Aterosclerosi

DiGeorge Thanassoulis, MD, MSc, McGill University;
Haya Aziz, MD, McGill University
Revisionato/Rivisto apr 2022
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

L'aterosclerosi è caratterizzata dalla presenza di placche intimali disomogenee (ateromi) che invadono il lume delle arterie di medio e grosso calibro. Le placche contengono lipidi, cellule infiammatorie, cellule muscolari lisce e tessuto connettivo. I fattori di rischio comprendono dislipidemia, diabete, fumo di sigaretta, anamnesi familiare, vita sedentaria, obesità e ipertensione. I sintomi compaiono quando la crescita o la rottura della placca ostruisce o riduce il flusso ematico; i sintomi variano in base all'arteria interessata. La diagnosi è clinica e viene confermata mediante angiografia, ecografia o altre diagnostiche di imaging. Il trattamento si basa sulla modifica dello stile di vita e della dieta e dei fattori di rischio, sull'attività fisica e sull'utilizzo di farmaci antiaggreganti e sostanze antiaterogene.

(Vedi anche Arteriosclerosi non ateromatosa.)

L'aterosclerosi è la forma più comune di arteriosclerosi, che è un termine generico utilizzato per numerose patologie che provocano l'ispessimento e la perdita di elasticità della parete arteriosa. L'aterosclerosi è anche la forma più grave e clinicamente rilevante di aterosclerosi poiché responsabile delle coronaropatie e cerebrovascolare. Le forme non ateromatose dell'arteriosclerosi comprendono l'arteriolosclerosi e l'arteriosclerosi di Mönckeberg.

L'aterosclerosi può interessare tutte le arterie di grosso e medio calibro, incluse le arterie coronarie, carotidi e cerebrali; l'aorta; le sue branchie; e le arterie maggiori delle estremità. Rappresenta la principale causa di morbilità e mortalità negli Stati Uniti e nella maggior parte dei Paesi sviluppati. La mortalità età-correlata dell'aterosclerosi si è andata riducendo, tuttavia, nel 2019, le malattie cardiovascolari, soprattutto l'aterosclerosi coronarica e cerebrovascolare hanno causato quasi 18 milioni di morti in tutto il mondo (> 30% di tutti i decessi [1]). Negli Stati Uniti, circa 558 000 persone sono morte di malattie cardiovascolari nel 2019 (2). L'aterosclerosi è in rapido aumento in prevalenza nei Paesi a basso e medio reddito, e poiché le persone vivono più a lungo, l'incidenza aumenterà. L'aterosclerosi è la prima causa di morte nel mondo.

Riferimenti generali

  1. 1. Global Health Estimates 2020: Deaths by Cause, Age, Sex, by Country and by Region, 2000–2019. Geneva, World Health Organization, 2020.

  2. 2. Virani SS, Alonso A, Aparicio HJ, et al: Heart Disease and Stroke Statistics–2021 Update: A Report From the American Heart Association. Circulation 143(8):e254–e743, 2021. doi: 10.1161/CIR.0000000000000950

Fisiopatologia dell'aterosclerosi

La stria lipidica è la prima lesione visibile dell'aterosclerosi; essa è un accumulo di cellule schiumose cariche di lipidi nello strato intimale dell'arteria.

La placca aterosclerotica è il segno distintivo dell'aterosclerosi; è un'evoluzione della striscia grassa e dispone di 3 componenti principali:

  • Lipidi

  • Cellule infiammatorie e muscolari lisce

  • Una matrice di tessuto connettivo che può contenere trombi in varie fasi di organizzazione e depositi di Ca

Formazione della placca aterosclerotica

Tutti gli stadi dell'aterosclerosi, dall'inizio e durante la crescita fino al verificarsi delle complicanze della placca (p. es., infarto del miocardio, ictus), sono considerati una reazione infiammatoria al danno mediato da specifiche citochine. Si ritiene che la lesione endoteliale svolga un ruolo incitante o d'inizio primario.

Un flusso ematico non laminare o turbolento (p. es., nei punti di diramazione dell'albero arterioso) provoca disfunzione endoteliale e inibisce la produzione endoteliale di ossido nitrico, molecola a spiccata azione vasodilatatrice e antinfiammatoria. Inoltre, tale flusso stimola le cellule endoteliali a sintetizzare molecole di adesione, che reclutano le cellule infiammatorie e si legano a esse.

Anche i fattori di rischio per l'aterosclerosi (p. es., dislipidemia, diabete, fumo di sigaretta, ipertensione), stressor ossidanti (p. es., radicali superossido), angiotensina II e infezioni e infiammazioni sistemiche inibiscono la produzione di ossido nitrico e stimolano la sintesi di molecole di adesione, citochine proinfiammatorie, proteine chemiotattiche e fattori di vasocostrizione; i meccanismi esatti sono sconosciuti. L'effetto finale è il legame di monociti e linfociti T all'endotelio, la loro migrazione verso lo spazio sottoendoteliale e l'avvio e il mantenimento di una risposta infiammatoria vascolare locale.

A livello subendoteliale i monociti si trasformano in macrofagi. Anche i lipidi circolanti, specialmente il colesterolo delle lipoproteine a bassa densità (LDL) e il colesterolo delle lipoproteine a densità molto bassa (VLDL), si legano alle cellule endoteliali e vengono ossidate a livello subendoteliale. La captazione dei lipidi ossidati e la trasformazione dei macrofagi in cellule schiumose ricche di lipidi provocano le tipiche lesioni aterosclerotiche precoci dette strie lipidiche. La degradazione delle membrane eritrocitarie conseguente alla rottura dei vasa vasorum e all'emorragia intraplacca, può essere un'importante fonte aggiuntiva di lipidi all'interno delle placche.

