Eredità di disordini dovuti alla mutazione di un singolo gene

DiDavid N. Finegold, MD, University of Pittsburgh
Revisionato/Rivisto lug 2021
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I geni sono segmenti di acido desossiribonucleico (DNA) che contengono il codice per una proteina specifica che funziona in uno o più tipi di cellule dell’organismo.

I cromosomi sono composti da un filamento molto lungo di DNA e contengono molti geni (da centinaia a migliaia). Fatta eccezione per alcune cellule (ad esempio, spermatozoi e ovociti), ogni cellula umana normale contiene 23 coppie di cromosomi. Vi sono 22 coppie di cromosomi non sessuali (autosomici) e una coppia di cromosomi sessuali, per un totale di 46 cromosomi. Normalmente, ogni coppia è composta da un cromosoma ricevuto dalla madre e uno ricevuto dal padre.

I cromosomi sessuali determinano se il feto sarà maschio o femmina. Un maschio ha un cromosoma sessuale X e uno Y. La X proviene dalla madre, mentre la Y è ricevuta dal padre. Una femmina ha due cromosomi X. La X proviene dalla madre, mentre l’altra X proviene dal padre.

I tratti (qualsiasi caratteristica determinata geneticamente, come ad esempio il colore degli occhi) prodotti da un gene possono essere caratterizzati come

  • Dominante

  • Recessivo

I tratti dominanti si esprimono quando è presente anche una sola copia del gene per quel tratto.

I tratti recessivi presenti sui cromosomi autosomici possono essere espressi solo quando sono presenti due copie del gene per quel tratto, uno su ciascuna coppia di cromosomi. Gli individui che possiedono una copia di un gene alterato per un tratto recessivo (e che pertanto non presentano il disordine) sono detti portatori sani.

Nei tratti codominanti, entrambe le copie di un gene sono espresse in certa misura. Un esempio di tratto codominante è il tipo di sangue. Se un individuo ha un gene che codifica per il tipo di sangue A e un gene che codifica per il tipo di sangue B, quell’individuo avrà entrambi i tipi di sangue, A e B, espressi (tipo di sangue AB).

Un gene legato a X (legato al sesso) è un gene trasportato sul cromosoma X. Il collegamento a X determina anche l’espressione. Fra i soggetti di sesso maschile, quasi tutti i geni sul cromosoma X, che il tratto sia dominante o recessivo, sono espressi, poiché non esiste un gene accoppiato a compensazione della loro espressione.

Penetranza ed espressività

Con penetranza si denota la frequenza con cui un tratto è espresso in un individuo con il gene per quel tratto. La penetranza può essere completa o incompleta. Un gene con penetranza incompleta non è sempre espresso anche quando il tratto che produce è dominante o quando il tratto è recessivo e presente su entrambi i cromosomi. Se metà degli individui con un gene presenta il rispettivo tratto, la sua penetranza si definisce pari al 50%.

L’espressività definisce la misura in cui un tratto condiziona un singolo individuo, ovvero in modo notevole, moderato o lieve.

In che modo i geni condizionano un individuo: Penetranza ed espressività

Individui che possiedono lo stesso gene possono agire in maniera diversa. Queste differenze d’azione si spiegano con due termini: penetranza ed espressività.

La penetranza indica l’espressione o meno del gene. In altre parole, esprime quanti individui con quel gene presentano il tratto associato a quel gene. La penetranza è completa (100%) se tutti i soggetti che hanno quel gene ne presentano il tratto associato. La penetranza è incompleta se solo alcuni individui con quel gene presentano il tratto. Ad esempio, il 50% di penetranza significa che solo metà degli individui con quel gene presenta il tratto.

L’espressività denota la misura in cui il tratto condiziona l’individuo (o vi è espresso). Un tratto può essere molto pronunciato, pressoché trascurabile o trovarsi a metà fra questi due estremi. Vari fattori, fra cui il patrimonio genetico, l’esposizione a sostanze nocive, altre influenze ambientali, e l’età, possono condizionare l’espressività.

Sia la penetranza sia l’espressività possono subire variazioni. Gli individui con un gene possono o meno presentare il tratto associato e, in individui con quel tratto, varia la misura in cui tale tratto viene espresso.

Pattern di ereditarietà

Molti disordini genetici, in particolare quelli che interessano i tratti controllati da più geni o quelli che mostrano un’elevata sensibilità ai fattori ambientali, non presentano un pattern di ereditarietà manifesto. Tuttavia, alcuni disordini causati dalla mutazione di un singolo gene mostrano pattern caratteristici, in particolare, quando la penetranza è elevata e l’espressività completa. In tali casi, i pattern possono essere identificati in base al carattere dominante o recessivo del tratto e al legame al cromosoma X o al posizionamento sul genoma mitocondriale del gene.

Ereditarietà non legata al cromosoma X (autosomica)

I geni non legati al cromosoma X sono geni presenti su una o entrambe le 22 coppie di cromosomi non sessuali (autosomici).

