sonda o, raramente, quella parenterale.

Dimissioni dopo il ricovero (vedere anche )

Prima di lasciare l’ospedale, i soggetti hanno la responsabilità di:

  • Programmare una visita di controllo con il medico

  • Sapere quali farmaci assumere

  • Sapere quali attività evitare o limitare

Esempi di attività che possono dover essere evitate temporaneamente sono salire le scale, guidare, sollevare oggetti pesanti e avere rapporti sessuali. Il soggetto deve sapere quali sintomi rendono necessario contattare il medico prima della visita di controllo programmata.

Durante la convalescenza, il soggetto deve ricominciare le normali attività in modo graduale. Alcuni soggetti necessitano di riabilitazione, che prevede particolari esercizi e attività, volti a migliorare la forza muscolare e la flessibilità. Per esempio, la riabilitazione dopo un intervento all’anca può includere esercizi per riprendere a camminare, fare stretching e praticare attività fisica.

Primo piano sull’invecchiamento: rischio chirurgico ed età

A metà del Novecento, i chirurghi spesso esitavano a eseguire anche semplici interventi chirurgici su soggetti di età superiore ai 50 anni. I tempi sono cambiati. Negli Stati Uniti, oltre un terzo degli interventi chirurgici è eseguito su soggetti ultrasessantacinquenni.

Tuttavia, l’età aumenta il rischio di complicanze durante e dopo l’intervento chirurgico. Per esempio, gli anziani hanno maggiori probabilità rispetto ai giovani di sviluppare delirio dopo un intervento chirurgico. Hanno inoltre maggiori probabilità di avere gravi complicanze dal riposo a letto, che possono verificarsi dopo l’intervento chirurgico. Queste complicanze comprendono:

  • Coaguli di sangue

  • Perdita di massa muscolare

  • Polmonite

  • Infezioni delle vie urinarie

Con l’età aumenta anche il rischio di decesso durante o dopo un intervento chirurgico. Più di tre quarti dei decessi nel periodo immediatamente successivo a un intervento chirurgico si verifica in soggetti anziani. Inoltre, la chirurgia d’urgenza o a carico di torace o addome aumenta il rischio di decesso in tutte le fasce di età, ma in misura molto maggiore negli anziani.

Sebbene l’età in sé sia un fattore di rischio, lo stato di salute generale e la presenza di alcuni disturbi aumentano il rischio chirurgico molto più di quanto non faccia l’età. Un attacco cardiaco nei 6 mesi precedenti a un intervento chirurgico aumenta notevolmente il rischio, così come un’insufficienza cardiaca scarsamente controllata. Per esempio, insufficienza cardiaca, denutrizione (comune tra gli anziani che vivono in istituti) e dolore toracico particolarmente forte o in aumento (angina instabile) incrementano il rischio di intervento chirurgico negli anziani. I disturbi polmonari, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, comportano un certo motivo di preoccupazione nel determinare i rischi di un intervento chirurgico, in particolare tra i fumatori. Una funzione renale compromessa, ildiabete di tipo 1, l’ictus o attacchi ischemici transitori pregressi e problemi della funzione mentale, quale la demenza, possono anch’essi aumentare il rischio.

Alcune procedure chirurgiche comportano rischi maggiori rispetto ad altre. Per esempio, gli interventi chirurgici a carico di addome o torace, la rimozione della prostata e gli interventi di chirurgia maggiore su un’articolazione (come la sostituzione dell’anca) sono classificati tra le procedure più rischiose. Molte procedure a cui si sottopongono comunemente gli anziani, come l’intervento di rimozione della cataratta e gli interventi chirurgici a carico delle piccole articolazioni, comportano rischi minori. Se un soggetto anziano presenta un buono stato di salute generale, la maggior parte degli interventi chirurgici, compresi quelli considerati a più alto rischio, può essere eseguita in modo sicuro.

Quando sono alti, i rischi della chirurgia possono essere comunque controbilanciati dai potenziali benefici. Per esempio, un intervento chirurgico che comporta un certo rischio di decesso, come la riparazione di un grande aneurisma aortico, deve essere preso in considerazione se il soggetto ha un’aspettativa di vita di ulteriori 8 o 10 anni, in quanto tali aneurismi aumentano il rischio di decesso se non vengono riparati. Tuttavia, tale intervento chirurgico deve essere possibilmente evitato in presenza di altre malattie che limitano l’aspettativa di vita a soli 1 o 2 anni.

Quando i rischi di un intervento chirurgico sono bassi, il basso rischio può essere controbilanciato da una mancanza di beneficio. Per esempio, alcuni ritengono che il rischio di procedure anche minori (come un innesto cutaneo su una piaga da decubito), che di solito è molto basso, sia comunque troppo grande da poter giustificare il trattamento di una persona affetta da demenza con un simile intervento chirurgico.