I macrofagi elaborano citochine proinfiammatorie che reclutano le cellule muscolari lisce migrate dalla media, attraggono i macrofagi e ne stimolano ulteriormente la crescita. Vari fattori promuovono la replicazione delle cellule muscolari lisce e aumentano la sintesi della matrice extracellulare densa. Ne risulta una placca fibrosa subendoteliale con cappuccio fibroso, costituita da cellule muscolari lisce intimali circondate da tessuto connettivo e lipidi intra ed extracellulari. Un processo simile alla formazione del tessuto osseo causa la calcificazione all'interno della placca.

Un collegamento tra l'infezione e l'aterosclerosi è stato osservato, in particolare un'associazione tra evidenza sierologica di certe infezioni (p. es., Chlamydia pneumoniae, cytomegalovirus) e coronaropatia. Meccanismi ipotetici comprendono gli effetti indiretti dell'infiammazione cronica nel flusso sanguigno, gli anticorpi cross-reagenti e gli effetti infiammatori dei patogeni infettivi sulla parete arteriosa. Tuttavia, l'evidenza a favore di tale legame è contrastante, e l'infezione svolge probabilmente un ruolo minore nell'aterosclerosi.

Stabilità e rottura della placca

Le placche aterosclerotiche possono essere stabili o instabili.

Le placche stabili regrediscono, restano stabili o si accrescono lentamente nell'arco di molti decenni fino a causare stenosi o occlusione.

Le placche instabili possono andare incontro a erosione spontanea, fissurazione o rottura, causando trombosi acuta, occlusione e infarto molto prima di provocare stenosi emodinamicamente significativa. La maggior parte degli eventi clinici deriva da placche instabili, che spesso non sono emodinamicamente significative all'angiografia; pertanto, la stabilizzazione della placca può essere un modo per ridurre la morbilità e la mortalità.

La forza del cappuccio fibroso e la sua resistenza alla rottura dipendono dall'equilibrio relativo tra deposizione e degradazione di collagene. La rottura della placca implica la secrezione di metalloproteinasi, catepsine e collagenasi da parte dei macrofagi attivati nella placca. Questi enzimi digeriscono il cappuccio fibroso, soprattutto ai margini, causandone l'assottigliamento fino alla rottura finale. Le cellule T presenti nella placca entrano in gioco mediante la secrezione di citochine. Le citochine inibiscono la sintesi e il deposito del collagene, che normalmente rinforza la placca, da parte delle cellule muscolari lisce.

Con la rottura della placca, si verifica l'esposizione del contenuto al sangue circolante, con inizio del processo trombotico; inoltre, i macrofagi stimolano la trombosi in quanto contengono un fattore tissutale, che favorisce la sintesi della trombina in vivo. Si può verificare uno tra i seguenti 5 esiti:

  • Il trombo risultante può organizzarsi ed essere incorporato nella placca, modificandone la forma e causandone la rapida crescita.

  • Il trombo può occludere rapidamente il lume vascolare e scatenare un evento ischemico acuto.

  • Il trombo può embolizzare.

  • La placca può riempirsi di sangue, rigonfiarsi come un palloncino ed e occludere immediatamente l'arteria.

  • Le sostanze contenute nella placca (piuttosto che il trombo) possono embolizzare, occludendo i vasi a valle.

La stabilità delle placche dipende da molti fattori, tra cui la composizione della placca (rapporto relativo di lipidi, cellule infiammatorie, cellule muscolari lisce, tessuto connettivo e trombo), lo stress parietale (indebolimento del cappuccio), la dimensione e la localizzazione del core e la morfologia della placca in relazione al flusso sanguigno. Contribuendo alla rapida crescita e alla deposizione lipidica, l'emorragia intraplacca può svolgere un ruolo importante nel trasformare una placca stabile in una placca instabile.

In generale, le placche coronariche instabili sono ricche di macrofagi, possiedono uno spesso core lipidico e un cappuccio fibroso sottile; esse restringono il lume vascolare < 50% e tendono alla rottura in modo imprevedibile. Le placche instabili carotidee hanno un'analoga composizione, ma tipicamente le conseguenze a esse riferibili sono dovute alla stenosi grave e all'occlusione o alla deposizione di trombi piastrinici più che alla rottura. Le placche a basso rischio di solito hanno un cappuccio e un minore contenuto lipidico; spesso tali placche restringono il lume vascolare > 50% e possono provocare angina da sforzo stabile e prevedibile.

Le conseguenze cliniche della rottura di una placca nelle arterie coronarie dipendono non solo dalla posizione anatomica della placca, ma anche dall'equilibrio relativo, nel sangue, tra attività procoagulante e attività anticoagulante e dalla tendenza miocardica alle aritmie.

Fattori di rischio per aterosclerosi

Vi sono numerosi fattori di rischio per l'aterosclerosi (1, vedi tabella Fattori di rischio per aterosclerosi). Alcuni fattori tendono a raggrupparsi nella sindrome metabolica. Questa sindrome comprende obesità addominale, dislipidemia aterogenica, ipertensione, insulino-resistenza, stato protrombotico e stato proinfiammatorio nei pazienti sedentari. L'insulino-resistenza non è sinonimo di sindrome metabolica ma può esserne la chiave eziologica.

Tabella

La dislipidemia (livelli elevati di colesterolo totale o di lipoproteine a bassa densità [LDL] o livelli ridotti di lipoproteine ad alta densità [HDL]), l'ipertensione e il diabete promuovono l'aterosclerosi amplificando o aumentando la disfunzione endoteliale e le vie infiammatorie a livello dell'endotelio vascolare.