Disturbi dominanti

I seguenti principi si applicano generalmente ai disordini dominanti determinati da un gene dominante non legato al cromosoma X:

  • quando un solo genitore presenta il disturbo, ogni figlio ha il 50% di probabilità di ereditarlo.

  • Gli individui che non presentano il disturbo non portano generalmente il gene e pertanto non trasmettono il tratto ai figli.

  • La patologia può colpire in egual misura maschi e femmine.

  • La maggior parte degli individui affetti dal disturbo ha almeno un genitore che lo porta, anche se può non essere manifesto e persino non essere stato diagnosticato nel genitore interessato. Tuttavia, può accadere che il disturbo derivi da una nuova mutazione genetica.

Disturbi recessivi

I seguenti principi si applicano generalmente ai disturbi recessivi determinati da un gene recessivo non legato al cromosoma X:

  • Potenzialmente, tutti gli individui affetti dalla patologia hanno genitori entrambi portatori sani di una copia del gene alterato, anche se di solito nessuno dei due presenta il disturbo (perché ai fini dell’espressione genica sono necessarie due copie del gene alterato).

  • Singole mutazioni sono associate a inferiori probabilità di esitare in malattia nei disordini a ereditarietà dominante (poiché l’espressione nelle patologie recessive richiede l’alterazione di entrambi i geni di una coppia).

  • Quando un genitore presenta il disordine e l’altro è portatore sano di un gene alterato ma non presenta la malattia, metà dei figli avrà probabilità di sviluppare la patologia. Gli altri saranno portatori sani con un gene alterato.

  • Quando un genitore presenta il disordine e l’altro non è portatore sano del gene alterato, nessuno dei figli svilupperà la malattia, ma tutti i figli erediteranno e saranno portatori sani del gene alterato che potrebbero trasmettere a loro volta ai propri figli.

  • Un individuo che non presenta il disturbo, con genitori non affetti ma con fratelli gemelli colpiti dalla malattia, ha una probabilità del 66% di essere portatore sano del gene alterato.

  • La patologia può colpire in egual misura maschi e femmine.

Disturbi recessivi non legati al cromosoma X (autosomici)

Alcuni disturbi rappresentano un tratto recessivo non legato al cromosoma X. Per sviluppare le malattia, un soggetto deve ricevere due geni alterati, uno da ciascun genitore. Se entrambi i genitori sono portatori sani di un gene alterato e un gene normale, nessun genitore presenta il disturbo, ma ciascuno ha il 50% di probabilità di trasmettere il gene alterato ai figli. Pertanto, ogni figlio ha

  • Una possibilità del 25% di ereditare due geni anomali (e, pertanto, di sviluppare la patologia)

  • Una possibilità del 25% di ereditare due geni normali

  • Una possibilità del 50% di ereditare un gene normale e un gene anomalo (diventando così portatore sano della patologia, come i genitori)

Pertanto, nei figli la probabilità di non sviluppare la patologia (ovvero essere un individuo normale o un portatore sano) è pari al 75%.

Ereditarietà di cromosomi legati al cromosoma X

I geni legati al cromosoma X sono geni trasportati sui cromosomi X.

Disturbi legati al cromosoma X dominante

I seguenti principi si applicano generalmente ai disturbi dominanti determinati da un gene dominante legato al cromosoma X:

  • I maschi affetti trasmettono la malattia a tutte le figlie ma non ai figli (i figli maschi di un uomo affetto dalla patologia non ricevono il suo cromosoma X, ma solo il cromosoma Y, che non porta il gene alterato).

  • Le donne affette con un solo gene alterato trasmettono la malattia mediamente a metà della prole, indipendentemente dal sesso.

  • Le donne con due geni alterati trasmettono la malattia a tutti i figli.

  • Molti disturbi dominanti legati al cromosoma X hanno effetti letali sui maschi che ne sono affetti. Nei soggetti di sesso femminile, anche se il gene è dominante, la presenza di un secondo gene normale sull’altro cromosoma X compensa l’effetto del gene dominante in certa misura, riducendo la gravità del disturbo che ne risulta.

  • La patologia colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini. La differenza fra i sessi è ancora maggiore se la malattia ha effetti letali nei maschi.

Le forme dominanti gravi legate al cromosoma X sono rare. Esempi sono il rachitismo ereditario (rachitismo ipofosfatemico familiare) e la nefrite ereditaria (sindrome di Alport). Le donne con rachitismo ereditario presentano sintomi ossei più lievi rispetto agli uomini. Le donne con nefrite ereditaria di solito sono asintomatiche e presentano una lieve alterazione della funzione renale, mentre gli uomini colpiti sviluppano insufficienza renale da giovani adulti.

Disturbi legati al cromosoma X recessivo

I seguenti principi si applicano generalmente ai disturbi recessivi determinati da un gene recessivo legato al cromosoma X:

  • Pressoché tutti i soggetti affetti sono di sesso maschile.

  • Tutte le figlie di un maschio affetto sono portatrici sane del gene alterato.

  • Gli uomini affetti non trasmettono la malattia ai propri figli maschi.