Nella dislipidemia, aumentano i processi di captazione subendoteliale e di ossidazione delle LDL; i lipidi ossidati stimolano la sintesi di molecole di adesione e di citochine infiammatorie e possono avere potere antigenico, stimolando la risposta immunitaria T-mediata e l'infiammazione nella parete arteriosa. Anche se in precedenza si riteneva che le lipoproteine ad alta densità (HDL) proteggessero dall'aterosclerosi attraverso il trasporto inverso di colesterolo e trasportando enzimi antiossidanti, che possono degradare e neutralizzare i lipidi ossidati, evidenze da studi randomizzati e genetici suggeriscono un ruolo molto meno importante per le lipoproteine ad alta densità nell'aterogenesi. Il ruolo dell'ipertrigliceridemia nell'aterogenesi è complesso, sebbene possa avere un piccolo effetto indipendente (2). Il principale determinante per il rischio di malattie cardiovascolari aterogeniche è la concentrazione di lipoproteine aterogeniche, che si riflette meglio nella concentrazione di apolipoproteina B (apoB) (o dalla concentrazione di non-HDL-C, se apoB non è disponibile).

L'ipertensione può causare infiammazione vascolare tramite meccanismi mediati dall'angiotensina II. L'angiotensina II stimola le cellule endoteliali, le cellule muscolari lisce vascolari e i macrofagi a sintetizzare mediatori proaterogeni, come le citochine proinfiammatorie, gli anioni superossido, fattori protrombotici, fattori di crescita e recettori LDL lectina-simili ossidati.

Il diabete porta alla formazione dei prodotti finali della glicazione avanzata, che aumentano la sintesi di citochine proinfiammatorie da parte delle cellule endoteliali. Lo stress ossidativo e i radicali reattivi dell'ossigeno, prodotti nel diabete, danneggiano direttamente l'endotelio e promuovono l'aterogenesi.

La malattia renale cronica promuove lo sviluppo di aterosclerosi attraverso svariati percorsi, tra cui l'ipertensione e il peggioramento dell'insulino-resistenza; diminuiti livelli di apolipoproteina A-I; ed aumentati i livelli di lipoproteina, omocisteina, fibrinogeno e proteina C-reattiva.

Gli stati protrombotici (vedi Panoramica sulle malattie trombotiche) aumentano la probabilità di aterotrombosi.

Il fumo di tabacco contiene nicotina e altre sostanze chimiche che hanno un effetto tossico sull'endotelio vascolare. Il fumo, compreso quello passivo, aumenta la reattività piastrinica (probabilmente promuove la trombosi piastrinica) e i livelli plasmatici di fibrinogeno e dell'ematocrito (aumentata viscosità sanguigna). Il fumo aumenta le LDL e riduce le HDL; inoltre stimola la vasocostrizione, particolarmente pericolosa nelle arterie già stenotiche per l'aterosclerosi. Le HDL aumentano rapidamente entro 1 mese dalla cessazione del fumo.

La lipoproteina (a) [Lp(a)] è pro-aterogenica ed è un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiovascolari, inclusi l'infarto miocardico, l'ictus e la stenosi valvolare aortica (3, 4). Ha una struttura simile all'LDL, ma ha anche come componente un'apolipoproteina (a) idrofila legata in modo covalente a un'apolipoproteina idrofobica B100 (5). I livelli di lipoproteina sono geneticamente determinati e rimangono abbastanza stabili per tutta la vita. Livelli di lipoproteina(a) superiori a 50 mg/dL sono considerati patologici.

L'apolipoproteina (B) (apoB) è una particella con due isoforme: apoB-100, che è sintetizzata nel fegato, e apoB-46, che viene sintetizzata nell'intestino. L'ApoB-100 è in grado di legare il recettore LDL ed è responsabile del trasporto del colesterolo. È anche responsabile del trasporto di fosfolipidi ossidati e ha proprietà proinfiammatorie. La presenza della particella apoB all'interno della parete arteriosa è ritenuta essere l'evento iniziale per lo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche.

Un livello elevato delle piccole e dense LDL, caratteristica del diabete, ha un alto potere aterogeno. Il meccanismo può comprendere una maggiore tendenza all'ossidazione e al legame endoteliale aspecifico.

Livelli elevati di proteina C-reattiva non predicono in modo affidabile l'estensione dell'aterosclerosi, ma possono predire un'aumentata probabilità di eventi ischemici. In assenza di altre malattie infiammatorie, elevati livelli possono indicare un aumentato rischio di rottura, ulcerazione o trombosi della placca aterosclerotica o un'aumentata attività linfocitica e macrofagica. La stessa proteina C reattiva non sembra avere un ruolo diretto nell'aterogenesi.

Un trapianto cardiaco è spesso seguito da un'accelerata aterosclerosi coronarica, che è probabilmente correlata al danno endoteliale immuno-mediato. Un'accelerata aterosclerosi coronarica si osserva anche dopo la radioterapia del torace ed è probabilmente il risultato di danni endoteliali indotti dalle radiazioni.

Le infezioni da C. pneumoniae infection o altre infezioni (p. es., virali, o da Helicobacter pylori) possono causare una disfunzione endoteliale attraverso l'infezione diretta, l'esposizione all'endotossina o la stimolazione dell'infiammazione sistemica o subendoteliale.

Diverse varianti genetiche (p. es., vicino a 9p21, gene LPA e LDLR) comuni e rare sono state strettamente correlate ad aterosclerosi ed eventi cardiovascolari. Sebbene ciascuna variante abbia un piccolo effetto singolarmente, i punteggi di rischio genetico che sommano il numero totale delle varianti di rischio hanno dimostrato di associarsi fortemente con l'aterosclerosi più avanzata così come con gli eventi cardiovascolari sia primari che ricorrenti

I pazienti con iperomocisteinemia (p. es., a causa di carenza di folati o di un difetto genetico metabolico) hanno un aumentato rischio di aterosclerosi. Tuttavia, a causa dei risultati di studi randomizzati sulle terapie di abbassamento dell'omocisteina che non mostrano una diminuzione della malattia aterosclerotica, così come si evince dagli studi di randomizzazione mendeliana, non si ritiene più che l'iperomocisteinemia stessa causi l'aterosclerosi. La causa dell'associazione tra elevati livelli di omocisteina e aterosclerosi non è chiara.

Malattia vascolare documentata

La presenza di malattia aterosclerotica in un territorio vascolare aumenta la probabilità di malattia in altri territori vascolari. I pazienti con malattia aterosclerotica vascolare non coronarica hanno tassi di eventi cardiaci paragonabili a quelli dei pazienti con coronaropatia nota, e sono ormai considerati come aventi un rischio equivalente alla coronaropatia e devono essere trattati aggressivamente.

Riferimenti relativi ai fattori di rischio

  1. 1. Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, et al: Effect of potentially modifiable risk factors associated with myocardial infarction in 52 countries (the INTERHEART study): case-control study. Lancet 364: 937–952, 2004.

  2. 2. White J, Swedlow DI, Preiss D, et al: Association of lipid fractions with risks for coronary artery disease and diabetes. JAMA Cardiol 1: 692–699, 2016.

  3. 3. Emerging risk factors collaboration, Eroquo S, Kaptoge S, Perry PL, et al: Lipoprotein(a) concentration and the risk of coronary heart disease, stroke, and nonvascular mortality. JAMA 302: 412–423, 2009.

  4. 4. Thanassoulis, G, Campbell CY, Owens DS, et al for the CHARGE Extracoronary Calcium Working Group: Genetic associations with valvular calcification and aortic stenosis. N Engl J Med 368: 503–512, 2013.

  5. 5. Nordestgaard BG, Chapman MJ, Ray K, et al and the European Atherosclerosis Society Consensus Panel: Lipoprotein(a) as a cardiovascular risk factor: current status. Eur Heart J 31: 2844–2853, 2010.

Sintomatologia dell'aterosclerosi

L'aterosclerosi è inizialmente asintomatica, spesso per decenni. La sintomatologia si sviluppa quando le lesioni ostacolano il flusso ematico. Possono comparire sintomi ischemici transitori (p. es., angina da sforzo stabile, attacchi ischemici transitori, claudicazione intermittente) quando le placche stabili si accrescono e riducono il lume arterioso > 70%. La vasocostrizione può trasformare una lesione che non limita il flusso di sangue in una stenosi severa o completa.

Possono comparire sintomi di angina instabile o infarto miocardico, ictus ischemico o dolore a riposo agli arti inferiori, in caso di rottura di placche instabili con occlusione improvvisa un'arteria di grosso calibro e sovrapposizione di trombosi o embolia. L'aterosclerosi può anche causare la morte improvvisa in assenza di precedente angina stabile o instabile.

L'interessamento aterosclerotico della parete arteriosa può causare la formazione di aneurismi e dissezione arteriosa che può manifestarsi con dolore, massa pulsante, assenza dei polsi o morte improvvisa.

Diagnosi dell'aterosclerosi

L'approccio alla diagnosi di aterosclerosi dipende dalla presenza o dall'assenza dei sintomi.

Pazienti sintomatici

Nei pazienti sintomatici per ischemia si valutano il grado e la sede dell'occlusione vascolare mediante diversi test invasivi e non invasivi, in base all'organo interessato (vedi altrove nel Manuale). Tali pazienti devono anche essere valutati per i fattori di rischio dell'aterosclerosi mediante

  • Anamnesi ed esame obiettivo

  • Profilo lipidico a digiuno

  • Livelli di glicemia e di emoglobina glicosilata (HbA1C)

I pazienti con patologia documentata in una data sede (p. es., arterie periferiche), devono essere valutati per l'eventuale presenza della stessa patologia in altri distretti (p. es., arterie coronarie e carotidi).

Le tecniche non invasive di imaging che possono valutare la morfologia e le caratteristiche della placca comprendono

  • Ecografia vascolare tridimensionale, che può essere utilizzata per valutare la placca nella carotide e in altre arterie

  • Angio-TC, che viene utilizzata clinicamente per identificare lesioni significative nelle arterie coronarie

  • Angio-RM, che viene talvolta utilizzata per visualizzare grandi arterie (p. es., l'aorta)

Vengono anche utilizzati test invasivi catetere-guidati. Tra questi

  • Ecografia intravascolare, che utilizza un trasduttore ecografico sulla punta di un catetere per produrre immagini della parete e del lume dell'arteria

  • Angioscopia, che utilizza speciali cateteri a fibre ottiche che possono visualizzare direttamente la superficie arteriosa

  • Termografia a placche, che si utilizza per rilevare l'aumento della temperatura nelle placche con infiammazione attiva

  • Tomografia a coerenza ottica, che utilizza la luce laser a infrarossi per l'imaging

  • Elastografia, che viene utilizzata per identificare placche morbide, ricche di lipidi

L'immunoscintigrafia è un'alternativa non invasiva che utilizza dei traccianti radioattivi che si localizzano nella placca a rischio di rottura. Lo studio della vascolarizzazione tramite PET (positron emission tomography) è un altro approccio emergente per valutare una placca vulnerabile.

Poiché non tutte le placche aterosclerotiche presentano lo stesso profilo di rischio, sono attualmente in studio varie tecniche di imaging (p. es., la PET [positron emission tomography]) per identificare le placche, specialmente quelle a rischio di rottura; tuttavia, queste tecniche non sono ancora utilizzate clinicamente.

Oltre al profilo lipidico a digiuno e alla misurazione della glicemia e dell'emoglobina A1c, alcuni medici misurano i marker sierici dell'infiammazione. Livelli di proteina C-reattiva ad alta sensibilità ≥ 3,1 mg/dL (≥ 29,5 nmol/L) sono altamente predittivi di eventi cardiovascolari.

Pazienti asintomatici (screening)

Nei pazienti con fattori di rischio per l'aterosclerosi ma asintomatici per ischemia, il ruolo di altri test oltre il profilo lipidico non è chiaro. Sebbene vengano studiati studi per immagini come l'ecografia carotidea per misurare lo spessore mediale intimale e altri studi in grado di rilevare la placca aterosclerotica, questi non migliorano in modo affidabile il potere predittivo degli eventi ischemici sulla valutazione dei fattori di rischio o degli strumenti predittivi codificati e non sono raccomandati. Un'eccezione è rappresentata dall'imaging TC per il calcio coronarico (ossia, per ottenere uno score calcico), per il quale esistono prove più affidabili per la riclassificazione del rischio; può essere utile per raffinare le stime di rischio e per decidere la terapia con statine in pazienti selezionati (p. es., quelli con rischio intermedio, storia familiare di malattia cardiovascolare prematura).