  • Le donne portatrici sane del gene non presentano la patologia (salvo laddove possiedano il gene alterato su entrambi i cromosomi X o in presenza di inattivazione dell’altro cromosoma normale). Tuttavia, trasmettono il gene a metà dei propri figli maschi, che generalmente presenta la malattia. Le loro figlie, come le madri, di solito non sviluppano la malattia, ma la metà è portatrice sana.

Un esempio frequente di gene recessivo legato al cromosoma X è il daltonismo rosso-verde, che colpisce circa il 10% dei maschi, ma è raro nelle femmine. Nei maschi, tale gene proviene da una madre che solitamente ha una vista normale, ma è portatrice del gene. Non proviene dal padre, che invece trasmette il cromosoma Y. Le figlie di padri che non distinguono i colori di rado presentano questo disturbo, ma sono sempre portatrici sane del gene patologico. Un esempio di malattia grave causata da un gene recessivo legato al cromosoma X è l’emofilia, un disturbo che causa un sanguinamento eccessivo.

Disordini recessivi legati al cromosoma X

Se un gene è legato al cromosoma X, è presente sul cromosoma X. I disordini recessivi legati al cromosoma X si sviluppano generalmente solo nei soggetti di sesso maschile. Questa manifestazione esclusiva del sesso maschile si verifica perché gli uomini presentano un solo cromosoma X, pertanto non esiste un gene accoppiato che compensi l’effetto del gene alterato. Le donne presentano due cromosomi X, pertanto di solito ricevono un gene normale o di compensazione sul secondo cromosoma X. Il gene normale o di compensazione normalmente impedisce nei soggetti di sesso femminile di sviluppare la malattia (salvo in caso di inattivazione o perdita del gene di compensazione).

Se il padre ha un gene alterato sul cromosoma X (pertanto la malattia) e la madre presenta due geni normali, tutte le figlie ricevono un gene alterato e un gene normale, divenendo portatrici. Nessuno dei figli maschi riceve il gene alterato perché ricevono il cromosoma Y dal padre.

Se la madre è portatrice e il padre ha il gene normale, ogni figlio maschio ha una probabilità del 50% di ricevere il gene alterato dalla madre (e sviluppare la malattia). Ogni figlia ha una probabilità del 50% di ricevere un gene alterato e un gene normale (divenendo portatrice) o il 50% di ricevere due geni normali.

Ereditarietà limitata dal sesso

Un tratto che si manifesta in un solo sesso è detto limitato dal sesso. L’ereditarietà limitata dal sesso è diversa dall’ereditarietà legata al cromosoma X. L’ereditarietà legata al sesso denota tratti trasportati sul cromosoma X. L’ereditarietà limitata dal sesso, forse più correttamente detta ereditarietà influenzata dal sesso, fa riferimento ai casi in cui la penetranza e l’espressività di un tratto sono diversi nel maschio e nella femmina. Le differenze di penetranza ed espressività si sviluppano per la diversità degli ormoni sessuali fra uomo e donna e per effetto di altri fattori. Ad esempio, la calvizie precoce (nota come alopecia androgenetica) è un tratto dominante non legato al cromosoma X, ma questo disturbo è raramente espresso nei soggetti di sesso femminile e, eventualmente, compare generalmente solo dopo la menopausa.

Geni mitocondriali alterati

I mitocondri sono minuscole strutture presenti all’interno di ogni cellula che forniscono energia alla cellula. Ogni cellula contiene molti mitocondri. I mitocondri trasportano un proprio cromosoma che contiene alcuni dei geni che controllano il funzionamento mitocondriale.

Molte malattie rare sono causate da geni alterati portati dal cromosoma all’interno di un mitocondrio. Un esempio è la neuropatia ottica ereditaria di Leber, che causa una perdita della vista in entrambi gli occhi, di gravità variabile, ma spesso devastante, che in genere compare nell’adolescenza. Un altro esempio è una sindrome caratterizzata da diabete di tipo 2 e sordità.

Poiché il padre generalmente non trasmette DNA mitocondriale al figlio, le patologie causate da geni mitocondriali alterati sono quasi sempre trasmesse dalla madre. Pertanto, tutti i figli di una madre affetta da malattia sono a rischio di ereditare l’anomalia, ma in genere nessun figlio di un padre affetto è a rischio. Tuttavia, non tutte le patologie mitocondriali sono causate da geni mitocondriali alterati (alcune originano da geni nel nucleo cellulare che producono effetti sui mitocondri). Pertanto, il DNA del padre può contribuire allo sviluppo di certi disturbi mitocondriali.

A differenza del DNA del nucleo, la quantità di DNA mitocondriale alterato occasionalmente varia da cellula a cellula in tutto l’organismo. Pertanto, un gene mitocondriale alterato in una cellula non implica necessariamente la presenza di malattia in un’altra. Perfino quando due soggetti sembrano portatori della stessa alterazione del gene mitocondriale, l’espressione della malattia può essere molto diversa nei due casi. Questa variazione rende la diagnosi difficile e le analisi e la consulenza di natura genetica complesse, nell’ambito di una predizione per soggetti con anomalie genetiche mitocondriali note o sospette.