La maggior parte delle linee guida raccomanda uno screening del profilo lipidico nei pazienti con una delle caratteristiche seguenti:

  • Uomini ≥ 40 anni

  • Donne ≥ 40 anni e donne in menopausa

  • Anamnesi familiare di ipercolesterolemia familiare o malattia cardiovascolare prematura (ossia, età di insorgenza < 55 anni nel parente di primo grado maschile o < 65 anni in parente di 1o grado femminile)

  • Diabete di tipo 2

  • Ipertensione

  • Sindrome metabolica

  • Malattia renale cronica (velocità di filtrazione glomerulare stimata [eGFR] ≤ 60 mL/min/1,73 m2 o rapporto albumina-creatinina [ACR] ≥ 3 mg/mmol)

  • Abitudine al fumo in atto

  • Condizioni infiammatorie croniche

  • Infezione da HIV

  • Anamnesi di disturbo ipertensivo della gravidanza (preeclampsia o eclampsia)

Attualmente, l'American Heart Association (AHA) raccomanda l'utilizzo delle equazioni di valutazione del rischio di coorte globale (vedi Downloadable AHA Risk Calculator) per stimare la durata della vita e il rischio a 10 anni di una malattia cardiovascolare aterosclerotica. Questo calcolatore ha sostituito strumenti di calcolo del rischio precedenti (p. es., framingham score). Il nuovo calcolatore di rischio è basato su sesso, età, razza, livelli di colesterolo totale e HDL, pressione arteriosa sistolica (e se la pressione arteriosa è in trattamento), diabete e abitudine al fumo (1). La linea guida dell'European Cardiovascular Society (ESC) e dell'European Atherosclerosis Society (EAS) del 2016 suggeriscono l'uso della stima sistemica del rischio coronarico (SCORE), che calcola il rischio in base all'età, al genere, al fumo, alla pressione arteriosa sistolica e al colesterolo totale, per stimare il rischio a 10 anni del primo evento aterosclerotico fatale (2). Per i pazienti considerati a rischio intermedio, è stata suggerita la misurazione della lipoproteina(a) per aiutare a perfezionare la classificazione (3, 4).

Un'albuminuria (> 30 mg di albumina/24 h) è un marker di alterazioni renali e della loro progressione, così come un potente fattore predittivo di morbilità e mortalità cardiovascolari e non cardiovascolari; tuttavia, non è stata accertata una relazione diretta tra l'albuminuria e l'aterosclerosi.

Riferimenti relativi alla diagnosi

  1. 1. Arnett DK, Blumenthal RS, Albert MA, et al: 2019 ACC/AHA Guideline on the Primary Prevention of Cardiovascular Disease: Executive Summary: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines. J Am Coll Cardiol 74:1376–1414, 2019.

  2. 2. Catapano AL, Graham I, De Backe G, et al: 2016 ESC/EAS guidelines for the management of dyslipidaemias: The task force for the management of dyslipidaemias of the European Society of Cardiology (ESC) and European Atherosclerosis Society (EAS) developed with the special contribution of the European Association for Cardiovascular Prevention and Rehabilitation (EACPR). Eur Heart J 37: 2999–3058, 2016. doi:10.1093/eurheartj/ehw272

  3. 3. Pearson GJ, Thanassoulis G, Anderson TJ, et al: 2021 Canadian Cardiovascular Society Guidelines for the Management of Dyslipidemia for the Prevention of Cardiovascular Disease in Adults. Can J Cardiol 37:1129–1150, 2021.

  4. 4. Willeit P, Kiechl S, Kronenberg F, et al: Discrimination and net reclassification of cardiovascular risk with lipoprotein(a): prospective 15-year outcomes in the Bruneck Study. J Am Coll Cardiol 64: 851–860, 2014. doi: 10.1016/j.jacc.2014.03.061

Trattamento dell'aterosclerosi

  • Modificazioni dello stile di vita (dieta, fumo, attività fisica)

  • Trattamento farmacologico dei fattori di rischio diagnosticati

  • Farmaci antiaggreganti piastrinici

  • Statine, possibilmente inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina, beta-bloccanti

Il trattamento comprende la modifica aggressiva dei fattori di rischio per rallentare la progressione e indurre la regressione delle placche esistenti. L'abbassamento del colesterolo LDL al di sotto di un determinato valore non è più raccomandato e attualmente l'approccio preferito è "più basso è, meglio è".

I cambiamenti dello stile di vita comprendono la modifica della dieta, l'abolizione del fumo e un regolare svolgimento di attività fisica. Spesso sono necessari farmaci per trattare la dislipidemia, l'ipertensione e il diabete. Le modificazioni dello stile di vita e i farmaci migliorano in modo diretto e indiretto la funzione endoteliale, riducono l'infiammazione e migliorano la prognosi. Le statine possono ridurre la morbilità e la mortalità correlate all'aterosclerosi anche quando il colesterolo è normale o leggermente elevato. Gli antiaggreganti piastrinici sono utili in tutti i pazienti affetti da aterosclerosi. I pazienti con coronaropatia possono beneficiare inoltre di ACE-inibitori e beta-bloccanti.

Dieta

Varie modificazioni sono benefiche:

  • Meno grassi saturi

  • No grassi trans

  • Meno carboidrati raffinati

  • Più frutta e verdura

  • Più fibre

  • Moderare il consumo di alcol (o eliminare)

Si raccomandano riduzioni significative dell'apporto dei grassi saturi e carboidrati raffinati e trattati e un aumento dei carboidrati con fibre (p. es., frutta, verdura). Queste modificazioni dietetiche sono un prerequisito per il controllo lipidico e la riduzione del peso e sono essenziali in tutti i pazienti. L'apporto calorico deve essere limitato per mantenere il peso entro i valori normali.

Piccole riduzioni dell'apporto lipidico non sembrano ridurre o stabilizzare l'aterosclerosi. Una modifica efficace richiede la limitazione dell'apporto lipidico a 20 g/die, con 6-10 g di grassi polinsaturi con omega-6 (acido linoleico) e omega-3 (acido eicosapentaenoico, acido docosaesaenoico) acidi grassi in uguale percentuale, 2 g di grassi saturi e il resto come grassi monoinsaturi. Si devono evitare i grassi trans, che sono altamente aterogeni.

L'aumento dei carboidrati per compensare la riduzione di acidi grassi saturi nella dieta, aumenta i livelli di trigliceridi plasmatici e riduce i livelli di HDL. Pertanto, qualsiasi deficit calorico deve essere colmato con proteine e acidi grassi insaturi piuttosto che con carboidrati semplici. Si deve evitare l'eccessivo apporto di zucchero grasso e raffinato specialmente nei soggetti a rischio di diabete, sebbene esso non sia stato direttamente associato al rischio cardiovascolare. Invece dello zucchero, si invita a consumare carboidrati complessi (p. es., verdure, cereali integrali).

Sembra che la frutta e la verdura (5 porzioni giornaliere) riducano il rischio di aterosclerosi coronarica, anche se non è chiaro se tale effetto sia dovuto a sostanze fitochimiche o a una proporzionale riduzione dell'apporto di grassi saturi e a un aumento dell'apporto di fibre e vitamine. I fitochimici noti come flavonoidi (presenti nell'uva rossa e nera, nel vino rosso, nel tè nero e nella birra scura) sembrano avere un ruolo particolarmente protettivo; le alte concentrazioni presenti nel vino rosso possono spiegare perché l'incidenza dell'aterosclerosi coronarica sia relativamente bassa in Francia, nonostante la maggiore diffusione del fumo e il maggiore consumo lipidico rispetto agli Stati Uniti. Tuttavia non esistono dati clinici che suggeriscono una prevenzione dell'aterosclerosi mediante il consumo di cibi ricchi in flavonoidi o l'assunzione di integratori al posto dei cibi.

L'aumento dell'apporto di fibre riduce il colesterolo totale e può avere un effetto benefico sui livelli del glucosio e dell'insulina. Si raccomanda di assumere ogni giorno almeno 5-10 g di fibre solubili (p. es., avena, fagioli, prodotti di soia, psyllium); questa dose riduce le LDL di circa il 5%. Le fibre insolubili (p. es., cellulosa, lignina) non sembrano influenzare il colesterolo ma possono conferire ulteriori benefici in termini di salute (p. es., riduzione del rischio di cancro del colon, probabilmente mediante la stimolazione della peristalsi o la riduzione del tempo di contatto con i carcinogeni alimentari). Tuttavia, un eccesso di fibre interferisce con l'assorbimento di alcuni minerali e vitamine. In generale, gli alimenti ricchi di sostanze fitochimiche e di vitamine sono anche ricchi di fibre.

L'alcol aumenta le HDL e possiede proprietà antitrombotiche, antiossidanti e antinfiammatorie poco definite. Questi effetti sembrano analoghi per vino, birra e liquori ad alto tenore alcolico e compaiono per livelli di consumo moderati; circa 30 mL di etanolo (contenuti in circa 2 bicchieri di bevande alcoliche abituali) da 5 a 6 volte/settimana protegge contro l'aterosclerosi coronaria. Tuttavia, ad alte dosi, l'alcol può causare gravi problemi di salute. Pertanto, il rapporto esistente tra alcol e tasso globale di mortalità ha un aspetto a forma di J; il tasso di mortalità è minimo per gli uomini che consumano < 14 porzioni di alcol/settimana e per le donne che consumano < 9 porzioni di alcol/settimana. Le persone che consumano una maggiore quantità di alcol devono ridurla. Tuttavia, i medici sono riluttanti a raccomandare che i non bevitori inizino a consumare alcol sulla base di qualche apparente effetto protettivo.

Vi sono scarse evidenze circa la riduzione del rischio di aterosclerosi mediante l'uso di supplementazione alimentare a base di vitamine, sostanze fitochimiche e oligoelementi minerali. La sola eccezione è data dagli integratori di olio di pesce. Sebbene medicine alternative e prodotti dietetici stiano diventando sempre più popolari e alcuni possano avere effetti secondari sulla pressione arteriosa o il colesterolo, questi trattamenti non sono sempre stati dimostrati sicuri o efficaci e possono avere interazioni negative con i farmaci verificati. I livelli di coenzima Q10, che è necessario per il funzionamento di base delle cellule, tendono a diminuire con l'età e possono essere ridotti nei pazienti con determinate patologie cardiache e altre malattie croniche; pertanto, una supplementazione di coenzima Q10 è stata utilizzata o raccomandata, ma il suo beneficio terapeutico rimane controverso.

Attività fisica

Un'attività fisica regolare (p. es., 30-45 minuti di cammino, corsa, nuoto o bicicletta 3-5 volte/settimana) riduce l'incidenza di alcuni fattori di rischio (ipertensione, dislipidemia, diabete), coronaropatia (p. es., infarto del miocardio), e morte attribuibile all'aterosclerosi in pazienti con o senza pregressi eventi ischemici. Non è chiaro in che misura l'associazione sia casuale o se indichi solo che i soggetti in migliori condizioni di salute sono probabilmente quelli che praticano l'attività fisica con maggiore regolarità.

Non sono stati stabiliti l'intensità, la durata, la frequenza e il tipo di esercizio ottimali, ma la maggior parte delle evidenze suggerisce una relazione lineare inversa tra attività fisica aerobica e il rischio. La marcia aumenta regolarmente la distanza che i pazienti con malattia vascolare periferica possono percorrere senza dolore.

Un programma di esercizio fisico che comprenda un'attività aerobica ha un ruolo certo nella prevenzione dell'aterosclerosi e nel favorire il dimagrimento. Prima di iniziare un nuovo programma di esercizio fisico, i soggetti anziani e quelli con fattori di rischio per l'aterosclerosi o che hanno avuto eventi ischemici recenti devono essere valutati da un medico. La valutazione comprende l'anamnesi, l'esame obiettivo e la valutazione del controllo dei fattori di rischio.

Farmaci antiaggreganti piastrinici

Gli antiaggreganti orali sono fondamentali perché la maggior parte delle complicanze deriva da fissurazione o rottura della placca, portando ad attivazione piastrinica e trombosi. I seguenti sono utilizzati:

  • Aspirina

  • Farmaci tienopiridinici come il clopidogrel, prasugrel e ticagrelor

L'aspirina è la più utilizzata, ma, nonostante i suoi benefici provati, è sottoutilizzata. È indicata per la prevenzione secondaria e eventualmente per la prevenzione primaria dell'aterosclerosi coronarica nei pazienti a rischio elevato (p. es., pazienti con diabete con o senza aterosclerosi, pazienti con un rischio 20% di eventi cardiaci entro 10 anni in cui il rischio di sanguinamento non è proibitivo, e pazienti a rischio intermedio che hanno un rischio del 10-20% di eventi cardiaci entro 10 anni e che hanno un basso rischio di sanguinamento). Le recenti evidenze suggeriscono che il beneficio netto dell'aspirina nella prevenzione primaria è discutibile, specialmente negli individui a basso rischio, e che un'attenta selezione dei pazienti è necessaria in base alle preferenze del paziente e dopo aver considerato i potenziali rischi e benefici dell'aspirina per ogni individuo (ossia, potenziale danno nei pazienti > 70 anni o nei pazienti a più alto rischio di sanguinamento).

Non sono note le dosi e la durata ottimali, anche se la dose di aspirina 81-325 mg per via orale per 1 volta/die è generalmente usata per la prevenzione primaria e secondaria. Tuttavia, 81 mg è preferibile perché questa dose può minimizzare il rischio di sanguinamento, in particolare quando l'aspirina è usata in combinazione con altri farmaci antitrombotici. Gli eventi ischemici ricorrono circa nel 10-20% dei pazienti che assumono terapia con aspirina per la prevenzione secondaria. La causa può essere la resistenza all'aspirina; è attualmente in studio per scopi clinici il deficit dell'inibizione del trombossano (indicata da elevati livelli urinari di 11-deidro trombossano B2).

Alcuni dati suggeriscono che l'ibuprofene possa interferire con l'effetto antitrombotico dell'aspirina, per cui nei pazienti in terapia preventiva con aspirina si consigliano altri FANS. Tuttavia, tutti i FANS, alcuni più di altri tra cui gli inibitori della cicloossigenasi-2 (COX-2) selettivi, sembrano aumentare i rischi cardiovascolari.

Il clopidogrel (generalmente 75 mg per via orale 1 volta/die) sostituisce l'aspirina quando si verificano nuovi eventi ischemici in pazienti già in trattamento con aspirina o intolleranti a essa. Il clopidogrel in associazione con l'aspirina è efficace nel trattamento dell'infarto del miocardio con ST sopraslivellato e ST non sopraslivellato; questa terapia associativa viene inoltre somministrata per 12 mesi dopo interventi coronarici percutanei al fine di ridurre il rischio di eventi ischemici ricorrenti. Si verifica anche la resistenza a clopidogrel. Il prasugrel e il ticagrelor sono farmaci nuovi e più efficaci del clopidogrel nella prevenzione delle malattie coronariche in alcuni gruppi di pazienti.

La ticlopidina non viene più utilizzata diffusamente, poiché provoca una grave neutropenia nell'1% dei consumatori e si accompagna a gravi effetti gastrointestinali avversi.

Statine

Le statine riducono principalmente il colesterolo LDL. Altri effetti benefici potenziali comprendono l'aumento della sintesi endoteliale di ossido nitrico, la stabilizzazione delle placche aterosclerotiche, la riduzione del deposito di lipidi nella parete arteriosa e la regressione delle placche. Le statine sono raccomandate come terapia preventiva in 4 gruppi di pazienti (1), compresi di quelli con una delle seguenti:

  • Malattia cardiovascolare aterosclerotica clinica

  • Colesterolo LDL ≥ 190 mg/dL (≥ 4,92 mmol/L)

  • Età 40 a 75 anni, con diabete e LDL colesterolo da 70 a 189 mg/dL (1,81 a 4,90 mmol/L)

  • Età 40-75, con colesterolo LDL 70-189 mg/dL, e stima del rischio a 10 anni di malattia cardiovascolare aterosclerotica ≥ 7,5%

È previsto anche del supporto per l'uso di statine nei pazienti con altri fattori di rischio, tra cui anamnesi familiare di malattia cardiovascolare aterosclerotica precoce (ossia, l'età d'esordio < 55 nei parenti maschi di 1o grado, o < 65 nelle parenti femmine di 1o grado), valori di proteina C-reattiva altamente sensibile ≥ 2 mg/L (19,05 nmol/L), score del calcio coronarico ≥ 300 unità Agatston (o ≥ 75o percentile per incidenza demografica), indice caviglia braccio del pressione arteriosa < 0,9 o malattia renale cronica non trattata con dialisi o trapianto di rene.

Il trattamento con statine è classificato come ad alta, a moderata o a bassa intensità e si somministra in base al gruppo di trattamento e all'età (vedi tabella Statine per la prevenzione della malattia cardiovascolare aterosclerotica). Obiettivi specifici per i livelli di colesterolo LDL non sono più raccomandati per guidare la terapia ipolipemizzante. Invece, la risposta alla terapia è determinata dal fatto che i livelli di colesterolo LDL diminuiscono come previsto in base all'intensità della terapia (ossia, i pazienti sottoposti a terapia ad alta intensità devono avere una diminuzione ≥ 50% del colesterolo LDL).

Altri farmaci

Gli inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE), i bloccanti del recettore dell'angiotensina II, l'ezetimibe e gli inibitori della subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9) della proproteina convertasi hanno proprietà antinfiammatorie che riducono il rischio di aterosclerosi indipendentemente dal loro effetto su pressione arteriosa, lipidi e glicemia. Anche il rivaroxaban, un inibitore del fattore Xa, riduce il rischio di eventi cardiovascolari, sebbene il meccanismo di questo effetto sia sconosciuto.

Gli ACE-inibitori e i farmaci inibitori dei recettori dell'angiotensina II, inibiscono i contributi dell'angiotensina alla disfunzione e all'infiammazione endoteliali.

L'ezetimibe abbassa anche il colesterolo LDL bloccando l'assorbimento del colesterolo dall'intestino tenue attraverso l'inibizione della proteina Niemann-Pick C1-like 1. L'ezetimibe, aggiunto alla terapia standard con statine, ha dimostrato di ridurre gli eventi cardiovascolari in pazienti che hanno avuto un precedente evento cardiovascolare e con colesterolo LDL > 70 mg/dL (1,8 mmol/L).

Gli inibitori di PCSK9 sono anticorpi monoclonali che impediscono al PCSK9 di legarsi ai recettori LDL, portando a un maggiore riciclaggio di questi recettori nella membrana plasmatica conducendo quindi a un'ulteriore clearance del colesterolo LDL nel plasma attraverso il fegato. Il colesterolo LDL viene abbassato dal 40 al 70%. Gli studi clinici a lungo termine hanno dimostrato una riduzione dell'aterosclerosi e degli eventi cardiovascolari. Questi farmaci sono più utili in pazienti con ipercolesterolemia familiare, pazienti con precedenti eventi cardiovascolari la cui LDL non è nei valori appropriati nonostante la massima terapia medica con statine e pazienti che richiedono una riduzione dei lipidi, ma hanno documentate prove obiettive di intolleranza alle statine.

Il rivaroxaban, un inibitore del fattore Xa, alla dose di 2,5 mg per via orale 2 volte/die riduce il rischio di eventi cardiovascolari (morte cardiovascolare, ictus o infarto del miocardio) nei pazienti con malattia vascolare aterosclerotica stabile quando aggiunto all'aspirina 100 mg/die. Il rischio di emorragia maggiore era più alto nei pazienti trattati con rivaroxaban e aspirina piuttosto che nei pazienti trattati con la sola aspirina (2).

È stato dimostrato che l'icosapent etile (acido eicosapentaneoico etile), una forma altamente purificata di acido eicosapentaenoico, un acido grasso omega-3 chiave, riduce gli eventi cardiovascolari, associato alle statine, nei pazienti con precedente malattia cardiovascolare ed elevati trigliceridi. Il meccanismo appare multifattoriale (p. es., infiammazione ridotta, ridotta reattività piastrinica, effetti diretti anti-aterogenici).

I tiazolidinedioni possono controllare l'espressione di geni pro-infiammatori, sebbene studi suggeriscano che essi aumentano il rischio di eventi coronarici.

Il folato (acido folico) 0,8 mg per via orale 2 volte/die è stato in passato utilizzato per il trattamento iperomocisteinemia, ma non sembra ridurre il rischio di eventi coronarici acuti. Anche le vitamine B6 e B12 riducono i livelli di omocisteina, ma i dati attuali non giustificano il loro utilizzo da sole o in combinazione con folati.

I macrolidi e altri antibiotici somministrati per trattare le infezioni croniche occulte da C. pneumoniae (e così sopprimere l'infiammazione e teoricamente alterare il decorso e le manifestazioni dell'aterosclerosi) non si sono dimostrati utili.

Terapie a base di RNA, una nuova classe di farmaci blocca la produzione di proteine chiave a livello dell'mRNA, spesso negli epatociti. L'inclisiran (blocca PCSK9), il pelacarsen (blocca le LPA), l'olpasiran (blocca le LPA), e il volansorsen (blocca apoC3) sono esempi di questi farmaci che sono attualmente in fase di valutazione in studi randomizzati di prevenzione cardiovascolare.

Riferimenti relativi al trattamento

  1. 1. Grundy SM, Stone NJ, Bailey AL, et al: 2018 AHA/ACC/AACVPR/AAPA/ABC/ACPM/ADA/AGS/APhA/ASPC/NLA/PCNA Guideline on the Management of Blood Cholesterol: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines. Circulation 139(25):e1082–e143, 2019.

  2. 2. Eikelboom JW, Connolly SJ, Bosch J, et al: Rivaroxaban with or without aspirin in stable cardiovascular disease. N Engl J Med 377:1319–1330, 2017. doi: 10.1056/NEJMoa1709118

Punti chiave

  • I fattori di rischio per l'aterosclerosi comprendono dislipidemia, diabete, ipertensione, obesità, stile di vita sedentario, fumo di sigaretta, anamnesi familiare e fattori psicosociali.

  • Le placche instabili sono spesso causa di < 50% di stenosi, tuttavia sono più facilmente soggette a rottura, a trombosi acuta o a fenomeni embolici delle placche più grandi ma stabili.

  • Nei pazienti asintomatici, i test di imaging per rilevare l'aterosclerosi probabilmente non aiutano a predire eventi ischemici meglio della valutazione standard dei fattori di rischio.

  • Smettere di fumare, esercizio fisico, una dieta povera di grassi saturi e carboidrati raffinati e ricchi di fibre e, eventualmente, il consumo di acidi grassi omega-3 e quantità moderate di alcol aiutano nella prevenzione e nel trattamento.

  • Sono inoltre utili farmaci antiaggreganti piastrinici e, in base ai fattori di rischio del paziente, statine e/o inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE).

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